ANNI ’60: LE SQUADRE SAVONESI FANNO PASSERELLA IN UNA GALLERIA FOTOGRAFICA

 

Il nostro blog sta crescendo e i post assommano ormai a oltre 100. Diventa quindi utile per coloro che lo frequentano alla ricerca di memorie calcistiche più o meno recenti, poter contare, ogni tanto, su qualche riassunto per consentire in un solo colpo d’occhio di una visione d’insieme per materiale che magari si trova disseminato in diversi settori. Un amarcord per (ri)trovare vecchi amici e per ricordare momenti, esperienze ed entusiasmi vissuti sui campi di calcio, e non solo.

In questo caso abbiamo pensato di riunire le immagini delle squadre della provincia di Savona partecipanti ai campionati federali , Eccellenza, Promozione, Prima e Seconda Categoria, nel corso degli anni ’60: dalla stagione 1960-61 a quella  1969-70.

L’invito ai nostri lettori è sempre valido: chi possedesse materiale utile ad ampliare le nostre ricerche è pregato di inviarlo all’indirizzo e-mail del blog.

Ecco di seguito quanto disponibile.

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L’Alassio 1960-61 schierato al gran completo al “Ferrando”. Questa la formazione-base: Angelini, Sala (De Negri), Bodrato (Ciferri), Grosso, Lunetta, Ziliani (Schivo), Invernizzi (Testa), Zerega, Imberti (Calamano), Bith, Calamano (Giovannelli). Si riconoscono Grosso (secondo da sin.), Imberti, a fianco a Grosso, Invernizzi al centro con a fianco Testa, Lunetta in fondo a destra; tra gli accosciati Zerega, Ziliani, Bith, Angelini, Ciferri, Pegan e Calamano.

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La Nolese 1966-67: da sin., in piedi, Somà, Messa, Aramini, Brignole, Bruno Procopio, Angelini; accosciati: il massaggiatore  Ghione, Caracciolo, Capraro, Rizzolo, Zamboni, Pisano

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La Spotornese dell’ascesa in Promozione (’63-64): in piedi, da sinistra, Bruno Marengo, Giribaldi, Bezzi, Falco, Ettore Rusticoni, Piero Bertolotti, Botto, Aldo Testa; accosciati da sinistra: Moraglio, Gigi Saccani, Chiacchio

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Il Vado stagione 1962-63: massaggiatore Badano, Salomone, Rusticoni, Perata, Camici, Suraci, Martinucci; accosciati: Motto, Caracciolo, Peluffo, Griffo, Gaglione

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La Veloce (1964-65) in una edizione “classica”: da sinistra, in piedi, Bonifacio, l’allenatore Pelizzari, Durighello, Giusto, Negro, il vice allenatore Marte, Macelloni, Ferretti, Pietropaolo, il d.s. Antibo; accosciati, Chiesa, Vasconi, Tobia, Benedetti, Guglielmelli, il d.t. Besio

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Soltanto la Gaviese di Mario Robbiano precedette questo super-Varazze campionato 1969-70: da sinistra, in piedi, Castello, Torri, Camogli, Crosa, Prato, Musmeci, il dirigente Leveratto; accosciati, Lupi, Foglia, Carattino, Mandraccio, Barbarossa, il massaggiatore

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L’Albisola stagione 1968-69. Da sinistra, in piedi: Ferretti, Piscopo I, Furci, Piscopo II, Pignotti, Caserta; accosciati: Di Maggio, Gandolfo, Di Vita, Francese III, Foglia

 

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La Cairese, stagione 1968-69: il segnalinee, Bertone A., Duro, Berretta, Lucchesi, Pesce, Garrone; accosciati, da sinistra, Masia, Cobelli, Monaci, Bertonasco, Bianco, Croce 

 

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Il Finale 1965-66: da sinistra, in piedi, il dirigente Ferrarotti, Tognato, Travagli, Bruzzone, Suraci, Meliga, Mandraccio, il dirigente Chiesa; accosciati, “Bull” Busso (futuro sindaco di Varazze), Robutti, Aspesi, Ianello, Mazzucchelli, Soraggi

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La Nolese nel nuovo campionato di Prima Categoria (1968-69 ): da sinistra, in piedi, il presidente  Bruzzone, Sinagra, Lagustena, Bordegari, Bruzzone, Somà, Giardina, l’allenatore Nizzola; accosciati: Monti, Santiglia, Saporito, Pisano, il massaggiatore Restuccia, Aramini

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Stagione 1969-70, ecco il Pietrasoccorso vincitore nel girone A di Prima categoria: da sinistra, in piedi, Comelli, Eillmann, Dondo, Rembado, Gambetta, Piccinini, Bianco, l’allenatore Sorrentino; accosciati, Sciutto, Parodi, Di Cola, Bosio, Gianotti, Vite, Gibertini

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Una formazione dell’US Priamar 1966-67, importante perché sono ritratti anche il direttore sportivo Livio Faggion e l’allenatore Emilio Pacini, due veri e propri trascinatori dell’attività: da sinistra, in piedi, il presidente Teresio Granelli, Porta, Farulla, Nofroni, Longhi, Siter, Bensi, Livio Faggion, Emilio Pacini; accosciati, Caviglia, Grossi, Imberti, Vivarelli, Tarditi, Bresciani

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L’Albisola 1966-67: l’allenatore Aulo Zuanni, Di Maggio, Berio, Tortarolo, Furci, Salomone, Traversa I, il dirigente Revelli; accosciati, da sinistra, Caserta, Vicenzi (futuro sindaco di Albissola), Gandolfo, Traversa II,Foglia la mascotte Revelli jr.

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L’Altarese edizione 1968-69: da sin. in piedi, Berio, Negrini, Berruti Lino, Gandoglia, Fornaciari, Berruti Giuseppe, il dirigente Pesce, il presidente Tavanti; accosciati, Giribaldi, Scarcia, Di Bartolo, Chiaruttini, Torcello, il dirigente Briano

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L’Andora matricola di lusso nella stagione 1968-69: da sin., Amoretti, il dott. Zunino, Arquà I, Bertaina, Arquà II, Damonte, Curtolo, Bertolino, Ghirardi; in ginocchio, l’allenatore Ossola, il dirigente Volpara, Trevia, Guardone, Giordano. Senarega, Ramoino, il d.t. Ferrario 

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Il Borghetto schierato per la prima volta nella sua storia sul terreno della Valletta di Savona (Freccero- Borghetto 3-1): da sin., in piedi, il vicepresidente Vacca (a lungo sindaco della cittadina), Dell’Amico, Canepa, Allegri, il massaggiatore Orsero, Pontanari, Barile, Baucia (all’epoca Don Baucia curato della parrocchia di Borghetto), il presidente Ghibaudi, l’allenatore Vacca (ex ottimo giocatore di Albenga, Vado, Loanesi); accosciati: Candotti, Bava, Richeri, Parodi, Palazzini, Parinello, Porinotti

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Il Ceriale 1968-69: da sin., in piedi, il presidente Galati, Durando, Tommasi, Rossi, Nicosia, Morena, Ascoli, Sciutto, l’allenatore Giovannelli, il dirigente Ottenga; in ginocchio, il dirigente Manfrino, Gianazzi, Didi Borzone, Cavallera, Rolando, Revetria, il massaggiatore Carboni

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Il Don Bosco di Savona stagione 1964-65: da sin., in piedi, Raselli, Giometti I, Parodi, Gianni Sibilio (futuro direttore generale Inps in numerose sedi regionali), Morasso, Olmeda, Soletto, Olivieri, Tambuscio; accosciati, Patetta, Calzia, Negro, Badoino (futuro medico), Bosio, Ghezzi 

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Il Freccero 1968: da sin., in piedi l’allenatore Giancarlo Tonoli, Avellino, Oberto, Cagnetti, De Crescenzo, Ferro, Peluffo, Crea, Astengo I (d.t.); accosciati, Vacca, Sardo, Astengo II, Pisà, Servetto, il dirigente Enrico Scotto

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La compagine del Leca di Albenga: da sinistra., in piedi, il massaggiatore Blandino, Morena, il presidente Pollio, Salvatico, Calò, Arrigo, Ivo Brancaleoni (più o meno 100 partite in Serie A e B con Torino, Bari, Como, Reggina), Enrico, il dirigente Chiaretti; accosciati, La  Guardia, Calarco con Calarco jr., Astengo I, Gilardino, Michero, Rolando, il parroco di Leca invitato nella foto. Era il giorno della festa patronale di San Michele, 29 Settembre, ed era in programma la partita con il Garessio, il vero derby nella zona dove gli abitanti si consideravano ancora, all’epoca (1967) contadini dell’entroterra. Così per celebrare il doppio avvenimento: derby e festa patronale i dirigenti invitarono il parroco. Per la cronaca la partita finì 2-2

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La Nolese edizione 1964-65: da sinistra in piedi, Boi, Rusticoni, Buftalmo, Ragusa, Aramini, Caracciolo;  accosciati, Ghelli, Messa, Rivellino, Pisano, Coco

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La Santa Cecilia vittoriosa nello spareggio con l’Andora (1968-69): da sinistra, in piedi, il vice presidente Gozzi, Venturini, Fiore, Siccardi, Parodi, Vizzini, l’allenatore Gaggero, il massaggiatore, Conradi, Benvenuti; accosciati Cutrupi, Invernale, Damiani, Ligresti, Danello, Tronchin, Rossi

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Boys Finalpia squadra vincitrice del primo campionato di Terza Categoria 1969-70

Grazie a tutti!

Non potevamo aspettarci di meglio.

Ieri sera, nella sala dell’Unione Industriali di Savona, moltissimi amici hanno accolto con gioia il nuovo prodotto della premiata ditta Angelini&Astengo, il libro “110 anni – racconti biancoblù”.

Ringraziamo di cuore i relatori:  il dott. Alessandro Berta direttore dell’Unione Industriali, Ilaria Caprioglio sindaco di Savona, l’avv. Roberto Romani presidente del centenario, Fabio Parodi statistico del Savona club Gazzano e Corrado Orcino giocatore e allenatore.

Fra il pubblico: l’attuale presidente del Savona FBC Cristiano Cavaliere, il DS Roberto Canepa, l’ex- presidente Enzo Grenno, il presidente della Camera di Commercio Luciano Pasquale (che in passato ha ricoperto la carica di vice presidente del club), molti ex-giocatori fra i quali Valentino Persenda e Giancarlo Tonoli, l’ex- vicepresidente Federico Ruegg.

Una menzione particolare va a Salvatore Fedele, curioso spettatore di parte catanese  che assistette alla famosa partita Catania – Savona del 1967, quando un goal fortunoso a 4’ minuti dalla fine sancì la retrocessione dalla Serie B.

E’ possibile acquistare il libro presso l’editore Delfino&Enrile, in via Scarpa 10R, a Savona.

 

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Corrado Orcino

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la platea

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Franco Astengo

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Valentino Persenda e altri amici

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Luciano Angelini

1899: LA PRIMA PARTITA INTERNAZIONALE IN ITALIA

 

a cura di FRANCO ASTENGO

Il 30 Aprile 1899, pochi giorni dopo la disputa della finale del secondo campionato italiano di calcio (16 aprile: Genoa-International Torino 3-1), si giocò a Torino, presso il Velodromo Umberto I, la prima partita internazionale di calcio nel nostro Paese. D fronte una squadra composta da una parte dai migliori atleti partecipanti  al campionato italiano (senza distinzione di nazionalità), dall’altra dai migliori foot –ballers presenti in quel momento nel campionato svizzero. Un primo anticipo quindi della storia della Nazionale Italiana di Calcio che avrà inizio molti anni dopo, nel maggio del 1910, all’Arena di Milano con la partita Italia-Francia 6-2.

Di seguito si riporta tutta la documentazione relativa all’eccezionale avvenimento apparsa sulla stampa dell’epoca. Gli articoli dei diversi giornali sono davvero da leggere con attenzione: uno spaccato emblematico degli usi della comunicazione all’epoca.

Andando per ordine.

La Gazzetta dello Sport, martedì 11 aprile 1899, pagina 3 (in largo anticipo allo svolgimento del match. Da tenere conto che lo spazio riservato al calcio all’epoca era molto ridotto essendo ciclismo, atletica, lotta gli sport più in voga).

Giochi sportivi. Football. Match internazionale a Torino.

Il giorno 30 Aprile avrà luogo in Torino nel Velodromo Umberto I il promo Grande match internazionale di football. Una squadra composta dai migliori giuocatori della Svizzera, considerata una delle più potenti d’Europa, capitanata dal sig. Dégérine di Ginevra verrà in Italia a sfidare i nostri fottoballers.

La squadra italiana sarà composta dai nostri migliori giuocatori scelti tra Torino, Genova, Milano e Firenze. Sarà un grandioso avvenimento. Per parte della colonia svizzera si preparano splendidi ricevimenti e feste.

