1910: NASCE LA NAZIONALE ECCO LA CRONACA DELLA PRIMA PARTITA

RICORDO DELLE SQUADRE SAVONESI SCOMPARSE DAGLI ANNI ’30 AI ’70 QUANDO LO SPORT UNIVA LA CITTA’ (seconda parte)

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Un altro pezzo di storia della Città quella del Gloria. Uno dei fondatori “Guglie” Talassano, persona molto nota in Città operaio della Scarpa e Magnano, aveva per molti anni tenuto in vita un campetto costruito da volontari sul greto del Letimbro (poi spazzato via dall’alluvione del ’56). Un campetto privo di spogiliatoi (ci si cambiava sotto gli archi del ponte di legno che attraversava il Letimbro da via Trincee a Corso Ricci, il cosiddetto “ponte delle bottiglie” perché portava alla fabbrica delle vetrerie Viglienzoni) sul quale hanno giocato liberamente intere generazioni di savonesi, senza distinzione di ceto sociale, tutti assieme: figli di operai e di professionisti.

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Anche questa è una storia tutta da raccontare. La “Raphael” nasce dalla Chiesa di San Raffaele al Porto, quella di Don Genta, come emanazione di Gioventù Aclista: magna pars Giuan Nasi, non ancora “Don”, lavoratore portuale, campione ligure di pugilato che abbraccerà il sacerdozio e morirà giovanissimo in un incidente stradale nel 1979. La Raphael poi sarà adottata dai leginesi quando sarà stato costruito il campo del Csi oggi ridotto a un cumulo di erbacce per la  “voglia matta” di speculazione edilizia (virus che ha divorato il territorio con la complicità di politici e amministratori compiacenti). La Raphael per decenni sarà la squadra dell’inclusione sociale, del calcio giocato in assoluta amicizia, della mano tesa alle squadre dei marinai, delle navi ferme in porto, prescindendo dalla provenienza e dal colore politico. Sia chiaro: amicizia e “mano tesa”, ma a perdere con ci stava nessuno. In particolare quando in campo ci stavano i due preti-operai: Giuan e il sodale Lello Paltrinieri, mezz’ala del Savona e dell’Albenga, tipetto dai “bulloni roventi”.

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 La Torre negli anni’60 espressione del calcio fornacino. Il presidente, il panettiere Cavallone, aveva denominato “Torre” la squadra perché di fronte al suo negozio si ergevano ancora i resti di una Torre medievale di avvistamento. Squadra interamente formata da “fornacini doc”. Ricordo commosso per “Pacin” Ferrero e per Marietto Oberto, gran cervello del centrocampo, futuro primario ospedaliero. In squadra Silvano Godani, fine intellettuale, professore al Liceo “Chiabrera”, molto amato dalla studentesse, progettatore e realizzatore dei “Coribanti”, compagnia teatrale di successo, uno stopper che faceva sentire il fisico agli avversari e il cannoniere-principe Andreino Penna, vero rapinatore d’area con i piedi e anche con la “manina”, vero anticipatore di Maradona.

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La formazione schierata è quella dell’Aquila, presidente il dott. Magliano. Purtroppo non disponiamo di una formazione a 11 e abbiamo ripiegato su di una squadra a 7, tanto più che l’immagine è stata scattata sul vecchio campo del Sacro Cuore, punto di riferimento per centinaia di ex ragazzi. . Gli aquilotti disputarono diversi campionati: la vittoria non era il loro forte, diciamo così, ma la squadra era sempre presente in campo con grande entusiasmo. Nella foto: accosciati a destra dopo il portiere Vincenzi, Enzo Vallone e Alberto Pellicciotta (fornitore dell’immagine) che poi saranno due colonne della Priamar.

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Altra storia particolare. La Fraternitas rappresentava la parrocchia di San Pietro. Privi di maglie i ragazzi si rivolsero ai frati del convento che si trova a fianco della Chiesa che disponevano soltanto di maglia bianche che tinsero di nero, tintura realizzata utilizzando un tubetto scarto di una pesca di beneficenza. Il colore non fu ben accolto nell’ambiente calcistico savonese e i giocatori della Fraternitas furono appellati come “baguin” (scarafaggi), qualcuno tento maldestramente un accostamento di nostalgie politiche. I ragazzi non si persero d’animo e la squadra colse lusinghieri risultati. Ecco la Fraternitas nella formazione della finale regionale dei dilettanti CSI, disputata dopo aver vinto un impegnativo campionato provinciale: da sinistra in piedi Pirami, Bonanni (portiere di grandi potenzialità, come dimostrerà in carriera), Giordano, Ezio Cirio (anche per lui un ricordo commosso), il prof. Lavagna, Joe Longhi (poi colonna della Priamar); accosciati, Clematis, Roberto Grasso (in seguito e ancora oggi nume tutelare della Priamar), Luca Castellaro, Cotta, Cerisola.

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Altra rappresentanza dell’inesauribile calcio fornacino. Artefice dell’operazione Beppe Muda, operatore al cinema Eldorado e titolare dei meravigliosi “Bagni Italia” con annesso giardino danzante che sorgeva dove adesso si staglia un imponente palazzone. Muda con alcuni altri cirenei come Mario Ostinelli, anima del Circolo Biancoblu, il panettiere Cavallone che era stato presidente della Torre, l’ingegner Ercoli della Ferrania, tenne in piedi la squadra per diverse stagioni, militando nel difficilissimo campionato di Seconda Categoria. Nella formazione presentata in foto si notano dei veri e propri pezzi da ’90 del calcio savonese. Primo fra tutti l’allenatore Giulin Testa, terzino del Savona negli anni ’30, poi il funambolico Riccardo Ratti, il futuro medico Franco Jacovacci, il generoso Gigi Scarcia, il “cervellone” Dario Sobrero, grande motociclista, e il tenace difensore Pino Giasotto.

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Anche in questo usciamo dalla cinta daziaria e ci spingiamo fino a Cadibona. I bianco – celesti di Boagno e Scarrone debbono essere ricordati anche perché per tutti gli anni ’60 erano rimasti soli a rappresentare il circondario quilianese nel mondo del calcio, onorando al meglio l’impegno. AVIS e Valleggia avevano interrotto l’attività con la stagione ’59 – 60 e il Quiliano, dopo alcune stagioni in Promozione, al termine del campionato 1961-62.

