LA MITROPA CUP: PRIMA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE FRA SQUADRE DI CLUB

ANNI ’30: QUANDO SAVONA “CONTAVA” NEL CALCIO, CICLISMO E ATLETICA LEGGERA

LA NAZIONALE ITALIANA E I MITI DEL CALCIO MONDIALE DA ZAMORA A MARADONA

SCONFITTE PER LO SCUDETTO: MILAN E JUVE IMBATTUTE

SPEZIA ED ENTELLA LE BIG DEL CALCIO LIGURE OLTRE IL GENOA E LA SAMP

ANNI ’80: QUANDO GLI SPONSOR        COMPARVERO SULLE MAGLIEDELLE SQUADRE DI SERIE A E B

di LUCIANO ANGELINI  e  FRANCO ASTENGO

In Italia per lungo tempo il calcio non attinse energie economiche, sotto forma di sponsorizzazioni dalle più disparate venalità economiche, nonostante altrove già da tempo si ricorresse all’aiuto e al supporto degli sponsor, come avveniva ad esempio nel campo del basket (come non ricordare l’Olimpia Milano targata Borletti, quella della famosa industria tessile e della Rinascente, e poi Simmenthal, quella delle mitiche “Scarpette Rosse” di Cesare Rubini con Brumatti, Bariviera e Bianchi, e l’Ignis Varese con Rusconi, Flaborea, Zanatta e Meneghin: grande imprenditoria lombarda, carne in scatola ed elettrodomestici al servizio-supporto dello sport) e del ciclismo (la prima squadra sostenuta da una marca che non fosse una fabbrica di biciclette fu la Nivea, famosa azienda produttrice di creme di bellezza, bicicletta Fuchs di Fiorenzo Magni nel 1953, seguita più avanti dall’allora onnipresente Ignis del patron Giovanni Borghi con una squadra in cui c’erano fior di campioni da Ercole Baldini a Gastone Nencini e Pasquale Fornara, oltre a sponsorizzare da ’59 al ’62 la Nazionale spagnola capitanata dal velocista Miguel Poblet vincitore di due Milano-Sanremo e numerose tappe del Giro d’Italia e della Vuelta). A proposito della passione per lo sport del patron della Ignis, va ricordato anche il suo forte contributo per il pugilato: tra i suoi “pupilli” i campioni del Mondo Sandro Mazzinghi, grande rivale di Nino Benvenuti, e Duilio Loi, e nel canottaggio come fondatore della Canottieri Ignis che portò Stefano Martinoli sul palcoscenico Olimpico. Senza dimenticare che sotto la sua presidenza il Varese Calcio (oggi affondato nel campionato dilettanti), tra gli anni sessanta e settanta, fu brillante protagonista in Serie B (nella stagione 1966-67 portò alla ribalta il goleador Pietro Anastasi, autore del match-ball contro il Savona) e nel campionato di Serie A. 

La Figc arriverà a togliere questo bando solo a cavallo degli anni settanta ed ottanta del secolo scorso, relativamente tardi rispetto a quanto era avvenuto nel resto del continente.

Nella stagione 1953-1954 debuttò infatti sulle maglie del Vicenza (all’epoca in Serie B) una piccola ‘R’, simbolo del Lanificio Lanerossi di Schio. La “R” si trasformò nel vero e propri simbolo della squadra vicentina, tanto è vero che ancora oggi rimane ricamata sulla maglia bianco- rossa anche se ormai lo stabilimento Lanerossi non esiste più da tempo.

Tale fatto viene da molti accreditato come la prima sponsorizzazione nel mondo del calcio, addirittura antecedente di vent’anni a quella dell’Eintracht Braunschweig, ma è in realtà un errore, in quanto le cose stanno diversamente: non si trattò di sponsorizzazione, bensì di abbinamento cui seguirono quello sfortunato Talmone (una marca di cioccolato e affini) con il Torino nella stagione 1958 – 59 che registrò la prima retrocessione in Serie A dei granata. Diverso l’abbinamento tra Ozo (una fabbrica di prodotti petroliferi) con il Mantova trascinata in cinque stagioni dalla Serie D alla Serie A in cinque stagioni. Da ricordare ancora, in quel periodo, l’abbinamento tra Sarom e Zenit (sempre petrolio) rispettivamente con Ravenna e Modena.

