L’EX BIANCO BLU MADDALENA TRA I FONDATORI DEL “NUOVO” SAVONA

Tra i soci fondatori del “nuovo” Savona, capitanati da Enzo Grenno, il presidente della vittoria in Coppa Italia, figura anche Umberto Maddalena, titolare a Savona di una importante agenzia di viaggio, grande amico del nostro blog, e in passato validissimo difensore sia in maglia bianco blu sia successivamente con Loanesi in Promozione e Villetta in prima categoria.

A lui in particolare e ai protagonisti di quella indimenticabile esperienza dedichiamo una specialissima ricostruzione.

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Nella stagione 1966 – 67, l’anno della Serie B, Umberto risultò infatti uno dei pochi ad essere confermato dalla squadra juniores bianco blu schierata nella precedente stagione per affrontare nel Campionato De Martino molte squadre di Serie A, come vedremo nel dettaglio. Formazione De Martino che, con con un organico di lusso, compì belle imprese sotto la guida prima di Vincenzo Occhetta e, in seguito essendo passato Occhetta a dirigere la prima squadra, dell’indimenticato Agostino Maccio’.

Questo il dettaglio di quel campionato tratto dalle cronache di “Riviera Notte” dell’editore Marco Sabatelli

L’ORGANICO DELLA SQUADRA

Giovedì 13 Settembre, “Riviera Notte” da conto dell’organico.

Squadra “De Martino”

Portieri: Iannicelli Piero (1947), Sommariva Angelo (1940).

Difensori: Budicin Sergio ( 1947), Maddalena Umberto (1947), Ratti Umberto (1940), Vannini Eugenio (1946).

Centrocampisti e attaccanti: Basili Pierangelo (1947), Dalle Crode Renzo (1946), Rizzo Mario (1947), Rollando Lorenzo (1942), Gallione Ortez (1941), Pietrantoni Carlo (1941)

JUVENTUS – SAVONA 1-1

Esordio con i fiocchi per la seconda squadra bianco blu che sabato 1 Ottobre 1966 impatta 1-1 con la Juventus al Campo Combi (che sorgeva proprio di fronte all’allora Stadio Comunale oggi Olimpico).

Juventus: Buglioni, D’Andrea, D’Alessandro, Reggianini, Coramini, Roveta, Santin, Illiano, Zandoli, Paletti, Vastini.

Savona: Tonoli, Maddalena, Budicin, Bruno, Gardella, Vannini, Lacota, Rizzo, Basili, Pietrantoni, Recagni (il Savona ha utilizzato quattro giocatori di prima squadra come Tonoli, Bruno, Pietrantoni e Recagni e fatto esordire Franco Lacota, talento purissimo di grande classe sciupato da una davvero “vita balorda”).

TORINO – SAVONA 0-0

Seconda trasferta a Torino e altro risultato eclatante: 0-0. Si è giocato addirittura in via Filadelfia (stadio ancora in attività a quel tempo: il vero “monumento “ del calcio italiano dove aveva vissuto tutta la sua epopea il “grande Torino”). Firma il servizio per “Riviera Notte”, tal Lucio Stengo, un collaboratore del quale si sono perse le tracce anche se è rimasto nel cuore.

Torino: Sattolo (addirittura, tanto per dare un’idea del livello del torneo), Depetrini, Fossati, Bolchi, Bordignon, Vignando, Franzoni, Varnier, Carelli, Brondi, Giannini. Un Toro che allineava quindi Sattolo, Fossati e “Maciste” Bolchi, plurinazionale.

Savona: Tonoli, Maddalena, Budicin, Ratti, Bruno, Vannini, Dalle Crode, Rizzo, Basili, Pietrantoni, Recagni (cinque giocatori di prima squadra in campo oltre all’esordio di “Crodino”, al secolo Renzo Dalle Crode, acquistato come grande speranza dalla Solbiatese ma purtroppo rivelatosi, almeno nella stagione in biancoblu, impalpabile e non all’altezza delle aspettative).

SAVONA – MILAN 0-1

La prima sconfitta arriva invece il 22 Ottobre tra le mura amiche del Valerio Bacigalupo. Il Milan passa per 1-0.