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La squadra dell’Oratorio salesiano partecipante per molte stagioni al campionato di Seconda Categoria con alle spalle un settore giovanile di grande classe. In questa squadra, attorno all’allenatore Parodi, già d.t. del Savona, si notano personaggi di grande spessore nella vita cittadina: il “linesman” Raselli, futuro dirigente della FIAT a Torino; Cesare Badoino, allievo del prof. Mantero alla chirurgia della mano e lui stesso grande specialista del ramo; Rudy Bosio, capitano marittimo; Gianni Sibilio, futuro direttore regionale dell’INPS a Genova, Torino, Trieste. Nella foto manca il critico cinematografico Tatti Sanguineti, altro protagonista con la maglia del Don Bosco. La foto è stata scattata nel “giorno più lungo” per i bianco rossi: a Sanremo superati i Carlin’s Boys nella loro tana per 1-0.

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La Villetta, vertice massimo del calcio dilettantistico savonese. Quarant’anni di attività, lanciati giocatori del calibro di Vittorio Panucci e Paolo Merciai, organizzato il Trofeo Boggio per lunghe stagioni appuntamento di rilievo nazionale per la categoria allievi, disputato il campionato di Promozione. Grandi dirigenti come i fratelli Marino, l’uno maestro di scuola, l’altro funzionario comunale, persone di grande cultura oltre che di competenza calcistica, l’impresario edile Alberto Sacchi, il titolare della latteria della Villetta Rinaldo Bertone, altro grosso competente soltanto per citarne alcuni. La foto è quella della stagione della ascesa in Promozione con Ernestino Monti, Bruno Fanelli, Cicci Barbino, Lauretano, Lello Paltrineri: davvero il fior fiore del calcio savonese. E l’allenatore Emilio Pacini, per lui un ricordo davvero particolare riservato a ciò che è stato nel calcio e nella vita.

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Ancora il calcio fornacino alla ribalta. Esaurite le esperienze di Torre e Bagni Italia ecco la Judax (Juventus – Audax) fondata da Mario Ostuni, futuro segretario del Savona Fbc, scomparso improvvisamente e prematuramente quando era ancora attivo dirigente del sodalizio biancoblu. Anche in questa formazione troviamo Silvano Godani, mentre da trainer funziona Mino Damonte, bancario alla BNL, grande protagonista poi sulla panchina della Veloce al tempo della presidenza di Vittorio Martino, assicuratore di lungo corso. Da notare nella foto la presenza dei tre migliori prodotti del calcio fornacino dell’epoca: il biondo Mirko Beruto e i due avventurosi Nuccio Triolo e Detto Storti.

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Altra esperienza da ricordare per intero, quella del Bar Freccero, cinquanta metri quadrati in via Paleocapa con una squadra capace di tener testa alle “big” della seconda categoria. Nella foto da ricordare con commozione Peo Astengo, poi allenatore di atletica (tra i suoi allievi per tutti lo scattista Madonia) alle Olimpiadi e ai Mondiali, Marietto Oberto e il cannoniere Attila Servetto. Anche in questa compagine personaggi di grande spessore culturale e professionale come lo pneumologo Nicola Vacca e il primario di radiologia Carlo Ferro. Per restare nell’ambito calcistico non si possono dimenticare il super-cannoniere Ettore Rusticoni, l’unico, con papà albergatore a Noli, in grado di poter girare in Mercedes con targa di’Andorra, il difensore Giorgio Peluffo, più volte presente nella Rappresentativa Ligure, e il centrocampista Alberto Sardo che avrebbe sicuramente meritato una “chance” da titolare in Serie C con il Savona. Il commendator Stefano Del Buono però preferiva, talvolta sbagliando, come in questo caso, i giocatori “già fatti” come i Bianco, Negri, Turotti, Serena.

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Anche  per la Zinolese, che successivamente negli anni ’80 e ’90 salirà in Promozione, non abbiamo a disposizione formazioni a 11 e dobbiamo ripiegare sulla formazione a 7 vincitrice del “Torneo del Kg d’oro” organizzato da Nanni De Marco nel 1969. Un’edizione superstar: Angelini, Pittaluga (ristorante da “Nilde” a Vado, cannoniere di grande classe), Visconti, Lagasio (anche per lui come per altri il rimpianto di una carriera che avrebbe potuto essere diversa, ma i dirigenti del Vado pretendevano tanti soldi, almeno per l’epoca), Albesiano, Chiacchio ( recentemente scomparso, già vice sindaco di Vado), Sfondrati.

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Chimor e Don Bosco hanno appena sciolto la fusione della stagione precedente e il calendario le pone di fronte per un derby molto sentito. Finisce in parità 4-4 dopo un match davvero pirotecnico. Al termine però foto di gruppo. Si riconoscono alcuni dei protagonisti del calcio savonese dell’epoca. A sinistra inmaglia chiara (in realtà arancione) la Chimor nelle cui fila si riconoscono da destra: Luciano Balleri (massaggiatore), il d.t. Astengo, il presidente Benazzo, Vaccaro, Tarantino, Bigliani, Pinuccio D’Anna,  grecoromanista di vaglia più volte convocato in Nazionale, alle cui spalle spunta il futuro dottor Borghini, Gasco; accosciati, Palmieri II, Palmieri I, Piero Siri, Nico Toso,Barile e Lavagna. A destra in maglia più scura (in realtà verde) il Don Bosco: Sole, Laviola, Aisoni, Serra, Marinelli (piedi buoni), Sciascia, Gian Besio (altro indimenticabile protagonista anima dell’Oratorio di Via Piave mancato giovanissimo), alcuni supporter fra i quali si nota (maglia a strisce) un giovanissimo Lallo Bossolino (poi una carriera a buoni livelli, oggi responsabile del settore giovanile del Vado Fbc), Canu, Monteleone, Signorini, Vigna, Agostino Macciò presidente del primo consiglio di quartiere eletto a Savona nel quartiere di Ponente, a lungo segretario del Patronato ACLI, successivamente consigliere comunale.

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Come in precedenza il Freccero anche il Treviso, bar che si trovava all’angolo tra via XX Settembre e Corso Colombo, sotto la spinta del titolare Emilio Segato (un vero “paron” veneto alla Nereo Rocco), aveva avviato l’attività calcistica con i tornei notturni ereditando il testimone dal vicino Bar Livio che nel frattempo si era trasformato da Bar a Ristorante. Poi Emilio Pacini, il “conducator” che aveva già allenato Villetta e Priamar, con l’ausilio dell’organizzatore “Cordellina” Barbino (padre del giocatore Cicci) spinse per partecipare ai campionati federali. Un successo strepitoso fino all’avvento dell’orafo Ferraro che rilevò l’intera compagine per formarne una sua (con sede al Bar Benzi di via XX Settembre angolo via Orazio Grassi) arrivando a disputare per qualche stagione la Prima Categoria. Ecco la magnifica squadra del Bar Treviso allenata da Emilio Pacini. Vinto il campionato  di  Terza Categoria i rosso blu si aggiudicheranno anche il titolo ligure di categoria battendo nella fila, giocata al “Broccardi” di Santa Margherita, il Vezzano per 4-0 grazie ad un poker di Luciano Francese. Da sinistra in piedi: Ernestino Monti, Nevio Tomberli, Robby Lori, Cicci Barbino, Renato Siter, Luciano Francese, “Chidu” Caviglia; accosciati: Aldo Bocca, Gianni Borgo, Ernestino Turco, Franco Battaglia, Gino Servetto, Bruno Procopio (per lui come per Renato Siter un ricordo commosso).