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Il Lanerossi Vicenza secondo classificato nella Serie A 1977-78

Andiamo a spiegare la differenza: la sponsorizzazione è un’operazione mediante la quale, allo scopo di ricavarne pubblicità, un ente finanzia in maniera esterna attività di varia natura (sportive, culturali, di spettacolo o similari); l’abbinamento consiste invece nella fusione di due realtà societarie differenti – generalmente tra un’associazione sportiva e una ditta industriale – che vanno così a creare un nuovo soggetto economico (cosa che ne comporta anche l’affiancamento delle rispettive ragioni sociali). Questo è esattamente quanto avvenne nel caso del Vicenza, ovvero una vera e propria acquisizione di una squadra di calcio da parte di un’impresa.

Peraltro, non si trattò neanche del primo caso del genere: nei primi anni quaranta, la stessa Lanerossi aveva attuato la medesima operazione con le compagini dello Schio e del Piovene. Sempre nel vicentino, nel 1926 era nata all’interno dell’azienda tessile Marzotto la squadra calcistica del DAM Valdagno (Dopolavoro Aziendale Marzotto), poi trasformatasi nell’immediato secondo dopoguerra in Associazione Calcio Marzotto; nel campionato cadetto del 1953-1954 ebbe così luogo anche un particolare “derby della lana” tra i già citati Marzotto Valdagno eLanerossi Vicenza.

La grande azienda di stato dell’Ilva, produttrice d’acciaio costruì squadre aziendali, fin dagli anni ’30, in tutte le sue sedi più importanti (Savona, Novi Ligure, Lovere, Bagnoli) e sempre negli anni ’30 squadre aziendali arrivarono in Serie C come l’Alfa Romeo di Milano dove fu lanciato Valentino Mazzola e la Savoia Marchetti (fabbrica d’aerei). Altre squadre aziendali la Falck, sia a Vobarno sia ad Arese e la Snia (altra fabbirca tessile). L’elenco però potrebbe continuaare a lungo.

Né possiamo però dimenticare due abbinamenti sorti a Torino negli anni della seconda guerra mondiale, stavolta con intenti meno commerciali e più nobili: per far sì che le due formazioni cittadine potessero proseguire l’attività calcistica anche in mezzo alle difficoltà del conflitto, queste fecero confluire i propri giocatori nei gruppi sportivi in seno alle grandi aziende Cisitalia e Fiat, dando vita rispettivamente alla Juventus Cisitalia e al Torino Fiat (abbinamenti poi sciolti al termine della guerra). A posteriori, potrebbe lasciare interdetti vedere la squadra granata sfoggiare sul petto, come stemma, il nome della casa automobilistica degli Agnelli.

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Il Torino Fiat secondo classificato nel Campionato Alta Italia 1944

Arrivarono gli anni settanta, in cui ebbero inizio le prime aperture verso gli sponsor. Dopo che nel 1974 era stato dapprima riconosciuto ai calciatori italiani il diritto allo sfruttamento della propria immagine a fini commerciali, nel 1978 la Figc creò al suo interno una struttura ad hoc, la Promocalcio, dedicata alla gestione di marketing e diritti televisivi: tra le sue prime azioni, questa permise l’esposizione sulle maglie ai marchi dei fornitori tecnici. Nonostante la cosa possa sembrare al giorno d’oggi abbastanza marginale, all’epoca ebbe un eco di non poco conto. Nello stesso anno si mise in moto una catena di avvenimenti che, in poco tempo, portò le sponsorizzazioni anche nel calcio italiano.

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I pantaloncini sponsorizzati dell’Udinese 1978-79

Alla base di tutto ci fu un po’ d’ingegno e una buona dose di sfrontatezza. Iniziò il presidente dell’Udinese, Teofilo Sanson, patron dell’omonima azienda di gelati, che durante il campionato di Serie B 1978-1979 pensò bene di inserire sui pantaloncini della squadra friulana il logo della sua attività commerciale: i regolamenti federali si occupavano infatti delle maglie, ma nulla prescrivevano circa il resto della divisa da gioco; ovviamente la Federcalcio stoppò l’iniziativa dopo poche partite, ma ormai la strada era tracciata.