Savona: Tonoli, Maddalena, Budicin, Ratti, Bruno, Vannini, Dalle Crode, Rizzo, Basili, Pietrantoni, Recagni.

Milan: Vecchi, Grossetti, Pigozzi, Mazzola, Giacomin, Daolio, Saltutti, Cassaghi, Innocenti, Faloppa, Milanesi (molti anni dopo,  stagione ’77- 78, Faloppa sarà vice-campione d’Italia con il Vicenza di Paolo Rossi; Vecchi e Saltutti giocheranno a lungo in serie A).

SAVONA – ALESSANDRIA 4-2

La squadra De Martino compie una vera impresa travolgendo l’Alessandria, sabato 5 Novembre, per 4-2 nel fango del Bacigalupo, grazie ad una tripletta di Ettore Recagni (moglie bellissima, cliente apprezzatissima di Carisa), purtroppo quasi mai convincente quando utilizzato in prima squadra, e ad un goal di Pier Basili, centravanti di sfondamento che poi sarà ceduto all’Albenga e da lì partirà per una carriera di alto livello con Modena, Avellino, Lecce, Parma, Udinese.

Savona: Sommariva , Maddalena, Budicin, Ratti, Bruno, Vannini, Benigni, Rizzo, Basili, Pietrantoni, Recagni.

Si tratta dell’ultima partita in biancoblu per questa stagione di Carletto Pietrantoni, uno dei protagonisti della promozione in Serie B, che a novembre sarà ceduto al Frosinone allenato dal “fornaretto” Amadei. Una liquidazione che si può considerare, anche a distanza di tanto tempo (all’epoca Riviera Notte contestò con forza la cessione), come eccessivamente frettolosa. Pietrantoni, oggi pensionato delle Ferrovie, ancora oggi non tralascia di esternare il suo amore per il Savona e per la città.

Alessandria: Cassini, Rossi, Gaia, Nascimbene, Pinato, Griffi, Stradella, Berta, Sogno, Gorrino, Bonfanti (in futuro titolare di Milan e Inter).

SAVONA – SAMPDORIA 2-1

Ancora la  De Martino, sabato 7 Novembre. Giornata storica: non solo è battuta la Sampdoria, ma esordisce anche Glauco Gilardoni. Segnerà 15 goal (come Pierino Prati, un affettuoso ricordo) in Serie B ma soprattutto, immesso in prima squadra otto giorni dopo, sarà l’autore della “sassata” che affonderà il Genoa in un derby giocato al “Bacigalupo” davanti a 20.000 spettatori. Una vittoria storica, forse uno dei momenti più intensi e carichi di pathos per gli sportivi savonesi. Per i rossoblu un boccone indigesto e incancellabile.

Savona: Sommariva, Maddalena, Budicin, Ratti, Bocchia, Vannini, Dalle Crode, Rizzo, Rollando, Recagni, Gilardoni

Sampdoria: Valeri, Monticolo, Forante, Arnuzzo, Garbarini, Di Puccio, Sabadini, Cappanera, Bini, Ghio, Fotia (mica roba da poco: Arnuzzo, Garbarini,  “Tato” Sabadini, Ghio, Fotia, futuri titolari).

SAVONA – TORINO 1-3

Brutta sconfitta invece subita in casa il 26 febbraio dalla squadra De Martino, avversario il Toro che si impone per 3-1 al Bacigalupo. Un Toro extra lusso come al solito che negli “11” comprende Poletti, Pestrin, Rampanti, Facchin: tutta gente titolare in Serie A con Poletti addirittura in Nazionale e in campo nel famoso Italia-Germania 4-3 al Messico).

Reti: Centazzo 29’, Facchin 34’, Pestrin 64’, Fazzi 70’.

Savona: Pascali, Maddalena, Budicin, Bruno, Persenda, Natta, Basili, Menconi, Fazzi, Rizzo, Dalle Crode.

Torino: Colombo, Giovannini, Limena, Maghini, Poletti, Pestrin, Franzoni, Rampanti, Centazzo, Brondi, Facchin.

MILAN – SAVONA 4-0

Sabato 4 Marzo invece brutta sconfitta per la De Martino, travolta a Milanello per 4-0.

Reti: 12’ e 75’ Carniglia, 79’ e 82’ Mora.