Cominciano le richieste di biglietti e si prevede un’affluenza straordinaria di pubblico. Speciali facilitazioni d’ingresso saranno fatte alle scuole, istituti e collegi. Per schiarimenti, iscrizioni, biglietti, ecc, rivolgersi al signor A. Jourdan, Piazza Castello in Torino.

La Stampa, martedì 25 aprile, pagina 3.

Sport. Gran match internazionale di Football.

Domenica 30 corrente, alle ore 16, nel Velodromo Umberto I si terrà un gran match internazionale di Football. La squadra italiana, composta dai nostri migliori giuocatori scelti tra Torino, Milano e Genova, si troverà di fronte alla migliore squadra svizzera. Il Municipio di Torino ha offerto una splendida Coppa d’Onore per la squadra vincitrice.

La Gazzetta del Popolo, mercoledì 26 aprile 1899, pagina 4.

Football.

A domenica dunque il grande avvenimento nel mondo sportivo del Football. Nel Velodromo Umberto I alle ore 16 si terrà il primo grande match internazionale.

La squadra italiana, composta dai nostri migliori giuocatori scelti tra Torino, Milano e Genova, si troverà di fronte alla migliore squadra svizzera. Il Municipio di Torino ha offerto una splendida Coppa d’Onore per la squadra vincitrice.

La squadra italiana è composta dai signori: Agar, Savage, Kilpin, Weber, Leaver, Pasteur, Spensley, Bosio, Dobbie, De Galleani, Beaton. Quella svizzera dai signori Madler, Dègérine, Dewitt, Collison, Iweins, camper, Butler, Schimd, Suter, Williams, Therdicon.

Funzionerà da giudice il sig. ing. De Rote. Direttore il sig. Jourdan.

I biglietti si acquistano sino al giorno 29 presso il negozio “Old England” A. Jourdan in piazza Castello. Il giorno 30 al velodromo. Le scuole, Istituti, Società godranno del ribasso del 50% per l’acquisto di almeno 20 biglietti. Funzionerà il totalizzatore.

La Gazzetta dello Sport, venerdì 28 aprile 1899, pagina 4.

Football.

Un match a Torino

Cid ci scrive in data 23. Domenica 30 alle ore 15 avrà luogo un match di football tra la squadra italiana e una squadra svizzera nel velodromo Umberto I

La Gazzetta del Popolo, sabato 29 aprile 1899, pagina 4.

Alla Squadra Svizzera che  prenderà parte al match internazionale di football da tenersi domani, domenica, nel Velodromo Umberto  I, sarà offerto un pranzo nel salone del Circolo Svizzero alle ore 19. Le sottoscrizioni si ricevono dal signor A.Jourdan 8angolo piazza Castello e via Micca). La quota è di lire 6.

La Gazzetta del Popolo, lunedì 1 Aprile 1899, pagina 4.

Il match internazionale di football.

Si tenne ieri, nel Velodromo Umberto I, davanti ad un pubblico molto numeroso il match internazionale di football. Premio era la magnifica coppa in argento data dal Municipio di Torino.

Due squadre, una svizzera, l’altra italiana.

Componenti la squadra svizzera: Suter, Williams, Camper, Butler, Schimd, Madler, Dègèrine, Dewitt (capitano), Collison, Iwiens, goalkeepper Therdicon.

Squadra italiana: Agar, Savage, Kilpin, Weber, Leaver, Pasteur, Spensley, Bosio, Dobbie (capitano) De Galleani goalkeeper Beaton.

Referee: ing. De Rote Direttore: Adof Jpurdan, l’anima, l’apostolo del foot-ballismo a Torino.

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Eccoli schierati i 22 protagonisti con referee e Direttore. Gli “italiani” indossano la casacca a strisce bianco-celesti indossata dal Genoa in occasione della vittoria nel secondo campionato di calcio disputato in quello stesso anno 1899

La vittoria arrise alla squadra svizzera che ebbe ragione della squadra italiana, la quale le contese abilmente e valorosamente la palma del trionfo. Durante l’interessantissimo match, svoltosi con due mezze partite di 45 minuti cadauna, si ebbero due incidenti, ma non di grande importanza.

Due caduti, uno per una distorsione ad un piede, un altro per un colpo nel ventre,che però si rimisero in piedi subito.

Applausi  agli autori dei colpi più brillanti ed ai vincitori del match senza ombra di rancore.

La Stampa, martedì 2 maggio pagina 2

Ier l’altro, al Velodromo Umberto I, davanti ad un pubblico discretamente numeroso, venne disputato il Gran Match fra una squadra di svizzeri e una di italiani composta dai migliori giuocatori di  Torino, Genova, Milano. Dopo una viva lotta la squadra svizzera riusciva vincitrice per due punti e riceveva dalle mani dell’ing.Vicarj , assessore comunale, la coppa in argento donata dal Municipio di Torino.

Verso le ore 20 vincitori e vinti, si riunivano a banchetto, gentilmente invitati dall’infaticabile signor A.Jourdan, nelle eleganti sale del Circolo Svizzero. I commensali erano oltre quaranta ed ognuno può immaginare con quanta allegria sia trascorso il banchetto, in cui fraternamente brindavano giovanotti di parecchie nazionalità, ma dotati tutti di una esuberante allegria e animati dai migliori sentimenti di colleganza.

Allo champagne vi furono discorsi in francese, in inglese, in tedesco, in italiano, in rumeno, in genovese e in piemontese, tutti inneggianti all’educazione fisica, a Torino, al Municipio, al Circolo Svizzero, alla Stampa. Applauditissimi furono il signor Deslex, il signor Vicarj, rappresentante il Municipio, il signor Williams, il signor Pasteur, il signor Jourdan, che ringraziò tutti quanti presero parte al banchetto. I più caldi auguri si fecero per una prossima riunione che riunisca ancora tutti i giocatori di tutte  le nazioni, sempre pronti ad applaudire le singole manifestazioni dello sport.

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Due rare immagini di fasi di gioco dell’epoca

La Gazzetta dello Sport, venerdì 5 maggio 1899, pagina 3.

Giuochi sportivi.

Football.

Match di football a Torino.

Cid ci scrive in data 3.

Domenica ebbe luogo l’annunziato match di football fra la squadra svizzera e quella italiana. Mentre gli svizzeri cercavano di spingere il ball nel goal del campo italiano, avvennero due disgrazie: uno svizzero cadde a terra con una distorsione ad un piede e poco dopo un altro svizzero per aver ricevuto un pallone nel ventre cadeva a terra svenuto e dovè essere trasportato a braccia, in mezzo ai commenti del pubblico impressionato e commosso.

Terminata celermente la gara, rimasero vincitori gli svizzeri ai quali venne consegnata la coppa d’argento offerta dal Municipio di Torino.

La Gazzetta dello Sport, venerdì 12 Maggio 1899, pagina 4

Giuochi sportivi.

Football.

Da Torino

Il match Italo – Svizzero.

A proposito di questo match, ci scrivono che i due svizzeri colpiti durante il giuoco non lo furono che assai leggermente, tanto è vero che continuarono a giocare dopo quattro o cinque minuti di riposo.

Il pubblico non se ne commosse affatto e la gara finì nel tempo prefisso.

 

CICCIO VARICELLI: UN SAVONESE NELLA STORIA DELLA SPAL DOPO 51 ANNI TORNATA IN SERIE A 

 

di FRANCO ASTENGO

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Ecco la Spal nella stagione 1949-50 con il savonesissimo Ciccio Varicelli

Tutta l’italia calcistica e gli appassionati della storia del calcio hanno salutato con entusiasmo il ritorno della gloriosa Spal (acronimo di Società polisportiva ars et labor) in Serie A. I biancocelesti ferraresi, assenti dalla massima categoria fin dalla stagione 1967-68, oggi, dopo tante traversie e traversate nel deserto dei campionati minori, ritrovano il loro posto nell’Olimpo del Calcio Italiano dove erano saliti fin dalla stagione 1951- 52 nel corso della lunga era del comm. Paolo Mazza, prima giocatore poi allenatore e ancora presidente.

Mazza, un fior di competente, in seguito presidente del Comitato Tecnico Federale e Commissario Tecnico della Nazionale, capace di far vivere la sua società attraverso la crescita di giovani che poi via via erano ceduti a caro prezzo alle “grandi”. Sarebbero tanti gli esempi da fare in questo senso: dai primi grandi “colpi”, come quello del portiere Bugatti al Napoli e della mezzala Pandolfini alla Fiorentina, di seguito fino alle ultime scoperte Fabio Capello destinato alla Roma e Albertino Bigon al Napoli.

Il nostro racconto però non riguarda la storia della società ferrarese ma quella di un savonese che, come ben dimostra la foto sopra, ne ha fatto parte a pieno titolo.

Ricordiamo così Ciccio Varicelli, classe 1925 (scomparso prematuramente  nel 1989): epigono di una famiglia di sportivi fra i quali abbiamo occasione di ricordare il fratello Romolo, valente difensore dei Cicerin Boys, Albisola, Albenga, Villetta, Freccero grande protagonista nei tornei estivi, scomparso poche settimane or sono al quale inviamo un commosso pensiero.

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Eccolo Romolo Varicelli al centro della foto con il volto seminascosto dal palo, nella foto che illustra la copertina del nostro “Sognando la Serie A”. Una foto del tutto emblematica del clima agonistico che si respirava nel torneo dei Bar alla Valletta anni ’60

Torniamo a “Ciccio”: difensore acrobatico come usava all’epoca, tutto anticipo e rovesciate volanti: una vera “palla di gomma” alla maniera del genoano Tojo Sardelli che così era stato appellato dai giornali dell’epoca.

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Una formazione del Savona 1946-47 della quale ci onoriamo di aver conosciuto persone di grande livello morale e calcistico. Personaggi che per noi sono stati davvero maestri di vita: Felice Levratto, Gino Ghersi, Roberto Longoni, Ciccio Varicelli. Per loro il ricordo più commosso e affettuoso da chi redige questa carrellata di incancellabili ricordi. Da sinistra in piedi: Ivaldi, Levratto (all.), Pendibene, Puccini, Di Piazza, Zidarich, Ghersi, Bianchi; in ginocchio, da sin., Zanni, Varicelli, Longoni, Cappelli

Ciccio Varicelli aveva esordito in maglia biancoblu nella stagione ’45 -46 disputando con gli striscioni anche il campionato di Serie B ’46 -47: postosi in particolare evidenza, era stato ceduto alla Cremonese e da lì, nell’annata ’49 – 50 era passato proprio alla Spal.

Nella squadra ferrarese allenata dall’ex nazionale Janni, già allenatore del Torino nel periodo di guerra, Varicelli disputò una stagione di alto livello con 37 presenze, segnando anche un goal: esordio contro l’Alessandria con il risultato di 4-2.

La Spal si preparava al passaggio in Serie A che avvenne poi 12 mesi dopo: in quel campionato i ferraresi si piazzarono al quarto posto preceduti da Napoli e Udinese, promosse in Serie A, e dal Legnano. Alla fine della stagione Ciccio fu ceduto al Livorno e non partecipò alla spettacolare ascesa in Serie A.

Da Livono a Reggio Calabria fino al ritorno a Savona con la stagione 1956-57 e successivamente gli ultimi campionati con Albisola e Veloce per poi passare nei ranghi degli appassionati istruttori di giovani senza però dismettere le scarpe bullonate nei vari tornei dove è stato presente fino a ben oltre i 40 anni.

Il segno di un savonese nella storia della Spal era stato comunque segnato e valeva la pena ricordarlo oggi in questo giorno di festa per la società ferrarese.

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Questa foto ha assunto nel tempo un importante valore storico e affettivo per l’intero mondo del vecchio calcio savonese. Si tratta infatti della testimonianza dell’ultima partita giocata da Ciccio Varicelli (classe 1925), acrobatico terzino volante con Savona, Cremonese, Livorno, Spal, Reggina, ancora Savona e Veloce, uno dei giocatori più amati dal grande pubblico che assiepava sul vecchio campo di corso Ricci. Si tratta della rappresentativa Uisp che in parallelo con il Trofeo disputò un torneo vecchie glorie. Nella formazione ci sono nomi importanti per le vicende del calcio savonese anni ’50-60: da sinistra, in piedi, Franco Astengo, Gianni Pessano organizzatore del torneo, Riccardo Bisio, Luigino PIttaluga, sornione golaeador vadese, Dario Ricci storica bandiera della Priamar, Paolino Gaglione “ o rey” centrocampista di vero genio, Andrè Galindo protagonista con il Savona di tanti campionati e del ritorno in Serie C scomparso recentemente, l’aletta Marco Sfondrati. Accosciati, dopo la “mascotte”, Nico Vasconi, il giocatore di maggior classe nella generazione nata a metà degli anni ’40 (Priamar, Veloce, Albenga, tanti campionati in Serie D), Arturo Martinucci grintosissimo mediano e poi libero del Vado, Ciccio Varicelli, Elvio Curti acrobatico portiere (Altarese, Albisola, ma cresciuto con Galindo nel vivaio del Sibi del “mago” Danilo).