RICORDO DELLE SQUADRE SAVONESI SCOMPARSE DAGLI ANNI ’30 AI ’70 QUANDO LO SPORT UNIVA LA CITTA’ (prima parte)

di LUCIANO ANGELINI  e FRANCO ASTENGO

C’era un tempo, tra gli anni ’30 e gli anni ’70,  su cui val la pena di soffermarsi e riflettere. Un tempo in cui Savona e il suo circondario, chiamiamolo così, cresceva in progetti, iniziative, uomini e cose. Mostrava una straordinaria partecipazione e fertilità di idee. Una Città capace di rialzarsi dalle macerie della guerra, di guardare avanti, di rimboccarsi le maniche – come si diceva una volta e, forse, non si usa più né se ne riconosce il significato e il senso – e di ricompattarsi. Di costruire e ricostruire. Lo Sport, quello proprio con la maiuscola, ne era il collante e il volano. I giovani, tanti e vogliosi di fare la loro parte, erano sostenuti da uomini usciti dalla guerra, temprati nella lotta di Liberazione, impegnati nella ricostruzione, determinati in ogni settore della società. Guardavano avanti, proiettati nel futuro. Per loro e per i loro figli. C’erano operai e professionisti, sacerdoti e contadini, impiegati e scaricatori di porto, uomini e donne. Un movimento che trovava il suo momento di unione nelle parrocchie, nelle fabbriche, ed erano tante, nelle società di mutuo soccorso, nei circoli aziendali e di quartiere. E nelle società sportive come terminale. Con il calcio come forza di aggregazione e spinta propulsiva. Una Grande Storia della Città e della sua gente.

Chi c’era, quali furono i protagonisti di quell’importante fase della vita della Città? Quali i ruoli e le competenze? Quali i risultati e le prospettive? Proprio attraverso il nostro lavoro stiamo cercando di testimoniare la vivacità e il ruolo del movimento calcistico savonese nei decenni centrali del ‘900, allorquando presero forma società, campionati, strutture ed emersero non solo bravi giocatori che hanno onorato il nostro sport nella Città e nel suo circondario ma anche punti di aggregazione importante per la vita sociale e culturale. Si formarono squadre di fabbrica, di quartiere, di oratorio, di bar, di società di mutuo soccorso: tutte situazioni pulsanti di vita, con personaggi di grande spessore morale impegnati nel calcio come nella vita cittadina.

Foto e didascalie che seguiranno raccolgono quanto è già presente in forma sparsa nel nostro blog allo scopo, in questa occasione, di formare un punto di riferimento complessivo: naturalmente lo scenario che presentiamo è del tutto incompleto, sono molte le omissioni delle quali siamo costretti a chiedere venia ma tirannia dello spazio e del materiale a disposizione ci hanno imposto le limitazioni al riguardo delle quali molti avranno ragione di denunciare.

Partiamo allora dagli anni ’30 cercando di seguire un minimo di filo cronologico.

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Il nostro racconto parte dal ricordo del “Miramare” squadra che per molte stagioni rappresentò il principale punto di riferimento del calcio savonese alle spalle di Savona e Speranza. Come recita la didascalia, in questo caso, la squadra è ritratta ancora sul vecchio campo di via Frugoni. Una testimonianza davvero significativa nella storia del calcio savonese. La formazione tipo  della Miramare era così composta: Bianchi (“u ciappa”, dal negozio di tavole di ardesia, tegole, materiali per l’edilizia di via Giacchero; la sua riserva era Giubergia), Aonzo, Pesavento, Ghignoni, Pessano (funzionario dell’Esattoria comunale, padre di Gianni Pessano, futuro dirigente di diverse società e “storico” presidente dell’Uisp negli anni ’70 – ’80), Picco, Eboli, Baglietto, Ferro, Rossello, Sirello

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La Lancia schierata al Campo della Valletta. La società aveva la sede in vico Gallico a casa dei fratelli Aime veri promotori del calcio savonese dell’epoca. “Angin” manterrà cariche federali fino agli anni ’70 svolgendo la funzione di selezionatore delle rappresentative. Nella foto il primo da sinistra è Nanni Vanara, secondo cannoniere di tutti i tempi nella storia del Savona Fbc. La Lancia riprese poi l’attività anche nel dopoguerra interrompendola però alla fine degli anni ’40.

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Ecco la Virtus. Il direttore tecnico Giubellino (camiceria in via Boselli) sarà il primo presidente del CONI di Savona alla Liberazione, il 25 Aprile 1945. La Virtus rappresentava anch’essa un vero punto di forza del calcio savonese nel corso degli anni ’30. Formazione – tipo: Cabria (poi portiere del Savona Fbc anche in prima squadra), Ferro I, Ferro II (i fornacini “Bay Bay”), Guglieri, Matteoni, Venturino, De Chiffre, Castano, Sobrero, Musso, Balestri.

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La formazione della Croce d’Oro che aveva sede nell’omonima trattoria di Piazza della Stazione . La squadra partecipava al campionato dell’ULIC, l’Unione dei Liberi Calciatori fondata a Milano e che raccoglieva tutte le compagini minori in campionati nei quali si registrava una grande partecipazione. Il fascismo poi inquadrò l’ULIC nella sua sezione propaganda.

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Erano i tempi della grande industria e Savona nei rappresentava una delle espressioni più importanti. Si formarono così le squadre di fabbrica, alcune delle quali raggiunsero anche livelli tecnici di assoluto valore. E’ il caso dell’ILVA il grande complesso siderurgico che sorgeva là dove la speculazione edilizia ha fatto costruire il Crescent. L’Ilva raggiunse i 5.000 lavoratori occupati. Il suo dopolavoro disponeva di una squadra di calcio arrivata a militare in Serie C e di una squadra di atletica con due nazionali: il fondista  “Nicolin” Beviacqua , 27 volte campione d’Italia, secondo ai campionati europei del 1938 a Londra, finalista alle Olimpiadi di Berlino del 1936, e il martellista Sargiano. Ecco una formazione dell’Ilva: da sinistra in piedi Venturino, Parodi, Poggi, Tura, Ferrando, l’allenatore Besio, personaggio-chiave nella storia del calcio savonese nel dopoguerra per decenni direttore tecnico della Veloce; al centro Ferrari, Fulcheris, Sagola; accosciati: Ferro, Chiesa, Tilli.