Milan: Belli, Giacomin, Pigozzi, Stucchi, Cassaghi, Daolio, Mora, Carniglia, Faloppa, Giacomini, Milanesi.

La formazione del Milan può essere giudicata “stellare”. Ci sono Daolio, che a Parma i tifosi soprannomineranno “Mozart” per la qualità del suo gioco; Carniglia, un argentino figlio d’arte che sarà titolare nella Samp; Massimo Giacomini fine dicitore, Faloppa futuro vice – campione d’Italia con il Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e soprattutto Brunin Mora, una delle più forti ali tornanti nella storia del calcio italiano, cresciuto nella Samp poi alla Juve e al Milan, capitano della Nazionale, sfortunato per un drammatico incidente  (tibia e perone in uno scontro con il portiere del Bologna Bibi Spalazzi).

Savona: Pascali, Budicin, Maddalena (all’ottimo Umberto toccò l’ingrato compito di marcare Mora), Vannini, Bruno, Natta, Rollando, Rizzo, Fazzi, Menconi, Basili.

SAVONA – LECCO 1-1

Sabato 12 Marzo, invece, pareggio per la De Martino: 1-1 con il Lecco. Partita definita dal cronista di Riviera Notte “ (in quegli anni leader dell’informazione sportiva a Savona e provincia con record di vendite) al piccolo trotto”.

Reti: 60’ Recagni, 75’ Canella.

Savona: Pascali, Budicin, Maddalena, Vannini, Persenda, Natta, Rollando, Rizzo, Menconi, Gardella, Recagni.

Lecco: Pulici (futuro campione d’Italia con la Lazio nel ’73- 74) , Grossetti, Brusadelli, Marelli, Pasinato (un gigante rompi tutto anche in Serie A), Laurenti, Canella, Cingoli, Callegari,Del Barba, Iaconi (in seguito allenatore di molte squadre specialmente nel centro – sud)

SAVONA – GENOA 0-2

Per la De Martino, invece, altra sconfitta casalinga il 15 aprile 1967 dal Genoa, con doppietta del futuro biancoblu Massucco.

Savona: Pascali, Maddalena, Budicin, Gardella, Bocchia, Natta, Rollando, Gittone, Basili, Rizzo, Dalle Crode

Genoa: D’Orsi, Lancioni, Ferrari, Panara, Turone (Maurizio Ramon si stava affacciando in quel momento alla prima squadra rossoblu), Bedin, Vitali, Codognato, Cappellaro, Massucco, Corucci (altro protagonista dell’ascesa del Savona in Serie B, relegato nelle riserve dal Genoa)

SAVONA – NOVARA 3-0

Sette giorni dopo netto successo per la De Martino savonese: 3-0 al Novara al Bacigalupo.

Reti: 12’ 41’ Fazzi, 73’ Dalle Crode.

Savona: Sommariva, Maddalena, Budicin, Vannini, Bocchia,  Natta, Basili, Rizzo, Fazzi, Dalle Crode, Rollando.

Novara: Banfi, Maino, Colla, Sala, Udovicich (un “mostro sacro” per i tifosi novaresi), Radaelli, Giannini, Vianello, Poirè, Fedato, Schilirò (qualche anno dopo nelle fila della Biellese avrebbe condannato, con un suo goal, il Savona ad una sconfitta casalinga).

QUANDO LA NAZIONALE RITORNO’ DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

QUANDO LA NAZIONALE RITORNO’ DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Questo 2020 contrassegnato dalla pandemia ci ha fin qui tolto il piacere di assistere alle partite della promettentissima nazionale guidata da Roberto Mancini.

In attesa per consolarci allora guardiamo alla storia e risaliamo all’indietro esattamente di 100 anni: un secolo fa.

1920: torna in campo dopo 5 anni di inattività la Nazionale Italiana.

In mezzo la tragedia della prima guerra mondiale, con alcuni azzurri, fra i quali il capitano dell’Inter Fossati e il genoano Ferraris caduti sul campo.

A Luigi Ferraris, nel 1933, sarà dedicato lo stadio di Marassi.