 

ANVERSA 1920: RINALDO ROGGERO UNICO CALCIATORE BIANCOBLU ALLE OLIMPIADI CON LA NAZIONALE 


di FRANCO  ASTENGO

Un solo giocatore savonese e militante nel Savona Fbc è riuscito a far parte della Nazionale Italiana: gli altri, che pure ci sono stati ed illustri, hanno sempre indossato la maglia azzurra quando militavano in altre squadre. Anzi due tra questi, quelli che hanno giocato in nazionale in tempi più recenti, non hanno mai militato nel Savona Fbc: Christian Panucci, dalle nostre parti, ha giocato con Vado e Veloce nelle categorie giovanili e sempre a livello di “ragazzi”; Stephan El Shaarawy con il Legino.

L’onore dell’abbinata biancoblu /azzurro è toccata soltanto a Rinaldo Roggero, “l’ala più veloce” degli anni ’20 , successivamente funzionario dell’Ufficio Tecnico del Comune e a lungo nei quadri dirigenziali del Savona Fbc con vari incarichi da allenatore a direttore tecnico, fidatissimo consigliere dei due presidentissimi: Noceti e Delbuono.

Ricordiamo Roggero sempre elegantissimo, il sempiterno farfallino, sguardo severo e indagatore verso noi giovani. Un signore d’altri tempi.

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Una formazione del Savona dell’epoca: in piedi, da sinistra, Ciarlo I, Falco, Ghigliano; al centro, Gaia, Romano, Colombo I; in ginocchio: Roggero, Perlo, Veglio, Esposto, Carlevarino. 

Il suo exploit in Nazionale si verificò davvero in una specialissima occasione, quella delle Olimpiadi di Anversa del 1920. Olimpiadi che avevano assunto il significato della rinascita per l’intera Europa e il mondo proprio perché disputate all’indomani della tragica carneficina della prima guerra mondiale (l’inutile strage, come era stata appellata dal Papa Benedetto XV, al secolo il genovese marchese Giacomo Della Chiesa): un segnale di affratellamento all’inizio di un ventennio di convulsioni drammatiche che avrebbero portato a un secondo immane conflitto, in quel momento inimmaginabile nella sua drammaticità.

Torniamo però al torneo di calcio di quell’edizione dei Giochi, un’Olimpiade che, in quel momento, rappresentava in quel momento il punto di massima espressione dell’intero movimento calcistico internazionale. I mondiali non erano ancora stati organizzati: Jules Rimet riuscirà nel suo intento, di mettere in piedi una rassegna iridata, soltanto nel 1930 in Uruguay.

Ad Anversa c’è la Gran Bretagna bi-campione in carica, nonostante la sua recente uscita dalla Fifa che, a differenza del CIO, non aveva voluto escludere le nazionali dei paesi sconfitti. Gli inglesi, come sempre rappresentati da una squadra amateur, fanno però poca strada e incassano dalla Norvegia agli ottavi la prima sconfitta in un torneo internazionale. C’è anche l’Egitto, in assoluto la prima nazionale extra-europea a partecipare a un torneo sotto egida FIFA. Tocca agli azzurri saggiarne la consistenza all’esordio. Ne esce un 2-1 per l’Italia, che, a leggere le cronache, pare non renda giustizia al gap tra le due squadre. Gli egiziani, comunque, non se andranno via a mani vuote e batteranno 4-2 la Jugoslavia in un match amichevole giocato il giorno dopo la finale per l’oro, forse per riempire il programma

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La Spagna: il mitico portiere Zamora è il terzo da sinistra, Samitier è il quinto da sinistra, Aranzadi “El Pichichi”, a cui è ancor oggi intitolato il trofeo per il capocannoniere del campionato,  è il giocatore col copricapo

Come nell’edizione precedente, infatti, la partita che assegna il titolo non è l’ultima a esser giocata in ordine tempo, perché c’è un secondo torneo che definire di consolazione è riduttivo, visto che stavolta assegna argento e bronzo. Seguendo la logica del sistema Bergvall, il tabellone è organizzato come segue: le quattro squadre eliminate ai quarti si scontrano tra loro finché non ne resta soltanto una, che sfida quindi le nazionali che hanno perso in semifinale e finale contro la vincitrice. Sistema decisamente complesso e terribilmente non omogeneo visto che lascia fuori dai giochi per le medaglie la Francia, sconfitta nella semifinale del torneo principale, mentre ripesca l’Italia, eliminata proprio dalla Francia ai quarti.

Ad ogni modo, sul secondo gradino del podio sale la debuttante Spagna, che annovera tra le sue fila il leggendario portiere Ricardo Zamora, l’allora diciannovenne Josip Samitier, che diventerà bandiera del Barcellona e segnerà più di 300 gol in maglia blaugrana, e il piccolo grande Rafael Moreno Aranzadi, in arte El Pichichi.
Gli spagnoli, dopo aver perso ai quarti col Belgio, battono nell’ordine Svezia, Italia e Olanda. Agli orange restano la gioia di aver fatto fuori 5-4 la Svezia ai quarti nel match più emozionante del torneo, l’amarezza della semifinale persa 3-0 col Belgio e la certezza del terzo gradino del podio, occupato per la terza Olimpiade consecutiva.

Il quadro a questo punto sembra completo. Manca solamente il tassello più importante, raccontare delle due finaliste, Belgio e Cecoslovacchia, e della controversa finale.

Il 2 settembre, giorno della finale, l’atmosfera sugli spalti non è delle migliori. Da un tunnel sotto la recinzione numerosi spettatori senza biglietto sono entrati nello stadio ed è stata schierata la polizia per evitare che entrino in campo. Nei confronti degli ospiti c’è del palpabile astio, un po’ per il loro gioco duro, un po’ perché qualcuno sulla stampa ha fatto passare la Cecoslovacchia come uno dei paesi iniziatori del conflitto mondiale da poco terminato. Un conflitto che ha ridotto il Belgio in macerie nonostante la sua proclamata neutralità.

A complicare il tutto il settantaduenne direttore di gara inglese Lewis, che al 6′ decide alla britannica: non fischia una netta carica al portiere Klapka, perché dalle sue parti randellare il portiere con la palla è lecito anche se non si è in un campo da rugby, e fischia invece rigore per i padroni di casa, perché un difensore cecoslovacco, convinto che il gioco fosse fermo, blocca con le mani la sfera che il suo portiere ha perso.Coppée si presenta sul dischetto e fa 1-0. I cecoslovacchi hanno i nervi a fior di pelle e lo scontro è solo rimandato. Al 43′, tredici minuti dopo il raddoppo di Larnoe in sospetto fuorigioco, il difensore Steiner entra duramente su Coppée, autore del primo gol, e Lewis invita Steiner ad allontanarsi dal campo sollecitato dal boato del pubblico. Il capitano Pešek-Káďa e gli altri non ci stanno e seguono il loro compagno espulso negli spogliatoi. La partita non riprende, anche perché gli spettatori tracimano sul terreno di gioco e portano i beniamini di casa in trionfo. I cecoslovacchi presentano una riserva scritta definendo provocatoria la presenza della polizia a bordo campo, contestando la condotta dell’arbitro. Non servirà a nulla: il Belgio si aggiudica la medaglia d’oro, la Cecoslovacchia è squalificata e non può neanche partecipare al torneo per la medaglia d’argento.

Se la Cecoslovacchia è stata effettivamente vittima di un accordo tra arbitro e avversari o se, invece, è stata più vittima di se stessa e del nervosismo provocato dall’ambiente ostile, non è facile stabilirlo. Di certo sappiamo che l’inviato de La Stampa racconta di un gioco da parte dei cecoslovacchi di una “durezza e brutalità inconcepibili” e non cita l’episodio del rigore. E che Belgio-Cecoslovacchia, finale delle Olimpiadi di Anversa, è la più importante partita della storia del calcio non portata a termine.

L’Italia disputò 4 partite, con 2 vittorie e 2 sconfitte, restando, restando eliminata dalla Spagna dalla corsa per l’argento.

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Ecco la nazionale italiana nel giorno della vittoria sulla Norvegia 2-1: da sinistra, in piedi, il “nostro” Rinaldo Roggero, l’allenatore Milano I, Sardi, Pio Ferraris, Badini II, Forlivesi;  al centro, Reynaudi, Parodi, Burlando; seduti, Rosetta, Campelli e Bruna.

Questi i tabellini delle gare disputate dagli azzurri.

Gand, 28 Agosto 1920

Italia – Egitto 2-1

Reti: Baloncieri, Daki Osman, Brezzi.

Egitto: Kamal Taha, Mohamed El Sayed, Abdel Salam Handi, Riad Shawky, Ali Fahmi El Hassan, Gamil Osman, Tewklif Abdullah, Aly Hassan, Husseyn Hegazi, Sayed Abaza, Dak Osman.

Italia: Giacone (Juventus), Bruna (Juventus) De Vecchi (Genoa) cap., Reynaudi (Novara), Meneghetti (Novara), Lovati (Milan), Sardi (Genoa), Baloncieri (Alessandria), Brezzi (Genoa) Santamaria (Genoa) Forlivesi (Modena). Forlivesi unico giocatore appartenente ad una squadra fuori dal Nord – Ovest.

Arbitro: Putz  (Belgio)

Anversa 29 Agosto 1920

Francia – Italia 3-1

Reti: Bard, Boyer, Brezzi su rigore, Bard.

Francia: Parsys, Huot, Baumann, Batlmale, Petit, Hugues, Devaquez, Boyer, Nicolas (futuro c.t. della Francia negli anni ’50 e ’60 scopritore dei vari Kopa, Fontaine, Piantoni), Bard, Dubly.

Italia: Giacone (Juventus), Bruna (Juventus), De Vecchi (Genoa) cap., Sardi (Genoa), Meneghetti (Novara), Lovati (Milan), Pio Ferraris (Juventus), Baloncieri (Alessandria), Brezzi (Genoa), Santamaria (Genoa), Marucco (Novara).

Arbitro: Cristophe (Belgio).

Anversa 31 Agosto 1920

Italia – Norvegia 2 – 1

(dopo i tempi supplementari)

Reti: Olson, Sardi, Badini II.

Norvegia: Watne, Aulie, Johnson, Mohn, Yalvorsen, Andersen, Paulsen, Olson, Hegelsen, Ehorwald, Lawelsen.

Italia: Campelli (Inter) cap., Rosetta (Pro Vercelli), Bruna (Juventus), Reynaudi (Novara), Parodi (Pro Vercelli), Burlando (Andrea Doria),Roggero (Savona), Sardi (Genoa), Pio Ferraris (Juventus), Badini II (Bologna), Forlivesi (Modena).

Arbitro: Fourgous (Francia).

Nel giorno di Roggero si segnalano, nella fila della Nazionale italiana, altri due esordi particolarmente illustri: quello di “Viri” Rosetta, pochi mesi dopo al centro del primo clamoroso caso di professionismo, con il passaggio (per 50.000 lire) dalla Pro Vercelli alla Juventus, e quello di Luigin Burlando, anche lui destinato a passare dall’Andrea Doria all’allora più blasonato Genoa, in tempo per vincere gli ultimi due scudetti della storia rossoblu. Burlando poi sarà il vice allenatore di Pozzo nell’Italia campione del mondo 1938.

Anche Rosetta vincerà un mondiale, ma da giocatore, con la squadra del 1934 e sarà protagonista nella Juve dei cinque scudetti consecutivi dal 1930 al 1935 costituendo con il portiere Combi e l’altro terzino, il casalese Umberto Caligaris, il più celebre trio difensivo nella storia del calcio italiano.

Anversa 2 Settembre 1920

Spagna – Italia 0

Reti: Moreno, Moncho.

Spagna: Zamora, Vallana, Otero, Sabino, Sancho, Artola, Silverio, Moreno, Sesumaga, Pagaza, Moncho.

Italia: Campelli (Inter), Bruna (Juventus) De Vecchi (Genoa) cap., Parodi (Pro Vercelli), Meneghetti (Novara), De Nardo (Spes Genova), De Marchi (Andrea Doria), Baloncieri (Alessandria), Brezzi (Genoa), Badini II (Bologna), Marucco (Novara).

Arbitro: Putz (Belgio).

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Rinaldo Roggero, primo a sinistra in piedi indossando il classico farfallino, ritratto con i suoi “striscioni” nella foto ricordo dei 50 anni di fondazione del Club. Tra i dirigenti in piedi, alla destra dei giocatori si riconoscono tre figure indimenticabili: lo storico segretario Gaetano Chiarenza, Stefano Delbuono e il dirigente Tonini. Indossano la gloriosa maglia a strisce bianco blu: in piedi, da sin., Traverso, Bruno,Vaccari, Zilli, Valentino Persenda, Cavo, Cavanna; in ginocchio, da sin., il massaggiatore Giannoni, Papes, Varicelli, Grillo, Pastorino, l’arbitro.