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La Lavagnolese, colori sociali gialli contraltare, nel “Paise di Giabbe”, dei “rossi” della Libertà e Lavoro. Una classica vicenda alla “Don Camillo e l’onorevole Peppone” raccontata da Guareschi. Una sfida ricca di pathos durata per tutti gli anni ’50 con grandi successi da entrambe le parti, in particolare disputandosi il primato nella “Coppa Bacigalupo” ,all’epoca la più importante manifestazione del calcio giovanile savonese. Da sinistra: il dirigente Picco, Amerio, Emilio, Ferro, Livio Berruti, Lore, Mazzucco, Allocco, Perezzi, Gagliano, Pasquale Minuto, capostipite di una vera e proprio dinastia di fratelli calciatori (Pepè, Nuccio, Italo), Eustacchio poi famoso fiorista ad Albisola, il mitico allenatore Torcello.

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Abbiamo sconfinato per arrivare fino a Valleggia, ma la squadra dell’Associazione Valleggina Incremento Sport (AVIS, nulla a che vedere con i donatori di sangue) doveva essere assolutamente ricordata come società protagonista per molti anni del nostro calcio. Ecco una rara immagine dell’AVIS, con le storiche maglie neroazzurre. La formazione titolare si schierava cosi: Bruzzone (autore di una brillante carriera: sarà il portiere di Vado, Savona e Cuneo), Vallarino, Botta, Bernardini, Falco, Brighi, Padula (anche lui in futuro al  Savona e al Vado), Poli (il popolare “zio” a lungo titolare del Bar Haiti in piazza Cavour a Vado), Grignano, Camici (fratello del futuro portiere del Vado e padre del centrocampista anni ’70-80 di Vado e Cairese), Astengo (Calera, De Marco, Zunino, Garzoglio, Rosso).

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Monteponi:ultima squadra di fabbrica, capace di arrivare fino alla Promozione. L’occasione della foto è del tutto particolare. Lo scenario, infatti, è quello di Marassi nella stagione in cui nello storico stadio genovese erano stati costruiti i distinti. La Monteponi vi aveva affrontato la squadra “ragazzi” (l’attuale Primavera per intenderci) del Genoa. All’epoca le squadre di Serie A e B disputavano anche un campionato riserve e la prima squadra del settore giovanile era – appunto – denominata “ragazzi” e partecipava al campionato federale regionale. Con la Monteponi  si chiudeva un’era: non solo quella delle squadre di fabbrica ma dell’industria savonese e vadese. Una perdita incolmabile.

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La Stella Rossa, società fondata da grandi protagonisti della vita cittadina come il presidente Vallarino, titolare di un banco al mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Corso Ricci; Enrico Fabbri, il promoter – giornalista Enrico Fabbri, finissimo presentatore delle serate di Miss Italia; Renato Borzone (scarpe “Grimaldi”in via Pia); cassiere, il maestro “Eduardin” Travi, a lungo redattore della pagina savonese del “Lavoro” diretto da Sandro Pertini. Questa la formazione della stagione 1952 – 53: da sinistra in piedi, Visconti, Briano, Amedeo, Mino Persenda, Valentino Persenda, Bennati, Merengone, Ricci; accosciati, Bruzzone, Beretta, Bernardini. Inutile sottolineare la presenza dei due fratelli Persenda, le maggiori glorie del calcio savonese. Mino arrivato in Serie B con la maglia rossonera della Lucchese, Valentino nella stessa categoria però con la sua “seconda pelle” bianco blu. Valentino rimane il primatista inarrivabile di presenze nella storia del Savona Fbc e il “capitano per sempre”.

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La Libertà e Lavoro Speranza dei tempi d’oro. Si riconoscono tra gli altri i dirigenti Cacciabue e Titto Rebagliati (preso a braccetto tra Gino Cattardico e il maestro Sergio Sguerso), Antonio Murialdo, Livio Berruti, l’allenatore Zamboni, il dirigente Sclano. Era la squadra della società di Lavagnola, il famoso “Club”, un covo di “rossi” nel cuore operaio della città. Natale Zamboni allenatore dalle grandi qualità tecnico-tattiche e umane, indimenticato alla guida della Cairese,  uno dei primi savonesi a frequentare i corsi di Coverciano pur mantenendo il suo lavoro al Comune di Bergeggi, è personaggio assolutamente da ricordare. La Libertà e Lavoro raggiunse, nel corso della sua storia, la Promozione, vertice assoluto dei dilettanti in Liguria.

NOVANT’ANNI FA IL GIRONE UNICO QUANDO IL GENOA DI LEVRATTO SFIORO’ IL SUO DECIMO SCUDETTO

TRA L’ANTICO E IL MODERNO: I PRIMATISTI DI PRESENZE NEL CAMPIONATO ITALIANO

a cura di FRANCO ASTENGO

Il vezzo di stilare classifiche è vecchio come il gioco del calcio. Giornali, tifosi, riviste specializzate, salotti televisivi ne sfornano spesso e volentieri. Ci proviamo anche noi, Ma non sono di merito, almeno dal punto di vista tecnico, le graduatorie che troverete di seguito. Sicuramente esprimono l’idea della continuità in campo, quindi di un valore essenziale nella piena espressione di una carriera. Ed i 40 citati possono ben essere considerati come d’esempio proprio sotto questo aspetto.

Il riferimento per queste graduatorie, infatti, è alle presenze accumulate in Serie A con i giocatori suddivisi per ruolo mescolando, in più, proprio l’antico e il moderno: si trova infatti la doppia indicazione del ruolo e anche quello che un tempo era il numero di riferimento nel “sistema” o nello schema con il “libero”.

Si troveranno quindi anche delle sorprese, condivisibili o meno. Pur sempre curiosità su cui discutere.