Pochi mesi più tardi, all’inizio della Coppa Italia 1979-1980, il Perugia di Franco D’Attoma presentò quella che può essere considerata la prima “vera” casacca sponsorizzata del calcio italiano: per finanziare l’ingaggio di Paolo Rossi, il presidente degli umbri si accordò col pastificio Ponte, il quale avrebbe visto esposto il suo marchio sulla maglia perugina in cambio di 400 milioni di lire.  A questo punto, per aggirare il divieto federale vigente, venne creato di sana pianta un falso maglificio, la Ponte Sportswear, che ufficialmente figurava come fornitore tecnico!

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L’abbigliamento griffato del Perugia 1979-80

Non ci volle molto alla Figc per capire l’escamotage, ma nonostante multe, squalifiche e l’inevitabile rimozione del marchio pubblicitario dalle casacche, D’Attoma perseverò, inserendo il marchio Ponte su tute d’allenamento, giubbini prepartita, e un po’ ovunque all’interno dello Stadio Curi (perfino sul manto erboso, “inventando” di fatto quel particolare taglio d’erba che sarà poi reso famoso dalla Parmalat, allo Stadio Tardini di Parma, negli anni novanta).

Seguendo il percorso intrapreso dalla squadra biancorossa, nel corso della stessa annata il Cagliari e il Torino (in A) e il Genoa (in B) si accordarono a loro volta con alcuni sponsor (rispettivamente Alisarda, Cora e Seiko), cui garantirono visibilità sull’abbigliamento indossato dalle riserve e dai raccattapalle. La stagione successiva, l’Inter inserì il marchio di elettronica Inno-Hit sulle tute utilizzate per il riscaldamento prepartita (che per ovvi motivi pubblicitari iniziò ad essere svolto in campo e non più in palestra).

Questa situazione divenne irreversibile, e alla vigilia del nuovo campionato la Figc cedette, procedendo alla tanto attesa liberalizzazione: ai nastri di partenza della stagione 1981-1982, oltre 28 tra le formazioni di Serie A e B scesero in campo sfoggiando uno sponsor sul petto.

Riportiamo allora i tabellini della prima giornata di quello storico campionato.

13 settembre 1981

Bologna –Cagliari 1-1

Reti: 20’ Bellini, 55’ Chiorri.

Bologna: Zinetti, Benedetti, Fabbri, Paris, Mozzini, Zuccheri, Chiorri (89’ Chiodi), Pileggi, Fiorini ( 73’ Mancini), Baldini, Colombo. All. Burgnich. Esordio in serie A a 17 anni di Roberto Mancini oggi c.t. della Nazionale.

Cagliari: Goletti, Lamagni, Osellame (81’ Azzali), Restelli, Baldizzone, Brugnera, Bellini, Quagliotti, Selvaggi (83’ Ravot), Marchetti, Piras; all. Carosi

Arbitro: Pieri di Genova.

Fiorentina – Como 1-0

Rete: 62’ Casagrande.

Fiorentina: Giovanni Galli, Cuccureddu, Ferroni II, Casagrande, Vierchwod, Galbiati, Bertoni, Pecci, Graziani, Antognoni, Massaro; all. De Sisti.

Como: Giuliani, Galìa, Tendi, Mirnegg, Fontolan, Albiero, Botti, De Gradi, Massimo Mancini, Gobbo, De Rosa; all. Marchioro.

Arbitro: Milan di Treviso.

Genoa – Torino 0-1

Rete: 78’ Pulici.

Genoa: Martina, Carmine Gentile, Testoni, Corti, Onofri, Romano II, Claudio Sala (78’ Faccenda), Manfrin, Russo (43’ Grop), Iachini, Boito; all. Gigi Simoni.

Torino: Terraneo, Cuttone, Danova, Van de Korput, Zaccarelli, Beruatto, Bertoneri, Salvadori, Sclosa ( 70’ Ferri I), Dossena, Pulici (89’ Mariani); all. Giacomini.

Arbitro: Ciulli di Roma.

Inter – Ascoli 0-0

Inter: Bordon, Beppe Baresi, Oriali, Pasinato, Bachlechner, Bini, Bagni, Prohaska, Altobelli, Beccalossi, Marini; all. Eugenio Bersellini.