 

 

2 GIUGNO 1946: IL CALCIO AL TEMPO DELLA REPUBBLICA

 

di FRANCO ASTENGO

Il 2 Giugno 1946 si svolsero le elezioni per l’Assemblea Costituente e il Referendum istituzionale per la scelta tra Repubblica o Monarchia. L’Italia usciva così definitivamente dalla tragedia della seconda guerra mondiale nella quale l’aveva precipitata il regime fascista con la complicità di Casa Savoia e si avviava, molto faticosamente per la verità, verso la piena applicazione della democrazia e la ricostruzione materiale dell’enorme patrimonio che era andato distrutto con gli eventi bellici.

In allora si respirava l’aria della rinascita in tutti campi, compreso quello dello sport: il calcio in particolare. L’occasione è quindi buona per rievocare quel periodo e illustrare anche qual era la struttura del calcio italiano in quel difficile momento.

In realtà il calcio italiano non si era mai fermato neppure di fronte ai più tragici avvenimenti: lo imponeva la ricerca da parte di tutti di un minimo di “normalità” pur tra bombardamenti e rappresaglie. La passione collettiva era troppo forte e le squadre improvvisarono comunque improbabili formazioni affrontandosi in sfide a diversi livelli, sempre confortate dalla presenza del pubblico.

C’era chi, giocando, cuciva il pranzo con la cena grazie a generosi sostenitori che alla fine delle partite offrivano qualcosa da mangiare. Addirittura fu formata, dai soldati italiani in ritirata dalla Russia , una squadra che percorse l’Europa giocando sulla strada del  ritorno (del resto questo tipo di epopea è ben descritto in un magnifico film “Fuga dalla Vittoria” che ha tra i suoi protagonisti nientemeno che Pelè a fianco di Sylvester Stallone).

Restiamo in Italia: sono note le vicende riguardanti il campionato di guerra 1943 – 44, disputato su più gironi, che registrò alla fine il sorprendete successo dei Vigili del Fuoco di La Spezia allenati da Ottavio Barbieri sul “Grande Torino”.

Mal conosciute le vicende del campionato romano 1943 – 44 disputatosi tra il 5 Dicembre 1943 e il 28 Maggio 1944 (pochi giorni prima dell’ingresso degli alleati) quindi in pieno clima da “Roma Città Aperta”. Anzi, un recupero tra Juventus (Roma) e Tirrenia fu giocato il 2 Luglio, a liberazione avvenuta: la prima partita giocata nella nuova Italia. Prevalse la Lazio staccando di un punto la Roma, per questa classifica finale: Lazio 32, Roma 31, Tirrenia 25, Mater 17, Juventus 16, Vigili del Fuoco 15, Avia 15, Alba 10, Elettronica 10, Trastevere 9.

La Lazio aveva allineato questo formazione: Gradella, Valenti, Capponi, Lombardini, Andreolo (centromediano dell’Italia campione del mondo 1938), Longhi II, Manfrè, Manola, Gualtieri, Koenig, De Pierro; all. Canestri.

La Roma aveva schierato: Masetti (Blason), Pastori, Andreoli, Jacobini, Mornese, Milano, Kriezu, Borsetti, Amadei, Coscia, Pantò.

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Ingenuità delle figurine dell’epoca

Nelle fila delle Mater si era schierato anche l’allenatore Fulvio Bernardini, ormai quarantenne.

Al Nord, invece, tra il maggio e il luglio 1944 si erano disputate gare tra rappresentative regionali. A Milano il 14 Maggio la Venezia Giulia aveva superato la Lombardia con il punteggio di 3-1; quattro giorni dopo a Torino i lombardi si erano presi la rivincita battendo il Piemonte per 2-1 e, infine, a Trieste, il 9 Luglio 1944, la Venezia Giulia si impose sul Piemonte per 2-1 (il viaggio di ritorno dei piemontesi fu travagliatissimo e alla fine arrivarono a Milano poche ore prima della partita che sarebbe stata giocata e persa, il 16 Luglio, dai torinisti contro gli spezzini).

Questi i giocatori impiegati da queste rappresentative.

Venezia Giulia: Striuli, Pischianz, Gratton, Salar, Rancilio, Radio, Gordini (Degano), Stua, Ispiro, Trevisan, Eliani.

Lombardia: Franzosi (Rossetti), Monza, Passalacqua, Rigamonti (Bovoli), Todeschini, Campatelli, Penzo (Arcari IV), Martelli, Gaddoni, Coscia, Candiani.

Piemonte: Griffanti, Brunella (Piacentini), Rava (Di Gennaro), Depetrini (Piola), Parola (Ellena), Cadario (Gianmarco), Ossola, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II.

A Torino si disputò ma non si concluse il Torneo Fiat iniziato il 17 Febbraio 1945 e interrotto il 22 Aprile , nell’immediata vigilia dell’insurrezione generale, quando si doveva ancora disputare la partita di ritorno tra Juve e Toro e ai granata sarebbe bastato un pareggio.

Il Toro nel corso di questo torneo aveva schierato questa formazione: Agnisetta, Piacentini, Di Gennaro, Castelli, Ellena, Grezar, Cappello, Loik, Gabetto, Mazzola, Barbero.

La Juve aveva risposto con: Mosca, Fusero, Rava, Genta, Parola, Depetrini, Capaccioli, Sentimenti IV, Borel I, Borel II, Spadavecchia, Sentimenti III. Da notare che il portiere titolare Lucidio “Cochi” Sentimenti IV fu schierato stabilmente all’ala destra, ruolo nel quale aveva del resto già giocato alcune partite nel campionato di Serie A 1942 – 43, l’ultimo giocato regolarmente a livello nazionale.

A Genova, in una Liguria tagliata completamente fuori dalle comunicazioni stradali e ferroviarie, si giocò  (prima giornata il 22 Gennaio 1945) una “Coppa Città di Genova”. In pratica una sorta di torneo interno, con la partecipazione straordinaria della squadra della Marina tedesca. I tedeschi non si accorsero che tra gli avversari c’erano anche alcuni esponenti della Resistenza e comunque terminarono il torneo all’ultimo posto per questa classifica: Genoa 14, Liguria 13, Marina Italiana 8, Itala 4, Marina Tedesca 2.

Il Genoa aveva schierato la seguente formazione: Traverso, Andrighetto, Genta, Bonilauri, Allasio (padre di Marisa, bellissima protagonista in numerosi film con Maurizio Arena), Poggi, Neri, Bertoni I, Callegari, Zecca, Verrina (la “stella del Sud” futuro allenatore-giocatore del Savona).

Formazione del Liguria: Caburi, Merlo, Parena, Sandroni, Pisano (un uruguayano, lui, invece, milite delle Brigate Nere, ucciso il 25 Aprile dai partigiani in uno scontro a fuoco), Castignani, D’Alconzo, Bonistalli, Gè, Carissimi, Borri.

Ebbe  grande rilievo, nella primavera del 1945, il torneo benefico Lombardo la cui ultima giornata del girone d’andata si giocò proprio nella domenica precedente la Liberazione: a quel punto il torneo fu interrotto e ripreso nel mese di giugno e concluso nel corso dell’estate.

Questa la classifica finale: Como 32, Novara 28, Pavia 25, Vigevano 25, Ambrosiana-Inter 22, Milan 18, Legnano 18, Pro Patria 18, Lecco 15, Meda 6. Varese e Gallaratese si ritirarono al termine del girone d’andata.

Como: Romano, Pesenti, Lovagnini, Ramella, Mezzadri, Fattori, Cerri, Aebi, Zandali, Granata, Quadri; all. Benincasa.

Novara: Gradella, Rosetta, Soldani, Cadario, Gallea, Gianmarco, Alberico, Zidarich, Piola, Muci, Ferraris II.

Vigevano: Benedetti, Brunella, Pischianz, Costanzo, Castigliano, Arezzi, Molina, Buscaglia, Capra, Piana, Carapellese.

Al Sud si giocò anche un campionato pugliese 1943 – 44 fra tre squadre: Conversano, Rutigliano e Miraglia Brindisi. Conversano e Rutigliano terminarono alla pari ma il Rutigliano rinunciò allo spareggio.

Dopo la Liberazione di Roma si giocò un secondo campionato romano e questa volta i giallo-rossi si presero la rivincita superando i rivali laziali con questa classifica: Roma 22, Lazio 18, Italia Libera 18, Juventus Roma 17, Alba 11, Mater 9, Ala Italia 9, Trastevere 8.

Roma: Francalancia, Patori, Andreoli, Matteini, Piccinini, Jacobini, Kriezu, Dagianti, Amadei, Lombardi, Urilli.

Si giocò anche sulla linea gotica. Tra l’inverno 1944 e la primavera 1945 si disputò in Toscana un campionato suddiviso per gironi provinciali. Nel settore tirrenico risultarono finaliste la Pro Livorno e l’US Livorno, nella finale si impose la Pro Livorno per 4-1. Nel settore centrale si giocarono le finali tra Quarrata, Prato, Empoli, Santa Croce sull’Arno e Fiorentina.

La finale fu giocata tra l’Empoli e i viola che si imposero sia all’andata (1-0), sia al ritorno (3-2). La finalissima tra la vincente del settore tirrenico e quello centrale fu giocata il 29 Luglio 1945 sul campo neutro di Santa Croce sull’Arno.

Fiorentina – Pro Livorno 3 -1

RETI: 5’ Pandolfini, 8’ Morisco, 65’ Stua, 85’ Pandolfini.

Fiorentina: Innocenti, Buzzegoli, Piccardi, Parigi,Avanzolini, Valcareggi, Morisco, Penzo, Pandolfini, Biagiotti, Magherini

Pro Livorno: Giudici, Soldani, Lovagnini, Spagnoli, Mazzi, Capaccioli, Piana, Stua, Roffi, Zidarich, Martelli

Arbitro:  Ciabatti.

Dieci squadre nel campionato campano 1944 – 45 con questa classifica: Juve Stabia 30, Salernitana 29, Napoli 26, Scafatese 22, Portici 20, Frattese 16, Internapoli 12, Polizia Militare 10, Torrese 9, Casertana 6.

Juve Stabia: Chellini (poi portiere del Napoli, vittima di un drammatico incidente che lo costrinse in cecità), Circiello, Ciccone, Salvioli, Dolfi, Bentivoglio, Rossetti, Menti II (poi caduto con il grande Torino a Superga, a lui è intitolato lo stadio di Castellamare di Stabia), Carrubi, Dal Pas, Del Medico.

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Il Calcio Illustrato racconta il campionato romano

Nove squadre invece nel campionato abruzzese 1944 – 45 con questa classifica: Pescara 32, Chieti 22, Avezzano 20, Aquila 20, Vasto 18, Tocco 14, Penne 13, Virtus Lanciano 12, Pratola 4.

Pescara: Fabiani, Romagnoli I, Mincarelli, Ventura, De Angelis, Brandimarte I, Lanciaprima, Maturo, Tontodonati, Di Teodoro, Guarnieri.

Complicate le vicende del campionato siciliano 1944 – 45

Si disputarono quattro gironi eliminatori.

Girone A: 1. Alcamo; 2. Juventus Trapani.

Girone B: 1. Palermo; 2. la Corda Fratres di Termini Imerese.

Girone C: 1 Arsenalotti Messina; 2. Catanese.

Girone D: 1. Spal Caltanisetta; 2. Siracusa.

Queste 8 squadre giocarono due gironi di semifinale.

Girone A: Palermo 12, Alcamo 6, Corda Fratres 6, Juventus Trapani 0.

Girone B: Spal Caltanisetta 8, Siracusa 7, Catanese 5, Arsenalotti 4.

A quel punto si disputò un girone finale a tre: Palermo 8, Siracusa 3, Spal Caltanisetta 1.

Palermo: Calò, Todeschini, Tozzi, Conti, Moncada, Correnti, Di Falco, Di Rosalia, Riccobono, Di Bella (futuro allenatore degli stessi rosanero e soprattutto del miglior Catania di tutti i tempi nella serie A anni ’60 con Vavassori, Cinesinho, Szymaniak, Calvanese), Bazan.

A quel punto il calcio, a livello nazionale, ripartì subito fin dall’autunno del 1945.

Per ovviare alle enormi difficoltà di trasporto la Serie A fu suddivisa in 2 gironi. Quello del Nord e quello del Centro Sud  con girone finale tra le prime quattro classificate.

La Serie B fu riservata al Centro – Nord con 3 gironi eliminatori e girone finale. Si organizzò anche una Serie C . al Nord con 9 gironi, semifinali e finali, al Sud su 6 gironi. Fu organizzata, per le squadre eliminate dai campionati anche una Coppa Alta Italia.