Andiamo per ordine:

PORTIERI (1)

  1. GIANLUIGI BUFFON
  2. PAGLIUCA
  3. ZOFF
  4. ALBERTOSI
  5. GIOVANNI GALLI

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Buffon. Esordio in Serie A campionato 1995 – 96: Parma – Milan 0-0, a 17 anni

TERZINI (2-3)

  1. PAOLO MALDINI
  2. BERGOMI
  3. BURGNICH
  4. GIUSEPPE FAVALLI
  5. FACCHETTI

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Paolo Maldini, figlio d’arte. Esordio in Serie A nel campionato 1984 – 85: Udinese – Milan, a 16 anni

CENTRALI/LIBERI/STOPPER (5-6)

  1. VIERCHWOD
  2. CIRO FERRARA
  3. FRANCO BARESI
  4. COSTACURTA
  5. DAINELLI

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Pietro Vierchwod . Esordio in Serie A nel 1980: Como – Roma 0-1, a 21 anni

MEDIANI – CENTROCAMPISTI (4-8)

  1. JAVIER ZANETTI
  2. PIRLO
  3. DE SISTI
  4. DE ROSSI
  5. GIACOMO MARI

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Javier Zanetti  esordio in Serie A campionato 1995 – 96: Inter – Vicenza 1-0,  a 22 anni

ALI DESTRE/ESTERNI ALTI (7)

    1. CAUSIO
    2. FUSER
    3. ARMANO
    4. HAMRIN
    5. PASINATI

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Franco Causio, “il Barone” di Gianni Brera. Esordio in Serie A campionato 1967 – 68 Mantova- Juventus 0-0, a 19 anni

MEZZE ALI – TREQUARTISTI (10)

  1. TOTTI
  2. MANCINI
  3. RIVERA
  4. DEL PIERO
  5. ROBERTO BAGGIO

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Francesco Totti. Esordio in Serie A campionato 1992 – 93: Brescia – Roma 0-2, a 16 anni

CENTRAVANTI (9)

  1. PIOLA
  2. GILARDINO
  3. ALTAFINI
  4. BONIPERTI
  5. AMADEI

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Silvio Piola  esordio in Serie A campionato 1929 – 30: Bologna- Pro Vercelli 2-2, a 16 anni

ALI SINISTRE (11)

  1. FERRARIS II
  2. DI NATALE
  3. PELISSIER
  4. CORSO
  5. REGUZZONI

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Pietro Ferraris (II)  Esordio in serie A campionato 1929 – 30: Bologna – Pro Vercelli 2-2, a 17 anni

LA BEFFA DEGLI UNDER 21: SOLO 4 ITALIANI SU 16 GLI ESORDIENTI IN SERIE A

SE LA CLASSE NON E’ ACQUA: DAL PASSATO UNA LEZIONE PER IL GIORNALISMO SPORTIVO

LA CARICA DEGLI ALLENATORI, ELEFANTIASI DI UN RUOLO ALLA CACCIA DI UN INGAGGIO

L’ALMANACCO DEL CALCIO COMPIE 80 ANNI: LA “BIBBIA” PER INTENDITORI E TIFOSI

di FRANCO ASTENGO

Scrivo dopo aver appena acquistato l’Almanacco del Calcio “Panini” 2019 e me lo trovo davanti sulla scrivania accanto all’Almanacco 1939, il primo della serie. Dunque dal “Boccali” di allora, passando per Carcano e approdando alla Panini nel 1971, sono esattamente ottant’anni da ricordare.

In precedenza avevano avuto l’Annuario di Baccani e la famosa “Agenda Barlassina”, compilata dall’arbitro novarese, che per tutti gli anni ’30 fino allo scoppio della guerra aveva rappresentato e ancora oggi rappresenta la “Bibbia” per gli intenditori, che fossero addetti o no ai lavori.

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La  contro copertina dell’Agenda Barlassina stagione 1937 – 38

La differenza fra i precedenti tentativi e l’Almanacco lanciato da Boccali nel 1939 e poi proseguito sulla sua falsariga fino ad oggi, sta essenzialmente nelle illustrazioni, con le foto delle squadre, sia di club, sia nazionali che in precedenza non apparivano.

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L’Almanacco 2019: in copertina un trionfante Cristiano Ronaldo

Com’è cambiato il calcio italiano di allora?

Prima di tutto è mutato il linguaggio: il “Panini” di oggi è ricolmo di dati statistici (anche se strada facendo qualcosa si è perso, pagando pegno alla monumentalità dell’edizione: ad esempio i tabellini di tutte le partite della Nazionale presenti fino al 2005), il “Boccali” di allora presentava anche una robusta parte letteraria, nella quale i massimi scrittori sportivi dell’epoca (abbiamo usato il termine “scrittori” non a caso”) spiegavano vari aspetti del gioco e del mestiere di raccontarlo: oltre alla firma del compilatore Leone Boccali storico direttore del “Calcio Illustrato” , troviamo testi di Carmelo Silva (l’autore delle storiche “disegnate”, di Nino Nutrizio, di Emilio De Martino, Vittorio Pozzo (commissario tecnico della Nazionale), Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport, caduto a Superga il 4 maggio 1949 nella tragedia del Grande Torino), il “figlio di Dio” Renzi De Vecchi.

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L’Almanacco 1939

Un vero e proprio florilegio dei tempi aurei della stampa sportiva italiana.

L’Almanacco del 1939 presentava i quadri delle Società di Serie A, B, C. Quello del 2019 presenta i quadri delle stesse serie e la composizione dei gironi di Serie D.

Ecco il dettaglio.

Serie A 1938 – 39 (16 squadre): Ambrosiana Inter, Bari, Bologna, Genova 1893 (denominazione autarchica del Genoa), Juventus, Lazio, Liguria (antenata dell’attuale Sampdoria), Livorno, Lucchese, Milan, Modena, Napoli, Novara, Roma, Torino, Triestina.

Serie A 2018 – 2019 (20 squadre): Atalanta Bergamasca, Bologna, Cagliari, Chievoverona, Empoli, Fiorentina, Frosinone, Genoa, Inter, Juventus, Lazio, Milan, Napoli, Parma, Roma, Sampdoria, Sassuolo, Spal, Torino, Udinese.

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Le pagine dell’Almanacco 1939 che illustrano gli scudetti del “quinquennio” juventino

Serie B 1938 – 39 (18 squadre): Alessandria, Anconitana – Bianchi, Atalanta e Bergamasca, Casale, Fanfulla, Fiorentina, Padova, Palermo, Pisa, Pro Vercelli, Salernitana, Sanremese, Siena, Spal, Spezia, Venezia, Verona, Vigevano.

Serie B 2018 – 2019 (19 squadre): Ascoli, Benevento, Brescia, Carpi, Cittadella, Cosenza, Cremonese, Crotone, Foggia, Hellas Verona, Lecce, Livorno, Padova, Palermo, Perugia, Pescara, Salernitana, Spezia, Venezia.