Ascoli: Brini, Mandorlini, Boldini, Scorsa, Gasperini, Nicolini, Trevisanello II, De Vecchi, De Ponti, Greco (73’ Carotti), Torrisi; all. Mazzone.

Arbitro: Lo Bello di Siracusa.

Juventus – Cesena 6-1

Reti: 1’ Bettega, 15’ Scirea, 18’ Bettega, 35’ Verza, 58’ Scirea, 67’ Fanna, 80’ Bettega.

Juventus: Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Brio, Scirea, Marocchino, Tardelli (54’ Bonini), Bettega, Brady, Virdis; all. Trapattoni.

Cesena: Recchi, Ceccarelli, Arrigoni (78’ Perego), Piraccini, Mei, Oddi, Genzano, Verza, Bordon (46’ Garlini), Lucchi, Filippi; all. Giambattista Fabbri.

Napoli – Catanzaro 1-1

Reti: 46’ Pellegrini III, 87’ Bivi rigore.

Napoli: Castellini, Bruscolotti, Citterio, Guidetti, Krol, Ferrario (72’ Amodio), Damiani (46’ Palanca), Vinazzani, Musella, Criscimanni, Pellegrini III; all. Marchesi.

Catanzaro: Zaninelli, Sabadini Ranieri, Boscolo, Santarini, Cascione (67’ Salvadori), Mauro II, Braglia, Borghi (67’ Nastase), Sabato, Bivi; all. Pace.

Roma – Avellino 0-0

Roma: Tancredi, Nela, Marangon, Turone, Falcao, Bonetti I, Chierico, Di Bartolomei, Pruzzo, Ancelotti, Bruno Conti; all. Nils Liedholm.

Avellino: Tacconi, Rossi, Ferrari, Tagliaferri, Venturini, Di Somma, Piga, Redeghieri, Facchini, Vignola, Chimnenti (68’ Juary); all. Louis Vinicio.

Arbitro: Redini di Pisa.

Udinese – Milan 0-0

Udinese: Della Corna, Pancheri (64’ Fanesi), Tesser, Gerolin, Cattaneo, Orlando, Causio, Livio Pin, Cinelo (62’ Vriz), Orazi, Carlo Muraro.

Milan: Piotti, Tassotti, Maldera III, Batistini, Collovati, Franco Baresi, Buriani, Novellino, Jordan, Moro (56’ Cuoghi), Romano; all. Gigi Radice.

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La Juventus campione d’Italia 1981-82 sponsorizzata Ariston (lavatrici e cucine). Da sinistra in piedi: Marocchino, Brio, Zoff, Bettega, Virdis, Gentile; accosciati: Cabrini, Brady, Scirea, Tardelli, Furino

La prima stagione di Serie A “brandizzata” terminò con la vittoria della Juventus, ottenuta in volata sulla Fiorentina; quella bianconera divenne così la prima casacca sponsorizzata a fregiarsi del tricolore. Il club torinese sfoggiava sul petto il marchio di elettrodomestici Ariston. E’ curioso constatare come il nome dell’azienda, nella sua antica accezione greca, stia a significare “il migliore”, un concetto che ben si prestava ai neo campioni d’Italia.

Rimaniamo per un attimo sulla Serie A 1981-1982, per analizzare alcune particolari eccezioni verificatesi con la liberalizzazione. Partiamo dalla formazione arrivata alla piazza d’onore, la Fiorentina. Mentre la maggior parte delle compagini della massima serie si limitarono ad inserire gli sponsor, in maniera canonica, sul petto delle loro maglie, il club viola siglò quell’anno un particolare accordo col marchio d’abbigliamento J.D. Farrow’s, che così divenne sia sponsor che fornitore tecnico della squadra.

La Fiorentina propose quindi in quella stagione delle particolari divise viola con dettagli rossi, che vedevano lo sponsor inserito immediatamente sotto al colletto; nella parte frontale – dove di norma sarebbe dovuto essere presente il marchio pubblicitario – sfoggiava invece il rinnovato stemma societario, appena ridisegnato dalla nuova proprietà dei Pontello (il cosiddetto “giglio alabardato”, mai troppo amato dai tifosi fiorentini), che occupava la gran parte del petto.