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Il “Calcio Illustrato celebra il ritorno del derby Genoa – Andrea Doria

Queste le classifiche.

Serie A Alta Italia: Torino 42, Inter 39, Juventus 35, Milan 30, Brescia 30 (spareggio per l’ammissione al girone finale, doppia partita: a Bologna 1-1 dopo i tempi supplementari, a Modena: Milan-Brescia 2-1), Modena 26, Bologna 26, Triestina 26, Atalanta 21, Andrea Doria 21, Vicenza 20, Genoa 19, Venezia 17, Sampierdarenese 15.

Centro – Sud: Napoli 28, Bari 28, Roma 27, Livorno 26, Fiorentina 23, Pescara 18, Lazio 17, Salernitana 14, Siena 13, Anconitana 9.

Serie B.  

Girone A: Alessandria 30, Vigevano 30, Pro Vercelli 27, Novara 24, Casale 24, Biellese 21, Vogherese 21, Sestrese 20, SAVONA 17, Cuneo 12, Ausonia Spezia 12.

Girone B : Cremonese 33, Pro Patria 28, Lecco 27, Legnano 26, Como 24, Crema 23, Fanfulla 21, Pro Sesto 19, Seregno 18, Gallaratese 16, Mantova 16, Trento 13.

Girone C: Padova 29, Reggiana 29, Parma 28, Verona 28, Suzzara 26, Treviso 23, Pro Gorizia 22, Cesena 20, Spal 20, Udinese 18, Forlì 13, Panigale 8.

Girone Finale: Alessandria 15, Pro Patria 11, Vigevano 10, Reggiana 9, Cremonese 8, Padova 7.

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L’Alessandria capace di ritornare in serie A. Formazione (nella foto, in piedi ai due estremi,  gli allenatori Cattaneo e Sperone): Diamante, Rossi, Cassano, Ellena, Arezzi, Vitto, Rosso (u sciu Ninu, futuro trainer del Savona, un vero gentleman) Bassi, Stradella, Pietruzzi, Frugali.

Persistendo le enormi difficoltà nei trasporti una sola squadra ligure fu ammessa alla Serie C: lo Speranza, risarcito così  dagli enormi torti subiti durante il regime fascista quando nel 1927 fu imposto ai rossoverdi di confluire nel Savona.

Lo Speranza partecipò al girone D, quello piemontese con questa classifica: Asti 33, Virtus Volpiano 30, Divisione Cremona 26, Acqui 24, SPERANZA 23, Fossano 23,Saviglianese 23, ivrea 18, Piemont 18, Aosta 18, Saluzzo 17, Pinerolo 17, Veloces Biella 8.

Speranza: Guidetti, Testa, Roncallo, Milanesi, Bernardini, Ferrari, Rosso, Giusto, Aamadori, Vanara, Borgo (nelle fila dello Speranza grandi protagonisti del Savona anni ’30: Giulin Testa, Vanara e Borgo). Allenatore l’ex- genoano Valentino.

Gli altri gironi furono vinti da: Cormonese, Mestrina, Legnago, Vimercatese, Parabiago, Melzo, Stradellina, Carpi.

Classifica dei gironi di semifinale: Girone A: Mestrina 7, Cormonese 5, Legnago 0. Girone B: Asti 12, Stradellina 10, Vimercatese 8, Parabiago 7, Melzo 3.

Finale: ad Asti, Asti – Mestrina 0- 0; a Mestre: Mestrina – Asti 7-2.

Vincenti dei gironi del centro – sud: Prato, Perugia, Alba Roma, Gladiator Santa Maria Capua Vetere e Benevento ex- aequo, Lecce, Leone Reggio Calabria.

La Coppa Alta Italia fu disputata su 8 gironi eliminatori nei quali primeggiarono: Venezia, Vicenza, Atalanta, Novara, Genoa, Sampierdarenese, Modena e Bologna.

Il Savona partecipò al girone F con questa classifica: Sampierdarenese 8, SAVONA 7, Sestrese 5, Cuneo 4.

Nei quarti di finale il Genoa eliminò la Sampierdarenese, il Novara l’Atalanta, il Bologna il Vicenza, il Modena e il Venezia.

Nella semifinali Genoa-Novara 1-1 a Marassi;  1-0 per gli azzurri a Novara; Bologna-Modena 2-1 a Bologna; 1-1 a Modena. Doppia finale con duplice successo dei felsinei a Novara per 2-1 e al Comunale (oggi Dall’Ara) per 4-1. Successo finale del Bologna.

Si disputò anche un torneo post – campionato al Centro Sud.

Otto gironi vinti da: Lucchese, Pistoiese, Perugia, Anconitana, Pescara, Lazio, Salernitana, Palermo.

Il torneo però non si concluse: si disputò infatti un girone di semifinale con questa classifica: Pistoiese 8, Perugia 7, Anconitana 7, Lucchese 2. Nell’altro girone di semifinale Lazio e Palermo rinunciarono. La Salernitana così eliminò il Pescara in incontri di andata e ritorno (1-0 e 6-1) ma a suo volta rinunciò alla finale con la Pistoiese che fu dichiarata vincitrice del torneo a tavolino.

Torniamo però al 2 Giugno e al giorno delle votazioni per Referendum e Assemblea Costituente. Era in corso il girone finale di Serie A, iniziato il 28 Aprile e che si sarebbe concluso il 28 Luglio. In quel 2 Giugno non si giocò: tutta l’Italia, per la prima volta anche le donne, era impegnata con il voto. Si era giocato però tre giorni prima, giovedì 30 Maggio,  approfittando della festività del Corpus Domini.

Riportiamo allora di seguito i tabellini di quella che fu la sesta giornata del girone finale 1945-46, disputata proprio in quel giorno.

Milan – Inter 3-2

Reti: Penzo, Candiani, Gimona, Rosellini, Antonini.

Arbitro:  Scorzoni.

Milan: Rossetti, Cerri, Zorzi, Bonomi, Toppan, Tognon, Gimona, Antonini, Puricelli, Annovazzi, Rosellini.

Inter: Franzosi, Marchi Passalacqua, Cominelli, Milani, Campatelli, Fabbri V (il “Topolino” della fatal Corea), Cipolla, Penzo, Muci, Candiani.

Juventus – Torino 1-0

Rete: Piola su rigore.

Arbitro: Generoso Dattilo.

Juventus: Sentimenti IV (tornato tra i pali), Varglien II, Rava, Depetrini, Parola, Locatelli, Sentimenti III, Borel II, Piola, Magni, Conti.

Torino: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Guaraldo, Loik, Ossola, Mazzola, Ferraris II.

Roma – Bari 1-0

Rete: Jacobini.

Arbitro:  Bertolio.

Roma: Risorti, Brunella, Andreoli, Matteini, Salar, Schiavetti, Kriezu, Dagianti, Amadei, Jacobini, Pantò.

Bari: Costagliola, Fusco, Lenzi, Carlini, Capocasale, Isetto, Minelli, Orlando, Maestrelli, Calvani, Fabbri II. Maestrelli e Fabbri II si sarebbero poi rivelati due grandi allenatori: il primo (scomparso immaturamente) portando il Foggia in Serie A e vincendo lo scudetto addirittura con la Lazio nella stagione 1973-74; il secondo portando il Lanerossi Vicenza dei terribili bassotti e di Paolo Rossi al secondo posto alle spalle della Juve nel campionato 1977-78.

Napoli – Livorno 3-0

Reti: Verrina e Barbieri (2).

Arbitro: Cappucci.

Napoli: Sentimenti II, Pretto, Berra, Rosi, Andreolo, Milano, Busani, Di Costanzo, Gallanti, Verrina, Barbieri.

Livorno: Silingardi, Soldani, Lovagnini, Zidarich, Mannocci, Capaccioli, Piana, Roffi, Raccis, Stua, Voliani.

Il girone finale si concluse con il Torino campione d’Italia con questa classifica: Torino 22, Juventus 21, Milan 16, Inter 14, Napoli 13, Roma 11, Livorno 10, Bari 5.

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Il  Grande Torino campione d’Italia 1945 – 46

La stagione per i campioni d’Italia (uscenti e confermati) era iniziata proprio in Corso Ricci con una amichevole con il Savona concordata al momento del passaggio di Valerio Bacigalupo dagli striscioni  ai granata. Fu una grande festa vedere i campioni granata, da Mazzola a Valerio Bacigalupo, da Rigamonti a Gabetto, a Loik e Ossola, entrati nella Storia del calcio italiano.

23 Settembre 1945

Savona – Torino 0-7

Reti: 37’ Castigliano, 42’ Loik, 55’ Zecca, 61’ Rigamonti, 64’ Rigamonti, 85’ Guaraldo, 87’ Loik.

Savona: Pendibene (Caburi), Vignolo, Ciccio Varicelli (Tomei), Lamberto (Gino Ghersi), Zorzin, Calcagno, Ghiglione, Pierino Bacigalupo, Cappelli, Dodi, Labbate. All. Levratto.

Torino: Valerio Bacigalupo (Bodoira), Piacentini, Maroso, Castigliano, Gianmarco, Rigamonti, Guaraldo, Loich, Zecca, Mazzola, Ferraris II. All. Ferrero; d.t. Egri Erbstein.

Arbitro: Bernardi di Bologna.

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Un Savona dell’epoca: da sinistra in piedi: Roggero (d.t.), il colonnello Salvi, Ivaldi, Ghiglione, Cappelli, Zidarich, Longoni, Cereseto, Di Piazza, Delbuono (pres.); accosciati: Doglio (mass.), Puccini, Tonini, Zanni, Varicelli, Angelo Bacigalupo.

 

LE GRANDI IMPRESE ALL’ESTERO DELLA NAZIONALE ITALIANA DAGLI EROI DI HIGHBURY ALL’AZTECA 

 

a cura di FRANCO ASTENGO

Nei suoi 107 anni di attività la Nazionale Italiana di calcio ha vissuto avventure di vario genere, grandi vittorie, inopinate sconfitte, 4 titoli mondiali, una Olimpiade, un Campionato Europeo, tanti campioni protagonisti assoluti.

Molto ci sarebbe da scrivere. In questa occasione si ricordano alcune grandi imprese compiute dagli azzurri nelle trasferte all’estero. E,  come spesso ci accade, questa classifica risulterà anomala rispetto ai canoni consueti. Le tre vittorie mondiali (la prima, infatti, nel 1934 fu conseguita tra mura amiche dello Stadio di Roma), infatti, non risulteranno al vertice della nostra graduatoria, che anzi vedrà al vertice addirittura una sconfitta.

Andiamo per ordine.

LONDRA, ARSENAL STADIUM HIGHBURY

(Mercoledì 14 novembre 1934, ore 14,30)

INGHILTERRA – ITALIA 3-2

In quel tempo l’Inghilterra, sicura della propria superiorità a livello mondiale, non partecipava alla Coppa Rimet, limitandosi a sfidare la squadra vincitrice. L’onere della tenzone capitò così all’Italia di Vittorio Pozzo in un freddo e nebbioso pomeriggio di un mercoledì londinese (un vero e proprio “classico”.

I “maestri” si avventarono all’attacco e in 12’ segnarono tre reti e Ceresoli fu capace anche di parare un rigore. Inoltre Monti si era fratturato il dito di un piede e, non essendo previste sostituzioni, si era accomodato all’ala. Insomma: c’erano tutti i presupposti per una autentica  “goleada”. Invece gli azzurri, a poco a poco, uscirono dal guscio e, nel secondo tempo, grazie ad una fantastica doppietta di Meazza sfiorarono il pari, fallito per un soffio dallo stesso “Balilla” in giornata eccezionale.

Alla fine il 3-2 significò la legittimazione della capacità dell’Italia di essere considerata al vertice del calcio internazionale: si comprese in quel pomeriggio londinese il suo valore assoluto. Un risultato molto più importante della stessa finale giocata e vinta il 10 giugno dello stesso anno a Roma, avversaria la Cecoslovacchia.

Inghilterra: Moss, Male, Hapgood (capitano), Britton, Barker, Copping, Matthews, Bowden, Drake, Bastin, Brook; allenatore Cooch.

Italia: Ceresoli, Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, Monti, Bertolini, Guaita, Serantoni, Meazza, Ferrari, Orsi; c.t. Vittorio Pozzo.

Reti: 3 e 10’ Brook, 12’ Bastin, 58’ e 62’ Meazza.

Arbitro:  Olsson (Svezia)

Spettatori : 61.000.

1

VIENNA, Wiener Stadion Prater

(Domenica 24 Marzo 1935, ore 15)

AUSTRIA – ITALIA 0-2

I giovani d’oggi faticheranno senz’altro a comprendere il valore di una vittoria dell’Italia al Prater nel 1935. Si tratta del primo successo italiano in terra austriaca dopo che per decenni il Wunderteam aveva dettato legge in tutta l’Europa continentale e la sua roccaforte viennese considerata inespugnabile.