Serie C 1938 – 39

Girone A: Ampelea Isola d’Istria, Arsa, Audace San Michele Extra, Fiumana, Grion Pola, Marzotto Valdagno, Mestrina, Cantieri Monfalcone, Ponziana Trieste, Pro Gorizia, Rovigo, Treviso, Udinese, Vicenza.

Girone B: Cantù, Caratese, Carpi, Casalini Brescia, Cremomese, Derthona, Falck Sesto San Giovanni, Lecco, Mantova, Monza, Parma, Pavia, Piacenza, Reggiana.

Girone C: Alfa Romeo Milano (in organico Valentino Mazzola), Biellese, Brescia, Como, Crema, Fiat Torino, Gallaratese, Legnano, Juve – Domo, Omegna, Pro Patria, Savoia Marchetti Milano, Seregno, Varese.

Girone D: Acqui, Albenga, Andrea Doria, Asti, Cavagnaro Sestri Ponente (nome imposto dal regime alla Sestrese), Cuneo, Entella, Imperia, Pinerolo, Savona, Tigullia (nome imposto dal regime alla fusione coatta tra Rapallo e Sammargheritese), Vado, Valpocevera (nome imposto dal regime alla fusione coatta tra Pontedecimo , Bolzanetese).

Girone E: Arezzo, Baracca Lugo, Benini Firenze (circolo rionale fascista), Empoli, Forlì, Forlimpopoli, Grosseto, Molinella, Pistoiese, Pontedera, Prato, Ravenna, Signe.

Girone F: Alma Juventus Fano, Ascoli, Cagliari, Civitavecchiese, Foligno, Gubbio, Jesina, Maceratese, Vis Pesaro, Perugia, Sambenedettese, Ternana, Tiferno Città di Castello.

Girone G: Aquila, Bagnolese, Foggia, Manfredonia, MATER Roma, Pescara, San Giorgio Cagliari, SIME Popoli, Juve Stabia, Supertessile Rieti.

Girone H: Brindisi, Catania, Cosenza, Dominante Reggio Calabria, Juventus Siderno, Lecce, Messina, Palmese, Potenza, Siracusa, Pro Italia Taranto, Taranto.

Serie C 2018 – 2019

Girone A: Albissola, Alessandria, Arezzo, Arzachena, Carrarese, Cuneo, Gozzano, Juventus U.23 (novità della stagione in corso l’ammissione alla Serie C delle squadre Under 23 di Serie A. Per ora l’esperimento lo ha tentato soltanto la Juventus), Lucchese, Novara, Olbia, Piacenza, Pisa, Pistoiese, Pontedera, Pro Patria, Pro Piacenza, Pro Vercelli, Siena, Entella.

Girone B: Albinoleffe, Alma Juvetus Fano, Feralspisalò, Fermana, Giana Erminio, Gubbio, Imolese, Monza, Pordenone, Ravenna, Renate, Rimini, Sambendettese, SudTirol, Teramo, Ternana, Triestina, Lanerossi Vicenza, Virtus Verona, Vis Pesaro

Girone C Bisceglie, Casertana, Catania, Catanzaro, Cavese, Juve Stabia, Matera, Monopoli, Paganese, Potenza, Reggina, Rende, Rieti, Sicula Leonzio, Siracusa, Trapani, Vibonese, Virtus Francavilla, Viterbese.

Serie D 2018 – 2019

Girone A: Arconatese, Borgaro, Borgosesia, Bra, Casale, Chieri, Fezzanese, Folgore Caratese, Inveruno, Lavagnese, Lecco, Ligorna, Milano City, Pro Dronero, Savona, Sestri Levante, Stresa, Unione Sanremo.

Girone B: Ambrosiana, Caravaggio, Caronnese, Ciserano, Como, Darfo Boario, Legnago, Mantova, Olginatese, Pontisola, Pro Sesto, Rezzato, Scanzorosciate, Seregno, Sondrio, Villa D’Almè, Villafranca Veronese, Virtus  Bergamo.

Girone C: Adriese, Arzignano Valchiampo, Belkuno, Campodarsego, Cartigliano, Chions, Cjarlins Muzane, Clodiense, Delta Porto Tolle, Este, Levico, Montebelluna, Sandonà, St. Georgen Brunico, Tamai, Trento, Union Feltre, Virtus Bolzano.

Girone D: Adrense, Axis Zola, Calvina, Ciliverghe, Classe, Crema, Fanfulla, Fiorenzuoila, Lentigione, Mezzolara, Modena, Oltrepovoghera, Pavia, Pergolettese, Audace Reggio Emilia, San Marino, Sasso Marconi, Vigor Carpeneto.

Girone E: Aglianese, Bastia Umbra, Cannara, Gavorrano, Ghivizzano, Massese, Aquila Montevarchi, Pianese, Ponsacco, Prato, Real Forte Querceta, San Donato Tavernelle, Sangimignano, Sangiovannese, Scandicci, Seravezza, Sinalunghese, Sporting Trestina, Tuttocuoio, Viareggio.

Girone F: Avezzano, Campobasso, Castelfidardo, Cesena, Forlì, Francavilla, Isernia, Jesina, Matelica, Montegiorgio, Olympia Agnonese, Pineto, Real Giulianova, Recanatese, Sammaurese, San Nicolò Notaresco, Sangiustese, Santarcangelo, Savignanese, Vastese.

Girone G: Albalonga, Anzio, Aprilia, Avellino, Budoni, Cassino, Castiadas, Città di Anagni,Flaminia, Ladispoli, Latina, Sassari Latte Dolce, Lupa Roma, Monterosi, Ostia Mare, Atletico Fiumicino, Torres, Trastevere, Vis Artena.

Girone H: Audace Cerignola, AZ Piceno, Bitonto, Fasano, Fidelis Andria, Francavilla in Sinni, Gelbison Vallo della Lucania, Gragnano, Granata Ercolano, Gravina, Nardò, Nola, Pomigliano, Sarnese, Savoia Torre Annunziata, Sorrento, Taranto, Team Altamura

Girone I: Acireale, Bari, Castrovillari Città di Messina, Cittanovese, Gela, Igea Virtus Barcellona Pozzo di Gotto, Locri, Marsala, Messina, Nocerina, Palmese, Portici, Roccella Jonica, Rotonda, Sancataldese, Troina, Turris.

In mezzo alle due epoche, l’iperprofessionismo, l’internazionalizzazione dei giocatori, la globalizzazione televisiva e degli altri mezzi di comunicazione di massa, un livello di popolarità planetario e, di conseguenza, un impatto economico ottant’anni fa nemmeno immaginabile dal più fantasioso dei Jules Verne o degli H.G. Wells.