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La Fiorentina 1981-82 di capitan Antognoni, ancora oggi simbolo del club gigliato

Un caso a parte fu rappresentato dall’Udinese. Il club friulano era appena passato sotto la nuova gestione della Zanussi, che decise inizialmente di seguire una pratica simile a quella del vecchio abbinamento, inserendo sulle maglie bianconere della stagione 1981-1982 solamente una ‘Z’ rossa all’altezza del cuore, come richiamo all’azienda. Addirittura, nell’annata successiva la ‘Z’ venne integrata direttamente all’interno dello stemma del club, dentro un piccolo triangolo giallo.

Solamente col campionato 1983-1984 l’Udinese si allineerà al resto del panorama calcistico nazionale, raggiungendo un accordo per far comparire sulle sue casacche lo sponsor Agfa.

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Le maglie dell’Udinese nelle stagioni 1981-82, 1982-83 e 1983-84

Termina qui questo lungo tuffo nel passato, alle origini delle sponsorizzazioni nel calcio italiano.

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10 GIUGNO 1949: FAUSTO COPPI COMPIE LA PIU’ GRANDE IMPRESA NELLA STORIA DEL CICLISMO ITALIANO 

  di LUCIANO ANGELINI E FRANCO ASTENGO

Settant’anni fa eravamo ragazzini incollati alla radio (la televisione era di là da venire) per ascoltare Mario Ferretti che raccontava le tappe del Giro d’Italia.

Abbiamo avuto così l’onore di sentire in diretta, proprio il 10 giugno 1949, la frase più celebre nelle radiocronache sportive:
“Un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco celeste, il suo nome è Fausto Coppi”.

Questo è un ricordo di quella giornata che rimane indelebile nella memoria dello sport italiano e mondiale.

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Un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco celeste, il suo nome è Fausto Coppi. Notare le condizioni delle strade, siamo sull’Izoard

Secondo una votazione fra 100 giornalisti internazionali, la Cuneo-Pinerolo nel Giro d’Italia 1949 è stata giudicata la tappa numero 1 nella storia rosa. Cerchiamo di spiegarvi perché.

Perché è una tappa di 254 chilometri, con cinque colli (Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere), poco asfalto e molto sterrato, freddo anche se è giugno, pioviggina, e c’è nebbia, o forse nuvole basse, 69 corridori alla partenza, su 102, gli altri 33 già a casa.

Perché il primo ad attaccare, sulla prima rampa della prima salita, si chiama Primo, Primo Volpi, è toscano della Val d’Orcia, e anarchico, ma a chiedergli di attaccare, come se ce ne fosse bisogno con un anarchico, è Fausto Coppi.

Perché quel giorno Coppi è ispirato, e invogliato, ma nel momento in cui la corsa esplode lui ha un problema con la catena, chiede a Sandrino Carrea di mettergli olio sulla catena per farla scorrere meglio, ma l’olio finisce sul cerchione, e diventa pericoloso, così Coppi e Carrea devono mettere i piedi per terra.

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Gino Bartali in difficoltà sule rampe dell’Izoard

Perché c’è Gino Bartali, e Bartali arriva secondo, a 11’52″: “

Perché c’è Alfredo Martini, e Martini arriva terzo, a 19’14″, primo degli umani: “Quando stavo rientrando in albergo, a tappa conclusa, mi entrò nella testa che quel tracciato non lo aveva visionato alcuno. Una tappa impostata sulla carta geografica, ma mai visionata”.

“Perché “nella poltiglia del Maddalena, l’ho visto (Coppi, ndr) venire via dagli altri. Sfangava, quasi sollevando la bicicletta. Lo accompagnai fino a un paesino francese, mi pare Barcelonette. Lo lasciai andare. Entrai in una trattoria. Ordinai un pasto completo dagli ‘hors-d’oeuvre al caffè. Mangiai con tempi da buongustaio. Fumai una sigaretta. Chiesi il conto. Pagai. Uscii. Stava passando il sesto” (Pierre Chany, giornalista dell’Equipe).”

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Alfredo Martini terzo al traguardo

Perché gli ultimi, fra cui Luigi Malabrocca e Sante Carollo che lottano per la maglia nera, arrivano che ormai è quasi buio. Malabrocca e Carollo in quel periodo erano celebri come i grandi assi proprio per questa lotta per aggiudicarsi l’ultimo posto e venivano invitati alle kermesse ben pagate che seguivano i grandi giri.

Ordine d’arrivo

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