Un’impresa eccezionale quella della squadra italiana coincidente con l’esordio, con doppietta, di Silvio Piola, chiamato all’ultimo momento per sostituire Meazza infortunato.

Austria: Platzer, Pavlicek, Sestzak, Wagner, Simistik I, Zischek, Skoumal, Gschwidil, Sindelar, Kaburek, Pesser; c.t. Hugo Meisl.

Italia: Ceresoli, Monzeglio, Allemandi, Pitto, Faccio, Corsi, Guaita, Demaria, Piola, Ferrari, Orsi; c.t. Vittorio Pozzo.

Reti: 51’ e 81’ Piola.

Arbitro:  Lewington (Inghilterra).

Spettatori: 60.000.

2

Silvio Piola con la maglia della Pro Vercelli

BARCELLONA, Estadio Sarrià

(Martedì 29 Giugno e Lunedì 5 Luglio 1982, ore 17,15)

ITALIA – ARGENTINA 2-1

 ITALIA – BRASILE 3-2

Accomunate nel ricordo le due fondamentali partite del successo nei Mondiali ’82: due vittorie molto più importanti della stessa finale, giocate nel vetusto stadio Sarrià poi demolito per far posto a una speculazione edilizia (nessuno ha pensato, al momento della demolizione al fatto che in quello stadio fossero state disputate queste due storiche partite e che, qualche tempo prima, nello stesso scenario avesse disputato le sue ultime gare con la maglia biancoblu dell’Espanyol nientemeno che Don Alfredo Di Stefano).

Le due partite con Argentina e Brasile furono giocate dalla sfavoritisisima Italia di Bearzot quasi come una espressione emblematica di cinquant’anni di calcio italiano imperniato sul vecchio catenaccio: epiche le marcature di Gentile (con tanto di maglie strappate all’avversario stile Valentino Persenda) su Maradona e Zico e fulminanti contropiede di Paolo Rossi (in un caso anche un classico “contropiede a calciobalilla”).

Italia: Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali (dal 75’ Marini), Collovati, Scirea, Bruno Conti, Tardelli, Paolo Rossi, Antognoni, Graziani; c.t. Enzo Bearzot.

Argentina: Fillol, Olguin, Tarantini, Gallego, Luis Galvan, Passarella, Bertoli, Ardiles, Ramon Diaz (58’ Calderon), Maradona, Kempes (58’ Valencia); c.t. Menotti.

Reti: 57’ Tardelli, 67’ Cabrini, 83’ Passarella.

Arbitro:  Rainea (Romania).

Spettatori:  43.000.

Note: espulso Gallego all’84’.

Italia: Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati (34’ Bergomi), Scirea, Bruno Conti, Tardelli (75’ Marini), Paolo Rossi, Antognoni, Graziani; c.t. Bearzot.

Brasile: Valdir Peres, Leandro, Junior, Toninho Cerezo, Oscar, Luisinho, Socrates, Falcao, Serginho (69’ Paulo isidoro), Zico, Eder; c.t. Telè Santana.

Reti: 5’ Paolo Rossi, 12’ Socrates, 25’ Paolo Rossi, 68’ Falcao, 74’ Paolo Rossi.

Spettatori:  44.000.

3

L’Italia di Enzo Bearzot che conquistò nel 1982 il suo terzo alloro mondiale. In piedi: Zoff (capitano), Antognoni, Scirea, Graziani, Collovati, Gentile. Accosciati: Rossi, Conti,Cabrini, Oriali, Tardelli.

Dortmund, Wstfalienstadion

(Martedì 4 Luglio 2006)

Germania – Italia 0-2 

(dopo i tempi supplementari)

Anche in questo caso la semifinale vale più della finale. L’Italia di Lippi destinata a vincere il Mondiale nella finale con la Francia supera  di slancio nei tempi supplementari la Germania padrona di casa. Gli azzurri sciorinano, nell’occasione, una formidabile dimostrazione di calcio totale e il secondo goal, segnato da Del Piero, resterà a imperitura memoria come una gemma prestigiosa nella storia del calcio italiano.

Germania: Lehmann, Firedrich, Mertesacker, Metzelder, Lahm, Schneider (83’ Odonkor), Ballack, Khel, Barowski (73’ Schweinsteiger) Klose (111’ Neuville) Podolski; c.t. Jurgen Klinsmann.

Italia: Buffon, Zambrotta, Cannavaro, Materazzi, Grosso, Pirlo, Gattuso, Camoranesi (Iaquinta 91’), Perrotta (Del Piero 104’), Totti, Toni (Gilardino 74’); c.t. Marcello Lippi.

Arbitro: Archundia (Messico).

Reti: 119’ Grosso, 120’ Del Piero.

Spettatori:  65.000.

Berlino, Olympia Stadion

(Sabato 15 Agosto 1936, ore 16)

Italia – Austria 2-1

(dopo i tempi supplementari)

Si tratta della finale del torneo delle Olimpiadi di Berlino. Si gioca in un clima irreale: l’Austria si trova alla vigilia dell’Anschluss e il pubblico si dimostra esageratamente ostile agli italiani che schierano la formazione universitaria per rispettare lo spirito dilettantistico di Olimpia. La squadra di Pozzo però si impone inaspettatamente con una doppietta dell’occhialuto interista dott. Annibale Frossi, “il dottor sottile”, come sarà soprannominato in seguito quando intrapresa la carriera da allenatore (pur mantenendo il proprio impiego alla Pirelli) si dimostrerà particolarmente versato nell’applicazione delle novità tattiche (suo il motto: “la partita perfetta deve finire 0-0). Un successo, quello olimpico del 1936, un poco misconosciuto e assolutamente da rivalutare

Italia: Venturini,Foni, Rava, Baldo, Piccini, Locatelli, Frossi, Marchini, Bertoni, Biagi, Gabriotti; c.t. Vittorio Pozzo.

Austria: E. Kainberger, Kargl, Kunz, Krenn, Vallmuller, Hofmaister, Werginz, Laudon, Steinmetz, K. Kainberger, Fuchsberger; c.t. Hogan.

Reti: 70’ Frossi, 80’ K. Kainberger, 92’ Frossi.

Arbitro:  Bauwens (Germania).

Spettatori:  90.000.

Marsiglia, Velodrome

(Giovedì 16 Giugno 1938, ore 15)

Italia – Brasile 2-1

Un altro caso di vittoria mondiale nel quale la semifinale vale più della finalissima, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista agonistico. Gli azzurri incontrano per la prima volta il “Magno” e supponente Brasile, che ha già prenotato l’aereo per la finale di Parigi (sarà dirottato a Bordeaux per il 3°/4° posto) e ha scelleratamente lasciato a riposo il fuoriclasse Leonidas.

Un’altra vittoria del catenaccio e del contropiede all’italiana (anche se Pozzo non lo avrebbe mai ammesso) con Meazza che tirò il rigore decisivo trattenendo i pantaloncini con la mano poiché si era strappato l’elastico.

Italia: Olivieri, Foni, Rava, Serantoni, Andreolo, Locatelli, Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi; c.t. Vittorio Pozzo

Brasile: Valter, Domingos de Guia, Machado, Zeze Procopio, Martin Silveira, Alfonsinho, Lopes, Romeu Pellicciari, Luizinho, Peracio, Patesko; c.t. Pimenta.

Reti: 55’ Colaussi, 60’ Meazza rigore, 87’ Romeu Pellicciari.

Arbitro:  Wuetrich (Svizzera).

Spettatori: 35.000.

Ed ecco di seguito i tre tabellini delle finali mondiali vinte dall’Italia.

Parigi, Stade de Colombes

(Domenica 19 giugno 1938 ore 15)

ITALIA – UNGHERIA 4-2

Italia: Olvieri, Foni, rava, Serantoni, Andreolo, Locatelli, Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi; c.t. Vittorio Pozzo.

Ungheria: Szabo, Polgar, Biro, Szalay, Szucs, Lazar, Sas, Vincze, Sarosi I, Zsengeller, Tiktos; c.t. Dietz.

Reti: 5’ Colaussi, 7’ Titkos, 16’ Piola, 35’ Colaussi, 70’ Sarosi I, 82’ Piola.

Arbitro: Capdeville (Francia).

Spettatori:  60.000.

Madrid, Estadio Santiago Bernabeu

(Domenica 11 Luglio 1982 ore 20)

Italia – Germania Ovest 3-1

Italia: Zoff, Bergomi, Cabrini, Gentile, Scirea, Collovati, Bruno Conti, Tardelli, Paolo Rossi, Oriali, Graziani (7’ Altobelli, 89’ Causio); c.t. Bearzot.

Germania Ovest: Schumacher, Bern Forster, Kaltz, Karl Heinz Forster, Stielike, Briegel, Littbarski, Dremmler ( 62’ Hrubesch) Fischer, Breitner, Rummenige (70’ Muller); c.t. Dorwall.

Reti: 56’ Paolo Rossi, 69’ Tardelli, 80’ Altobelli, 83’ Breitner.

Arbitro:  Coelho (Brasile).

Spettatori:  90.000.

Berlino, Olympiastadion

(Domenica 9 luglio 2006)

ITALIA – FRANCIA 5-3 ai calci di rigore

(1-1 ai tempi supplementari)

Italia: Buffon, Zambrotta, Cannavaro, Materazzi, Grosso, Pirlo, Gattuso, Camoranesi (86’ Del Piero), Perrotta (61’ Iaquinta), Totti (61’ De Rossi), Toni ; c.t. Marcello Lippi.

Francia: Barthez, Sagnol, Thuram, Gallas, Abidal, Viera (56’ Diarra), Makelele, Ribery (100’ Trezeguet), Zidane, Malouda, Henry (107’ Wiltord).

Reti: 7’ Zidane su rigore, 19’ Materazzi.

Sequenza dei rigori: Pirlo (goal), Wiltord (goal), Materazzi (goal), Trezeguet (traversa), De Rossi (goal), Abidal (goal), Del Piero (goal), Sagnol (goal), Grosso (goal).

Spettatori: 72.000.

Espulso:  Zidane al 111’.

4

La squadra campione del 2006: da sinistra, in piedi, Buffon, Materazzi, Toni, Grosso, Totti; accosciati, Gattuso, Pirlo, Camoranesi, Cannavaro, Zambrotta, Perrotta.

Riprendiamo il filo del discorso con la partita che tenne svegli gli italiani (per la differenza di fuso orario in Italia erano le 23) in un crescendo di emozioni e con un’esplosione di gioia collettiva al gol della vittoria realizzato da Gianni Rivera. All’Azteca ora c’è una targa per ricordare quella fantastica partita. Fu anche il Mondiale della “staffetta” Mazzola-Rivera decisa da un criticatissimo (e a ragione) Valcareggi, secondo il quale i due non potevano coesistere.

Città del Messico, Estadio Azteca

(Mercoledì 17 giugno, ore 16)

ITALIA – GERMANIA OVEST 4-3 

(dopo i tempi supplementari)

Come non ricordare e in un certo senso celebrare la “sagra del goal” dell’Azteca, semifinale dei mondiali del ’70. Un’altalena di reti in crescendo nei tempi supplementari dopo che i 90’ erano trascorsi con il rabbioso arrembaggio dei tedeschi per cercare di rimontare il goal iniziale di Boninsegna. Poi, saltati tutti gli schemi, attacchi e contrattacchi fino al gran tocco di Rivera: pallone da un parte e Maier dall’altra.

Una partita epica. Tra gli inviati speciali dei giornali italiani c’era, per il quotidiano La Stampa, lo scrittore Giovanni Arpino. La sua fu una cronaca carica di pathos e di folle entusiasmo. Eccone uno stralcio: “Hanno vinto sgominando questa divisione “panzer” agguerriti e teanaci come tanti Sigfrido, disposti a lanciarsi leoninamente su ogni pallone, ad attaccare in colonne serrate di cinque sei uomini. E’ una festa feroce stanotte: sono salti i taccuini degli appunti, le coronarie, le corde vocali. Ci si abbraccia tra sconosciuti, si vedono italiani cinquantenni venuti da New York e da Forlì che si rotolano l’uno nella braccia dell’altro, come hanno fatto, sul campo, Riva e Boninsegna, Domenghini e De Sisti. Hanno vinto gli azzurri, la battaglia è+ stata epica e la spinta che la nostra squadra sentiva provenire da milioni di tifosi ha caricato a fondo una determinazione più virile…”.

La finale con il Brasile di Pelè finì 4-1 con un mare di polemiche per la manciata di minuti concessa da Valcareggi a Rivera nell’ormai inutile staffetta con Mazzola.

Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato (Poletti 91’), Cera, Domenghini, Mazzola (Rivera 46’), Boninsegna, De Sisti, Riva; c.t. Valcareggi.

Germania Ovest: Maier, Vogts, Patzke (65’ Held) Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Grabowski, Seeler, Gerd Muller, overath, Lohr (51’ Libuda); c.t. Schon.