Il campionato, interrotto nel corso dello svolgimento delle finali della stagione 1914 – 15 (scudetto assegnato d’ufficio al Genoa) era tornato nell’autunno del 1919 e finalmente fu possibile programmare le partite della Nazionale che, nel corso di quella stagione, sarebbe stata chiamata anche alla durissima prova delle Olimpiadi di Anversa ( i Mondiali non esistevano ancora e il torneo di calcio delle Olimpiadi rappresentava la massima competizione internazionale).

La nazionale italiana tornò così finalmente in campo il 18 gennaio 1920 in una amichevole contro la Francia disputata a Milano. La partita rischiò pure di non giocarsi, a causa della precarietà dei collegamenti ferroviari internazionali, che ritardò di un giorno l’arrivo della nazionale francese. Infatti la partita era in programma il 17 gennaio ma il mancato arrivo della nazionale francese fece pensare al loro forfait e gli organizzatori comunicarono che la nazionale azzurra avrebbe affrontato, in sostituzione dei transalpini, una rappresentativa militare. Tuttavia, il giorno successivo si scoprì che i francesi avevano semplicemente ritardato il loro arrivo di un giorno senza preavviso. Dopo aver pernottato in Svizzera, la mattina del 18 gennaio presero il treno per Milano, giungendo alle 12. La partita si poté così disputare, alle ore 15.

Poiché all’entrata in campo ci si rese in campo che entrambe le nazionali avevano colori molto simili, tale da rendere difficile distinguere giocatori di squadre differenti, si ebbe il problema che l’Italia non disponesse al momento di una divisa di riserva di colore diverso. Fu Luigi Maranelli, fondatore dell’ULIC (una federazione indipendente dalla FIGC che organizzava campionati calcistici giovanili provinciali), a risolvere il problema fornendo alla nazionale italiana le bianche casacche della “Nazionale Lombardia”, una delle due squadre che si erano esibite nell’avanspettacolo sul campo del velodromo Sempione. Queste bianche casacche erano malridotte ma i giocatori italiani si accontentarono, e vi fu pure chi cucì lo scudetto dei Savoia sulla casacca del portiere Cameroni per distinguerlo dai calciatori di movimento. La partita finì 9-4 in favore dell’Italia. Fu un nuovo inizio per l’Italia, ancora una volta contro la Francia, ancora una volta in maglia bianca in una partita giocata allegramente, senza schemi tattici da seguire.

Cevenini III

Cinque i superstiti della squadra che aveva affrontato la Svizzera il 31 gennaio 1915 nell’ultima partita giocata prima dell’ingresso in guerra dell’Italia, ma tre vere celebrità: Renzo De Vecchi “il figlio di Dio” e il cannoniere Cevenini III detto Zizì, il giocatore più estroso dell’epoca , il centromediano Carlo Carcano che sarà l’allenatore della Juventus dei cinque scudetti consecutivi tra il 1930 e il 1935, l’ala destra Berardo rientrato all’US Torinese dopo l’esperienza al Genoa e il mediano vercellese Ara, autore del primo goal segnato direttamente su calcio di punizione dalla nazionale italiana nella partita giocata a Torino il 1 maggio 1913 con il Belgio battuto per 1-0 e 9 vercellesi in campo con il genoano De Vecchi e il doriano Fresia.

In campo anche Giuseppe Ticozzelli, terzino destro dell’Alessandria che alternava il calcio con il ciclismo. Nel 1926 Ticozzelli partecipò al Giro d’Italia indossando la maglia nera del Casale e per via del piazzamento in classifica del mastodontico atleta per molti anni all’ultimo in classifica fu assegnata appunto una maglia “nera” per la quale poi divenne celebre Malabrocca, un corridore che teneva moltissimo all’insegna dell’ultimo in classifica.

La Commissione tecnica che aveva scelto gli “11” da far scendere in campo era composta dall’avv. Mauro, principe degli arbitri, il genoano Pasteur, l’ez-terzino Varisco, Varetto e Terzuolo con l’incarico di allenatore affidato a Nino Resegotti, allenatore dell’US Milanese che, in seguito, allenerà anche il Savona e sarà il fondatore della Nolese.

Italia – Francia 9-4 :si trattò della seconda partita giocata dalla Nazionale per numero di reti segnate nei 90’, ben tredici, superata nella statistica dall’11-3 inflitto all’Egitto nella finale 3° 4° posto del torneo giocato nel corso delle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928.