La nazionale italiana nel 1939 deteneva sia il titolo di campione del mondo, sia quello di campione olimpico e aveva disputato 142 partite a partire dal 1910, con 76 vittorie, 34 pareggi, 32 sconfitte con 318 goal segnati e 212 subite.

Le avversarie fino a quel punto incontrate erano state: Austria,Belgio Brasile, Cecoslovacchia, Egitto, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Jugoslavia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Portogallo, Scozia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria, Uruguay. Tutte squadre europee tranne due sudamericane (Brasile, Uruguay) un’africana (Egitto) un’asiatica (Giappone) una nord americana (USA).

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L’Italia campione del mondo 1938. Da sinistra in piedi: l’allenatore Burlando, Biavati, il presidente generale Vaccaro, il commissario tecnico Vittorio Pozzo che alza la coppa Rimet, Piola, Ferrari, Colaussi. Accosciati: Locatelli, Meazza, Foni, Olivieri, Rava, Andeolo e Serantoni

Al termine della stagione calcistica 2017 – 2018 la Nazionale italiana che in questo momento non detiene alcun titolo ha disputato 807 partite, con 425 vittorie, 221 pareggi, 161 sconfitte, 1391 reti segnate, 810 subite.

Ha incontrato nazionali di tutti i continenti: Albania, Austria, Arabia Saudita, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijgian, Belgio, Bielorussia, Bosnia – Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Camerun, Canada, Cecoslovacchia, Cile, Cina, Cipro, Corea del Nord, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Costarica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Egitto, Estonia, la rappresentativa della FIFA – All Stars, Finlandia, Francia, Galles, Georgia, Germania, Germania Est, Germania Ovest, Ghana, Giappone, Grecia, Haiti, Inghilterra, Irlanda, Irlanda del Nord, Islanda, Isole Far Oer, israele, Jugoslavia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Marocco, Messico, Moldavia, Montenegro, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Russia, San Marino, Scozia, Selezione Europea, Selezione Stati Uniti, Serbia, Serbia – Montenegro, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tunisia, Turchia, URSS, Ucraina, Ungheria, Uruguay.

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L’Italia di Giampiero Ventura eliminata dalla Svezia ed esclusa dalla fase finale dei mondiali di Russia 2018. Da sinistra in piedi: Parolo, Chiellini, Barzagli, Immobile, Bonucci, Buffon; accosciati: Candreva, Darmian, Florenzi, Gabbiadini, Jorginho

NICULIN BEVIACQUA: IL PICCOLO GRANDE CAMPIONE GLORIA DELLO SPORT SAVONESE

NICULIN BEVIACQUA: IL PICCOLO

GRANDE CAMPIONE

GLORIA DELLO SPORT SAVONESE

                                                                        di  LUCIANO ANGELINI  e FRANCO ASTENGO

“Sulla pista dello stadio di Colombes (Parigi, 1938: Campionati europei di atletica leggera, ndc) scese, tra gli altri, un minuscolo atleTA in maglia azzurra, alto non più di un metro e 56 e, soprattutto, di proporzioni ridottissime: 40/42 chilogrammi di ossa e muscoli, forse meno. Si trattava di Giuseppe Beviacqua, detto Nicolino, nato a Savona nel 1914 e di gran lunga il miglior fondista che l’Italia abbia mai avuto, se eccettuiamo forse i semi-mitici Speroni e Ambrosini. Beviacqua fu il primo straniero a battere i finlandesi in casa loro sui 10 chilometri. A Parigi egli fece correre un immenso rischio a Ilmari Salminen (campione d’Europa nel 1934 e nel ‘38, Olimpico a Berlino nel 1936, Mondiale nel ’37, ndr) fu l’unico a reggere fino in fondo al suo passo e ad attaccarlo violentemente in dirittura, passandogli quasi tra il torso ed il braccio destro. Con uno sforzo disperato Salminen mantenne 4/10 di vantaggio e vinse, appunto, in 30’52”8. Al terzo posto, in 30’57”8, si insediò il tedesco Max Syring…”

Così Giorgio Bonacina, giornalista, tra i più grandi cantori ed esperti di atletica leggera con Gianni Brera e Renato Morino, racconta una delle più belle imprese di Giuseppe Beviacqua, il piccolo grande campione savonese, sempre protagonista sulle piste di mezza Europa, da Berlino a Oslo, da Helsinki a Londra, da Stoccarda a Parigi, sui 5000 e 10000 metri, specialità che in quegli anni, tra il 1930 e il primo dopoguerra, vedevano eccellere i lunghi finnici Salminen, Virtanen, Hockert, Taisto Maki, Iso-Hollo, il polacco Kusocinski e i francesi Rochard e Bouin.

Una storia, quella di “Niculin” Beviacqua, di enorme valore sul piano sportivo e umano. Averlo conosciuto è stato un onore. Ricordarlo un dovere.

Giuseppe Beviacqua vulgo Niculin, nato a Savona il 28/10/1914 e scomparso il 10/8/1999. Atleta di fondo, dai 5.000 metri in su con particolare predilezione per la corsa campestre. Venti presenze in nazionale tra il 1936 e il 1951. Undicesimo in finale nei 10.000 metri alle Olimpiadi di Berlino. Vice campione d’Europa a Parigi nel 1938, partecipa anche agli Europei di Oslo nel 1946. Ottiene il primato italiano dei 5.000 metri una prima volta il 21/9/1941 a Milano con il tempo di 14’37” e una seconda volta a Firenze nel 1942 con il tempo di 14’31”8, primato destinato a durare fino al 1957 quando Perrone lo supera con 14’31”. Nei 10.000 metri Beviacqua diventa primatista italiano per ben tre volte, a Firenze nel 1937 con il tempo di 30’59” 8, a Parigi il 5 settembre 1938  con 30’53’8 e a Stoccarda nel 1940 in  30’27”4. Primato che dura 10 anni, fino al 1959 superato da Volpi. Nella specialità dei 5.000 metri conquista il titolo italiano negli anni 1938, 1939, 1940, 1941, 1942, 1945. Beviacqua conquistò il titolo italiano dei 10.000 metri nel 1936, 1937, 1942, 1943, 1946, 1947, 1948 e il titolo di corsa campestre negli anni 1944, 1949, 1950.

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Niculin Beviacqua, in maglia azzurra, sulla pista olimpica di Berlino 1936

Per una volta abbiamo abbandonato le nostre consuete rievocazioni calcistiche per dedicare questa retrospettiva al più grande atleta che abbia mai illustrato la gloria di Savona ai vertici dell’atletica mondiale.