Reti: 8’ Boninsegna, 90’ Schnellinger, 94’ Gerd Muller, 98’ Burgnich, 104’ Riva, 110’ Gerd Muller, 111’ Rivera.

Arbitro:  Yamasaki (Messico).

Spettatori:  105.000 circa.

5

Gianni Rivera abbracciato da Gigi Riva: il golden boy ha appena segnato il goal dello storico 4-3

Amsterdam, Olimpisch Stadion

(Giovedì  7 giugno 1928, ore 19)

Uruguay – Italia 3-2

Un’altra sconfitta inclusa nell’elenco delle grandi imprese della nazionale italiana. Per la prima vota gli azzurri affrontano una nazionale sud americana. Si tratta di quell’Uruguay campione uscente alle Olimpiadi (in questo caso si gioca ancora una semifinale: la prima raggiunta dall’Italia a questo livello) e che, dopo due anni, conquisterà anche il titolo di campione del mondo.

L’Italia gioca una grande partita, meritando senz’altro un risultato diverso dalla sconfitta: a metà del secondo tempo Andrade (la “meravilla nigra”) respinge sulla linea di pugno un tiro di Magnozzi destinato in fondo al sacco: l’arbitro non si accorge di nulla. Del “nostro” Felice Levratto la seconda rete degli azzurri.

Uruguay: Mazali, Canavesi, Arispe, Andrade, Fernandez, Gestido, Urdinaran, Scarone, Petrone, Cea, Campolo; c.t. Giannotti.

Italia: Combi, Rosetta, Caligaris, Pitto, Bernardini, Janni, Rivolta, Baloncieri, Schiavio, Magnozzi, Levratto; c.t. Rangone.

Reti: 9’ Baloncieri, 17’ Cea, 28’ Campolo, 31’ Scarone, 60’ Levratto.

Arbitro:  Eymers (Olanda).

Stoccolma, Rasunda Stadion

(Lunedì 1 Luglio 1912, ore 19)

Svezia – Italia 0-1

Vittorio Pozzo ha portato alle Olimpiadi di Stoccolma una squadra di “disponibili”, studenti e benestanti in grado di lasciare per 15 giorni le proprie occupazioni in un clima di puro dilettantismo. La nazionale italiana è nata da un paio d’anni e in trasferta non ha mai vinto (6-1 subìto a Budapest, 2-2 a Parigi, 3-0 incassato a La Chaux de Fonds e una sconfitta due giorni primi al primo turno a Stoccolma incassata dalla Finlandia per 3-2). Il successo arriva in questa occasione ai danni proprio dei padroni di casa. Una partita che non poteva mancare nella nostra rassegna.

Svezia: j.Boriesson, E.Boriesson, Tornquivst, Wicksell, Frykman, J. Gustaffson, Myhberg, Swenson, L. Boriesson, Dalstrhom, Ansen.

Italia: Campelli, De Vecchi, Valle, Binaschi, Milano I, Leone, Bontadini, Berardo, Sardi, Barbesino, Mariani C.T. Vittorio Pozzo

Rete: 30’ Bontadini

Arbitro Willing (Olanda)

Spettatori 2.500

Per chiudere un doveroso e incancellabile ricordo, quello dell’ultima partita (vittoriosa) degli eroi del Grande Torino caduto a Superga, in maglia azzurra.

Madrid, Estadio Chamartin

(Domenica 27 marzo 1949, ore 16,30)

Spagna – Italia 1-3

Spagna: Eizaguirre, Riera, Lozano, Gonzalvo III, Aparicio, Puchades, Epi, Silva, Zarra, Hernandez (46’ Cesar), Gainza; c.t. Eizaguirre, allenatore Passarin.

Italia: Bacigalupo, Ballarin, Becattini, Annovazzi, Rigamonti, Castigliano, Menti, Lorenzi, Amadei, Mazzola, Carapellese; c.t. Ferruccio Novo.

Reti: 9’ Lorenzi, 34’ Gainza rigore, 48’ Carapellese, 50’ Amadei.

Arbitro: Ling (Inghilterra).

Spettatori:  80.000.

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Il Calcio Illustrato celebra il successo degli azzurro – granata a Madrid

17 GIUGNO 1970, STADIO AZTECA LA LUNGA NOTTE CHE TENNE SVEGLIA L’ITALIA 

 

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La lapide murata all’ingresso dello stadio Azteca per ricordare la “partite delle partite”

Di Luciano Angelini 

Che notte, quella notte, come l’avrebbe commentata Fred Buscaglione. La notte è quella di mercoledì 17 giugno 1970. La più esaltante, intensa, emozionante, drammatica, indelebile nella (personalissima) storia della nazionale italiana. E’ la notte dell’Azteca, quella del mitico 4-3 sulla Germania,  semifinale del Mondiale 1970, quella del gol di Gianni Rivera, da “Abatino” (copyright Gianni Brera) a gigante, eroe, salvatore della patria calcistica, collante dal piede vellutato del tifo italico dalle Alpi alle Madonie. La notte più lunga, la notte della partita che ha tenuto sveglia l’Italia.

Non c’è e (probabilmente) non ci sarà mai più una partita bella e coinvolgente come quella dell’Azteca. Nemmeno quella, davvero magica, del 3-1 rifilato alla Germania nel Mondiale 1982, vittoria applaudita dal presidente Pertini felice come un bambino a fianco del re di Spagna. Era il Mundial di Paolo Rossi, Zoff e Scirea, Gentile e Cabrini, Tardelli e Bruno Conti, Altobelli e Oriali. Ma quella notte, la notte dell’Azteca, ha regalato emozioni mai più provate per una partita di calcio. Poteva essere breve, invece diventò lunghissima e felice. Grazie agli azzurri.

Ma chi non ricorda o almeno ha sentito il racconto di quella partita: la “madre di tutte le partite”. Chi l’ha vista nel salotto di casa, chi con gli amici al bar, chi al ristorante, chi in una sala parrocchiale o in un circolo aziendale aperti per l’occasione, chi allo spaccio di una qualsiasi caserma o in un club privato.  Chi, come me, in pizzeria:  “Da Nicola”, dove, se no. Perché da lui le serate erano un happening, un momento di relax tra pizze, bruschette, mozzarelle di Aversa, città natale del padrone di casa, e “sciuè sciuè”, in una cornice d’arte e cultura, sport e spettacolo. Un posto unico nel suo genere. Perché a Nicola va (anche) il merito di generoso mecenate per numerosi artisti ospiti (in tutti i sensi) del locale. Come ancora dimostra la galleria d’arte realizzata, negli anni a seguire, con le opere di grandi autori della prestigiosa “colonia albisolese”: Agenore Fabbri, Aligi Sassu, Mario Rossello (in tribuna all’Atzeca con l’attrice Merle Oberon, anche lei tifosa degli azzurri), Treccani, Caminati, senza dimenticare le frequentazioni di Lam, Jorn e Scanavino, e soprattutto il racconto, diventato leggenda, dei primi tagli di Fontana sui tovaglioli con i rebbi di una forchetta, al termine di una cena. E poi, le piastrelle, firmate dai protagonisti del mondo del teatro, della musica e dello sport, sono testimonianza dell’amicizia e della stima per Nicola e la sua ospitalità. Ed è una carrellata di grandi personaggi dello spettacolo: Gino Cervi, Paolo Stoppa, Lilla Brignone, Carmelo Bene, Peppino De Filippo, Adolfo Celi (il nemico di James Bond in “Operazione tuono” e tra i protagonisti di “Amici miei”), Ugo Tognazzi, Gassman, Mariangela Melato, Tino Buazzelli, Gianni Agus, Enrico Maria Salerno, Alida Valli,  Raf Vallone, Monica Gueritore, Alberto Lupo, Macario, Dapporto, Rascel, Walter Chiari, Cochi e Renato, Enzo Tortora; e poi Charles Aznavour, Katia Ricciarelli, Modugno, Milva, Tullio De Piscopo, Giorgio Gaber, Jannacci, Johnny Dorelli. Una passerella di ospiti pilotati da quel gran maestro di cerimonie, teatro, arte,  gastronomia, l’indimenticato Renzo Aiolfi.

Siamo alla notte più attesa. La notte della sfida tra Italia e Germania. Le ore scorrono lente e veloci nello stesso tempo: lente nell’attesa, veloci nell’inseguirsi di ansie e passioni. Il tutto tra sport, arte e gastronomia, con Nicola che detta i tempi in cucina e in sala. Alle 22,30 si chiude con le ultime bruschette. Poi giù la saracinesca. Resta la famiglia di Nicola con l’ampio parentado dei Sapia, i cognati Livio, Salvatore e Nicolino, e un ristretto gruppo di fedelissimi: oltre me, la mia futura moglie Lori con il cocker “Mia”,  l’onnipresente Enrico Fabbri, all’epoca corrispondente de Il Lavoro, Corriere Mercantile e testate varie dal nord al sud, eredità dei tempi del Savona in Serie B, il pittore Enzo Mannarà, autore dell’affresco della “Balena”. Parole in libertà verso il via. Molti si confrontano su una o l’altra tesi attraverso le cronache degli inviati dei grandi giornali. La stampa è spaccata. E noi pure. Due fazioni: “mazzoliani” e “riveriani”, l’eterno derby tra Inter e Milan. Sull’utilizzo dei due da parte del c.t. Valcareggi scorrono fiumi di piombo (nei giornali erano ancora i tempi delle linotype, fotocomposizione, tastiere e computer erano di là da venire).

Non mancano i motivi di contrasto. Dal gotha della carta stampata arrivano dal Messico reportage allarmati e critici dopo un girone eliminatorio tra molte ombre e poche luci (1-0 con la Svezia, gol di Domenghini; risicati 0-0 con Israele e Uruguay). C’è chi sposa le tesi di Gianni Brera, direttore del Guerin Sportivo e inviato de Il Giorno,  sempre caustico e criticatissimo per i suoi commenti su Gianni Rivera da lui ribattezzato “l’Abatino”;  chi quelle più attendiste di Gualtiero Zanetti, storico direttore della Gazzetta dello Sport, o dell’acuto ma colloquiale Giglio Panza, amato direttore di Tuttosport. Una cosa è certa. In Messico c’è davvero il fior fiore del giornalismo italiano: Totò Ghirelli, direttore del Corriere dello Sport e futuro addetto stampa del presidente Pertini; lo scrittore Giovanni Arpino per Il Giornale; Gino Toniolo per la Gazzetta del Popolo (storico quotidiano torinese all’epoca con forte presenza a Savona e Imperia, poi vittima della concorrenza con La Stampa); Maurizio Barendson e Gianni Minà della Rai-Tv; Paolo Bugialli e Nino Oppio del Corriere della Sera. Sono loro a fare opinione e a dividere i tifosi. “Caro padre –  scrisse a Brera uno dei figli – qui in Italia sei sulla bocca di tutti, e dovunque si vada non è possibile separare il tuo nome da ingiurie, bestemmie, minacce e preci a Rivera”, il che la dice lunga sul clima e sull’interesse dividente per la nazionale di Valcareggi.

Gli azzuri sono approdati alla semifinale dopo aver eliminato i padroni di casa del Messico (4-1: gol di Domenghini, Boninsegna, Rivera e Riva). Una vittoria corroborante. Ci attende la Germania. Non siamo favoriti. E anche tra noi affiora il pessimismo:  “I panzer ci schiacciano”. I gesti apotropaici si sviluppano da un tavolo all’altro mentre la tv in bianco e nero (il colore arriverà sette anni dopo) trasmette le prime immagini dell’Atzeca. Il commento è del quasi esordiente Nando Martellini, subentrato in corsa a Niccolò Carosio, epurato dalla Rai per uno scivolone sul colore della pelle del guardalinee etiope Tarekegn, colpevole di averci negato un gol contro Israele.

Si spera che Beckenbauer e compagni sentano la fatica della faticosa rimonta contro gli inglesi, battuti (3-2) nei tempi supplementari. Si comincia alle 16 ma qui sono le 23. Al nostro inno nazionale tutti in piedi. Emozionati e pieni di dubbi. Enrico (Fabbri), giornalista forte di trascorsi come di direttore tecnico della Stella Rossa, si interroga ad alta voce: “Chi fermerà Muller, chi terrà Seeler?”. Non resta che aspettare.