Questi i tabellini delle 2 partite giocate dalla Nazionale il 31 gennaio 1915 e il 18 gennaio 1920.

Torino (Stadium) 31 gennaio 1915

Italia – Svizzera 3-1

reti: Cevenini I (2), Comte, Cevenini III

Italia: Trivellini (Brescia), Capra (Torino), De Vecchi (Genoa), Ara (Pro Vercelli), Carcano (Alessandria), Fossati (Inter), Berardo (Genoa), Cevenini III (Inter), Cevenini I (Inter), Santamaria (Genoa), Corna (Pro Vercelli)

Svizzera: Bieri, Duriaux, Fehlmann, Albicher, Neumayer, Peterli II, Hohl, Comte, Wyss, Fischer, Brandil

arbitro Pasteur (Italia)

Milano (Viale Sempione) 18 gennaio 1920

Italia – Francia 9-4

reti: Cevenini III (2), Aebi (3), Nicolas, Bard (2), Brezzi (3), Carcano, Dubly

Italia: Cameroni (Legnano),Ticozzelli (Alessandria), De Vecchi (Genoa), Ara (Pro Vercelli), Carcano (Alessandria), Lovati (Milan), Berardo (US Torinese), Aebi (Inter: italo – svizzero il primo oriundo a giocare in Nazionale), Brezzi (Genoa), Cevenini III (Inter), Bergamino (Genoa).

Francia: Cottenet, Mony I, Mony II, Devic, Olaguier, Gravelline, Devaquez, Renier, Nicolas (futuro CT della Francia negli anni’50 – ‘60), Bard, Dubly

arbitro Forster (Svizzera)

25 AGOSTO 1960: ROMA SI APRE L’OLIMPIADE DI BERRUTI E BIKILA

La fiamma olimpica aveva attraversato l’Egeo e la Magna Grecia richiamando alla memoria i campioni dell’antichità.  Alla vigilia della inaugurazione gli atleti si riunirono in Piazza San Pietro per ricevere la benedizione di Giovanni XXIII. Il giuramento fu pronunciato da Adolfo Consolini, che in quell’occasione stabilì il record assoluto di partecipazioni olimpiche (quattro).

Si apriva così l’Olimpiade di Roma: 25 agosto 1960, diretta televisiva.

La Rai produsse 106 ore di trasmissione, riprodotte (prima volta per un’Olimpiade estiva dopo Cortina 1956) in tutta Europa in Eurovisione, una quantità notevole considerata l’esistenza, comune praticamente in tutta Europa, di un solo canale. In America, la statunitense CBS, la canadese CBC e Telesistema Mexicano trasmisero un certo numero ore montando da Roma alcuni eventi, inviando poi tutto a Londra e da lì al continente.

Per noi ragazzi di allora fu il trionfo della TV come mezzo universale di comunicazione, il vero punto di partenza per la modernità mentre si stava aprendo il decennio del “miracolo economico”, al termine del quale davvero “nulla sarebbe stato come prima”.

Torniamo alle Olimpiadi.

Gli iscritti furono oltre cinquemila (5393) e le Nazioni partecipanti ottantaquattro. La Germania partecipò per l’ultima volta con una sola squadra, Est e Ovest riunite dall’inno alla Gioia di Beethoven. L’anno dopo sarebbe stato eretto il muro della dolorosa separazione durata fino al 1989 con la caduta del Muro. 

Il bel tempo aiutò il raggiungimento di buoni risultati tecnici, basti pensare ai venti primati olimpici e ai quattro primati mondiali migliorati nell’atletica leggera maschile e ai dodici olimpici e tre mondiali in quella femminile. Nelle gare veloci, dopo trent’anni di predominio gli statunitensi persero l’oro sui 100 metri consegnandolo al primatista tedesco Armin Hary; nella distanza doppia per la prima volta prevalse un mediterraneo, Livio Berruti, che eguagliò il record mondiale; nel salto in alto apparve il sovieticoValeri Brumel, che con la tecnica ventrale risulterà uno dei migliori esponenti in assoluto della disciplina anche se la vittoria andò al georgiano Shavlakadze; i sovietici prevalsero anche nel giavellotto con Tsibulenko; nella velocità femminile si mise in luce Wilma Rudolph (oro nei 100 metri piani, 200 metri piani e staffetta 4 x 100 metri, un probabile flirt con il nostro Livio Berruti, potere dello sprint), colpita da poliomielite nella prima infanzia e ricca di talento e volontà.