La provincia di Savona ha avuto altri epigoni presenti a livello olimpico e di campionato mondiale da Castelli staffettista della 4X100 a Los Angeles nel 1932, a Furio  Fusi impegnato sui 400 metri e nella staffetta 4X400 a Città del Messico nel 1968, fino ai più recenti Ezio Madonia (100 metri Seoul 1988, Atlanta 1996)  ed Emanuele Abate (ostacolista sui 110, Londra 2012). Gli ultimi due allenati da un altro indimenticabile della nostra atletica come “Peo” Astengo. Ma Beviacqua è stato sicuramente il più rappresentativo.

L’occasione per ricordarlo però è stata del tutto casuale.

Nello svolgere le nostre consuete ricerche sfogliando antichi giornali e almanacchi ci siamo imbattuti infatti in un magnifico articolo scritto da Bruno De Ceresa, un lunga e carriera alla guida del settore spettacoli del “Secolo XIX, fratello dell’attore Ferruccio, tra i grandi del teatro genovese e italiano, e apparso sul “Campione” del 26 dicembre 1955, nel quale si dà notizia del ritiro dalla gare di Niculin (a 41 anni) e ne traccia un bellissimo profilo umano e sportivo.

Riproduciamo allora l’intero articolo apparso sotto il titolo:

“UN PICCOLO ITALIANO PLASMATO NEL FERRO”

Si è ritirato Nicolin Beviacqua detentore di 27 campionati

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Niculin Beviacqua con la maglia del Trionfo Ligure

 Ecco il testo dell’articolo:

“Se vi trovate a passare da Savona fate un salto in via Montenotte, alla pasticceria Ruggeri, là vi racconteranno come Niculin Beviacqua cominciò a correre. Vi descriveranno le volate di Niculin, allora appena undicenne garzonetto della pasticceria, per acciuffare i ragazzacci che gli facevano il verso e tentavano di rubargli lre paste che lui portava in giro ai clienti sul plateau, in bilico sulla testa.

Vi diranno anche che quando Niculin non venne più disturbato era ormai in grado di vincere una corsa: aveva tredici anni quando partecipò alla Bissolati.

A piedi scalzi su di un percorso di due chilometri e mezzo Beviacqua seppe portare la maglia della sua società, la Fratellanza che gli aevano fatto indossare al momento della partenza, primo al traguardo. Si stupì di vincere più lui della gente che continuava a domandarsi come quel piccoletto avesse potuto fare.

Da allora sono passati 28 anni ma la gente continua a domandarsi come abbia potuto diventare quel grande campione che è: piccolo di statura, un vero e proprio peso piuma, dotato più di fasci di nervi che di muscoli Beviacqua aveva però una grande qualità che un giorno seppe affinare e adattare alle circostanze: la volontà di correre e vincere.

Le sue imprese hanno stupito folle innumerevoli su tutti gli stadi d’Europa: nelle sue specialità 5.000 e 10.000 metri sapeva imporre un treno di corsa cui bel pochi sapevano resistere. Perfino i grandi Salminen, Lefevre, Szabo, Tchapla, Szilargi, Zatopek hanno dovuto ammirare la caparbietà di questo piccolo italiano, che aveva fatto onore alla meglia azzurra”.

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Emil Zatopek, l’uomo cavallo, 7 medaglie d’oro tra europei e olimpiadi. A Beviacqua capitò diverse volte di batterlo

“Stralciamo dal suo albo d’oro alcuni episodi significativi. 1938: è una grande annata nel corso della quale compie un exploit. Nel corso di una settimana corre in quattro città diverse de’Europa. Va a Berlino e vince i 10.000 metri davanti a Szilagy. Prende l’aereo e va a Helsinki ma l’apparecchio ha un’avaria al motore e occorre un atterraggio di fortuna, arriva nella capitale finlandese dopo una notte infernale trascorsa su di un traballante autobus; nello stesso pomeriggio corre e si piazza al secondo posto dopo il primatista mondiale dal quale lo divide una spanna. In compenso Niculin abbassa il record italiano sulle 4 miglia: 19’02”. L’indomani va a Turku nsempre in Finlandia; si è riposato una notte così può battere Jarvileen sui 10.000 metri. Zatopek, allora agli inizi della carriera si piazza al settimo posto.

Beviacqua prende ancora l’aereo per raggiungere Londra, altro incidente altra notte in bianco. Nella capitale britannica Beviacqua corre sulla distanza delle tre miglia e ottiene il terzo posto battendo il record delle due e delle tre miglia. In volo raggiunge l’Italia e il lunedì torna al lavoro come fattorino dell’Ilva. Aveva chiesto sette giorni di ferie per poter correre all’estero.

Sempre nello stesso anno, nel corso dei campionati europei a Parigi, Beviacqua corre con 39° di febbre e arriva secondo dietro a Salminen. Non lo volevano far correre ma Niculin testardo ha indossato la maglia azzurra, strappando l’ammirazione di tutti gli avversari e amici”.

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Il finnico Salminen, grande avversario di Beviacqua

E’ forse fatto di ferro Niculin? No. E’ soltanto un uomo che ha saputo imporsi una regola di vita pari alle necessità dello sport cui ha dedicato la sua giovinezza. Niente fumare, niente bere, nessuno svago che potesse intaccare la sua forma: tutte le sere a letto alle 21, e tutti i giorni allenamento atletico sul campo dell’Ilva. Così per 28 anni estate e inverno anche quando in momenti duri era molto difficile conciliare il pranzo con la cena”.

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Genova. Trofeo Colombo. 12 ottobre 1955. Niculin Beviacqua vince la sua ultima corsa a 41 anni

“Oggi – così termina il racconto di Bruno De Ceresa – Niculin Beviacqua si è ritirato dalle corse; dopo la sua ultima strepitosa vittoria nella Coppa Colombo disputatasi il 12 ottobre scorso ha aderito alle pressioni degli amici preoccupati per la sua salute. Farà l’allenatore. Alle sue spalle stanno 27 campionati italiani vinti, capitano azzurro, olimpionico, primatista ancora imbattuto dopo 18 anni nella specialità dei 5.000 e dei 10.000 metri. E’ una garanzia per l’insegnamento alle giovani leve, è un simbolo di onestà sportiva.

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Torino 1936, incontro Italia-Giappone, gara dei 5 mila metri: Kohei Murakoso guida davanti a Umberto Cerati e Nicolin Beviacqua. Murakoso si piazzerà quarto alle Olimpiadi di Berlino dopo una dura lotta con i finnici Salminen, Askola e Iso-Hollo

30 agosto 1936 Italia – Giappone 91-81