L’arbitro Yamasaki, messicano con avi giapponesi, fischia il via. Come previsto i “panzer” attaccano con germanico furore. “Ma noi siamo bravi in contropiede”, sentenzia ancora Enrico (Fabbri). Quasi una premonizione. Dopo sette minuti Boninsegna scambia con Riva e dal limite dell’area di rigore libera il possente sinistro: Maier è battuto, uno a zero. L’urlo “gooool” rimbalza da un muro all’altro della pizzeria. E diventa un boato liberatorio. Il cocker “Mia” si rifugia sotto un tavolo. Dal fondo della sala una voce smorza l’entusiasmo: “Abbiamo segnato troppo presto”. Sembra una maledizione. C’è una vita da giocare. Ma siamo in vantaggio. La Germania è come una belva ferita. L’area azzurra diventa Forte Apache. Burgnich salva su Muller, poi su Seeler; Albertosi para anche l’imparabile; al resto pensano Cera, Rosato e i pali. Le nostre coronarie e quelle di qualche decina di milioni di italiani, sono messe a dura prova. Si va al riposo. Nicola, da buon padrone di casa, passa tra le sedie, sistemate un po’ come al cinema, e distribuisce generi di conforto e pozioni di ottimismo partenopeo.

Si riparte. C’è Rivera al posto di Mazzola per la rituale “staffetta”, copyright Valcareggi. Enrico (sempre lui), interista sfegatato, si lascia andare: “Valcareggi non capisce un cazzo. Ci fa perdere la partita”. Ormai si sono sciolti i freni inibitori. Ci attendono altri 45 minuti di sofferenza. La Germania le prova tutte. Il c.t. Shon manda dentro Libuda, attaccante di fascia, per Lohr. Gli attacchi su susseguono a folate, ma non succede niente. Dentro anche Held, altra punta, per Patke. Emozioni a grappoli: sospiri di sollievo alle parate di Albertosi e ai salvataggi in extremis di Burgnich, Rosato, Facchetti e del cagliaritano Cera perno della difesa. Dà una mano anche Domenghini, tornante inesauribile, una specie di Candreva in anticipo di 47 anni.

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Tarcisio Bugnich, “servito” da Held su cross di Rivera, realizza il gol del 2-2

Ultimi giri di orologio. Yamasaki non fischia. Fioccano le maledizioni. Ormai si contano i secondi oltre il novantesimo. Dài e dài arriva la doccia gelata. All’ultimo assalto ci mette lo zampone Schnellinger, uomo Milan, e fa 1-1. Sconforto generale. “E’ finita, è finita”. Si va ai supplementari con i giocatori stremati. Pronti via e si fa male Rosato, già sostituto di Niccolai nel match d’esordio contro la Svezia. Entra il torinista Poletti. Per i pessimisti è “un segno del destino”. Nicola espone il tradizionale cornetto rosso anti malocchio. Non passano nemmeno cinque minuti e la profezia si avvera. Poletti invece di spazzare in tribuna tenta un goffo tocco per Albertosi: Muller si infila come un furetto e fa 2-1. “L’avevo detto”, commenta Salvatore Sapia o forse il fratello. “Tutti a casa”, rincara Fabbri. Ma non è mai detto. Perso per perso, tutti in avanti. Nell’area germanica si avventura pure Burgnich. Com’è, come non è, Rivera lo vede, lo cerca con un cross alto e molle. Held come in trance si fa rimbalzare la palla sul petto e la mette sul piede del Tarcisio. Gran botta e fa 2-2. Tutti abbracciano tutti: in campo, sulle tribune colorate di tricolore, nelle case, nei bar e, ovviamente da Nicola. Siamo ancora vivi. E si sta entrando nella leggenda.

Tensione altissima. Nemmeno sir Alfred Hitchcock, gran maestro del thrilling (per i non cinefili quello di “Uccelli”, “Finestra sul cortile”, “La donna che visse due volte”, “L’uomo che sapeva troppo” e via discorrendo), avrebbe saputo fare meglio. Si sta, perdonate la citazione, come sugli alberi le foglie. Appesi. Sospesi. In attesa del miracolo o della catastrofe. Cinque minuti lunghi una vita e capita l’incredibile: Rivera, sempre lui, mette in movimento Domenghini. L’infaticabile Domingo viaggia lungo la linea laterale e crossa per Gigirriva. “Rombo di tuono”, per dirla alla Gianni Brera, salta Shultz, ormai prosciugato dalla fatica, e di collo sinistro, il suo cavallo di battaglia, fulmina Maier: 3-2 per noi.

Urliamo tutti senza ritegno. C’è un abbraccio generale tra amici, parenti e sconosciuti. Esaltazione allo stato puro. Ancora 15 minuti per entrare nella storia senza passare dal via. Ma i tedeschi non si arrendono. La stanchezza è enorme si va avanti con la forza della disperazione: Kaiser Karl (Beckenbauer), braccio al collo con una spalla fuori uso, sembra il generale (in effetti era solo colonnello) Custer. Al minuto 109 brivido. Ci salviamo in calcio d’angolo. Batte Libuda, Seeler devia di testa, Muller ricolpisce di testa verso il palo opposto, dove è appostato Rivera. La palla corricchia lungo la linea. Il mondo azzurro la segue con il fiato sospeso. Entra non entra. L’Abatino è abbarbicato al palo, si contorce, s’impappina e la palla rotola in rete: 3-3. Albertosi gli ringhia contro,  si saprà che gli urlo “ti ammazzo”. Disperazione totale. Il mazzoliano Fabbri, arrochito come tutti noi, lancia il suo anatema: “L’avevo detto che Rivera ci avrebbe fatto perdere”.

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Rivera stretto nell’abbraccio di Gigi Riva subito dopo aver realizzato il gol del 4-3

Ma la notte è ancora lunga. Almeno 8 minuti. Ormai è saltato tutto, ruoli, marcature, schemi, disposizioni tattiche, lucidità. Tutto può succedere. E succede. Eccome se succede. Boninsegna, raccolte le ultime stille di energia, corre incontrastato sulla fascia sinistra. Una corsa sospinta da milioni di italiani, noi compresi. Sembra una sortita disperata. “Bonimba”, arrivato sulla linea di fondo, fa a spallate con lo spremutissimo Schultz. Una botta qui, una botta là, poi trova il varco per crossare, basso e perfetto. I “panzer”, a guardia di Gigirriva, dimenticano Rivera, solo soletto in mezzo all’area di rigore. La palla arriva precisa come un cronometro svizzero. L’Abatino guarda Maier, lo fa andare sulla sinistra e di piatto destro infila la porta. E’ il gol del 4-3. E’ la sua firma sulla Storia. Riva gli corre incontro, lo abbranca, lo travolge. Poi arrivano gli altri azzurri. Un mucchio selvaggio. Un delirio di emozioni, di entusiasmo, di gioia. Un fiume, uno tsunami di passione che travolge milioni di sportivi.

Una notte indimenticabile. Incancellabile. Come festeggiarla? Niente tappi di champagne da fare saltare. Nessuna follia, nessun carosello. Siamo esausti, arrochiti. Troppa stanchezza, troppa tensione. Che si fa? Qui ci vuole una bella camomilla. Dove andiamo?  Prendi l’auto che si va all’autogrill di Varazze.  Che notte, quella notte.

 

DALLA GAGLIARDI ALLA LOANESI UNA STORIA LUNGA 112 ANNI

 

di LUCIANO ANGELINI  e FRANCO ASTENGO

Vale la pena ricostruire la storia del calcio in quel di Loano, che inizia nel 1905 con la fondazione dell’US Gagliardi, mentre nel 1923 si formò l’US Loanese, trasformatisi poi in Dopolavoro Loanese e citata, con questa denominazione, nel primo Almanacco del Calcio (l’attuale “Panini”) pubblicato nel 1939.

Grazie al lavoro di dirigenti come Olivieri, Amico, Lorenza, le due compagini svolsero una intensa attività nel periodo compreso tra alle due guerre, disputando anche qualche campionato di I divisione..

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Loanese in trasferta sul terreno del Grondona di Pontedecimo. Formazione: Arduino, Martino, Baffico, Fasce, Rolandi, Ferrari, Pesce, Camino, Tassara, Naitana, Bruzzone.

Nel 1946 si registrò la fusione e nacque la Gagliardi Loanesi.

In quel tempo operava un grande animatore Giorgio Ellena che, dopo essere stato giocatore negli anni’30, assunse la presidenza della società nel 1948.

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L’Andrea Doria Loano 1930. L’ultimo degli accosciati, con il basco in testa, è proprio Ellena cui è ancor oggi intitolato lo stadio di Loano

A Ellena è dedicato l’impianto sportivo loanese, inaugurato con il torneo 1948 – 49 , con l’incontro Loanesi – Altarese.

Ad Ellena succedettero nel massimo incarico dirigenziale Podestà, Giubellini e Casarini.

Il primo grande successo arrivò con la stagione 1957 – 58. I rossoblu ( i colori erano stati scelti come omaggio per il Genoa dei 9 scudetti) si schierarono, per la prima volta, allo start del campionato di Eccellenza. Ricordiamo la “rosa” completa di quella storica squadra: Portieri Siccardi e Anselmi; Difensori, Bovero, De Biasi, Vignolo ( proprio il mitico Gino, già protagonista in Serie A con il Genoa e in Serie B con il Savona), Roncati, Boi, Rembado: Centrocampisti Biggi, Franchi, Detomin, Ricci, Mucci; Attaccanti: Spampinato (ex – velociano), Saglietto, Della Bona, Renato Antibo e Firpo.

Il decennio successivo, caratterizzato dalle presidenze Vacirca, Voltolini e Ballesio registrò una Loanesi da prime piazze. 3° POSTO NEL 60 -61; 6° nel 61 -62; 5° nel 62 – 63 e nel 63 – 64.

Sarebbero tantissimi i giocatori da citare, ma siamo costretti a limitarci all’essenziale, il potente Maritano, il classico Grazzini (già di Savona e Veloce), il genovese Thea, i vadesi Gaglione, Martinucci, Pittaluga, il micidiale Carlotto, il classico Testera, il roccioso Gian Negro, i portieri Vicini, Stagnaro, Nan.

Nella stagione 68 -69 furono ristrutturati i campionati e la Loanese fu nuovamente ammessa al girone unico d’Eccellenza, dopo aver disputato un ottimo torneo nel corso della stagione 67 -68, sotto la guida di Ermes Muccinelli, con gli ex – ingauni Luciano Testa e Ciotti, il portiere Sozzi, i difensori Maddalena e Fabio Calzolari e lo sgusciante Franco Battaglia.

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Ermes Muccinelli (a sinistra, con a fianco il suo sodale Giampiero Boniperti) allenatore di lusso della Loanese alla fine degli anni’60

Retrocessa in prima categoria con l’annata 70 -71, nonostante le ottime prestazioni del “motorino” Graziani, la squadra rossoblu tornò ai vertici del calcio ligure vincendo il campionato 72 -73: l’allenatore Pezzulich poteva contare sul portiere Piotto, i difensori Nasturzio, Damonte (successivamente entrato nei ranghi dirigenziali), Pesce; in mezzo al campo c’erano Montini, Sinagra, Magliano e di punta Lovetere. Nel frattempo erano sorte a Loano altre compagini come la Fulgor (che disputò qualche buon campionato anche in II categoria) la Veloce ed il Sampdoria Club.

Negli successivi concluse a Loano la sua carriera il portiere Paolo Merciai, già protagonista a Bari in Serie B ed a Savona in Serie C.

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Loanese in Eccellenza anni ‘70

Arrivarono tempi bui, con un declassamento fino alla seconda categoria.

Il riscatto arrivò con la presidenza Pizzorno: due promozioni consecutive (84 – 85 e 90 -91): nel frattempo si era realizzata la fusione con la San Francesco, che aveva portato in dote un florido settore giovanile.

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“Meo” Falco, scomparso recentemente, una colonna del calcio a Loano (anche con la mitica Fulgor) da giocatore e da allenatore, per tanti anni

Il campionato 91 -92 registrò il ritorno della Loanesi nei ranghi del torneo di Eccellenza: allenatore Tonoli che disponeva, tra gli altri, dei due Burastero, Caramello, Persenda, Meneghetti, Miotti; Villa.

Seguirono alcune ottime stagioni (ricordiamo in panchina lo “zonista” Fulvio Piovano), con il lancio di un ottimo allevamento di giovani calciatori curato dall’infaticabile Giuseppe Burlando che chiamò a Loano fior di istruttori: da “Victor” Panucci a Mauro Bonanni a “Lallo” Bossolino.

Siamo arrivati, così, alle stagione 2003 – 2004: con  la presidenza Piave, l’avvento alla direzione tecnica del plurivittorioso Flavio Ferraro e l’acquisto di tanti giocatori importanti che hanno trascinato la Loanesi, per la prima volta, a disputare un campionato fuori dai confini regionali.

Il successivo torneo di Serie D 2004 – 2005 registrò un’agevole salvezza vanificata improvvisamente, un vero e proprio fulmine a ciel sereno, dalla scoperta da parte della Federazione di irregolarità amministrative che costarono la retrocessione d’ufficio.

Da allora per la Loanese non siè più verificata l’opportunità di uscire dal contesto dei campionati regionali pur essendo state allestite buone squadre.

Nella stagione appena conclusa la squadra rossoblu si è piazzata al nono posto nel girone A della Promozione.

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Loanese 20156- 2017