Lo stesso trend si ebbe nel nuoto, con tre record mondiali in campo maschile e quattro in quello femminile e con un dominio complessivo degli australiani e degli statunitensi.

Miglioramenti tecnici si ebbero anche nel sollevamento pesi, dove proseguì la supremazia della scuola dell’Europa orientale, e nel ciclismo su pista, dove gli italiani si misero in evidenza, perdendo però la medaglia d’oro nella gara su strada quando il sovietico Kapitonov superò di una gomma Livio Trapeè sul traguardo delle Terme di Caracalla.

Nella scherma, gli atleti sovietici si inserirono nella spartizione delle medaglie rompendo la tradizionale egemonia italo – franco – magiara; l’introduzione del fioretto elettrico premiò qualità come la resistenza degli atleti a scapito dell’eleganza e dell’astuzia.

Nella ginnastica si assistette al consueto dominio dello squadrone sovietico, contrastato efficacemente solo dai sorprendenti ginnasti giapponesi, che misero al collo ben quattro ori.

Venne scalfito, invece, il mito dell’invincibilità dei mediorientali nella lotta, dato che sia nella lotta libera sia in quella greco-romana le medaglie furono maggiormente ripartite fra occidentali, orientali e mediorientali.

L’Olimpiade di Roma vide sfumare altre consuetudini come quella della vittoria dell’India nell’hockey su prato e quella dell’imbarcazione statunitense nell’otto del canottaggio; nel primo caso fu il Pakistan ad arrecare la prima delusione agli indiani, mentre nel secondo caso furono i tedeschi, in forte ascesa in questa disciplina, a soffiare l’oro agli statunitensi.

Grande successo di critica e pubblico in tutto il mondo anche per il film ufficiale sull’evento La grande Olimpiade, prodotto dall’Istituto Luce e diretto dal regista documentarista Romolo Marcellini, che ottenne una nomination all’Oscar nel 1962 e il premio d’oro al Festival di Mosca.

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Abebe Bikila al traguardo della maratona

Ma ecco riassunti i principali avvenimenti:

Cassius Clay, il futuro Muhammad Ali, vince la medaglia d’oro nei pesi mediomassimi del pugilato (chiamati all’epoca massimi-leggeri), anche se la Coppa Val Barker, che in ogni Olimpiade premia il pugile migliore per stile e qualità tecniche, viene assegnata all’azzurro Nino Benvenuti, vincitore dell’oro nei pesi welter e destinato anch’egli ad una grande carriera come professionista (indimenticabili le sfide mondiali con Emile Griffith). L’Italia vince altre due medaglie d’oro con Musso nei piuma e De Piccoli nei massimi.

La squadra maschile di ginnastica del Giappone vince il primo di cinque ori olimpici consecutivi.

Il velocista Livio Berruti è il primo europeo nella storia delle olimpiadi a spezzare il dominio dei nordamericani nei 200 metri piani; dopo di lui tale impresa riuscirà solo a Valerij Borzov, a Pietro Mennea e al greco Konstadínos Kedéris. Nelle semifinali Berruti superò con molta semplicità l’inglese Redford e gli statunitensi neri Norton e Johnson, che erano all’epoca primatisti mondiali con il tempo di 20″5. In finale, nonostante avesse rischiato un’azzardata falsa partenza (errore mai più ripetuto in nessun’altra competizione ufficiale) resistette con successo a ogni tentativo di rimonta. Quando Berruti terminò la competizione oltre all’oro aveva stabilito nuovamente il record di 20″5.

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Livio Berruti taglia per primo il traguardo nella finale dei 200 metri 

Wilma Rudolph, statunitense, soprannominata in Italia la Gazzella Nera, gareggia con un piccolo apparecchio ortopedico ai piedi, retaggio della poliomielite. Questo però non le impedisce di trionfare nei 100 e 200 metri piani e nella staffetta 4×100 e di meritarsi il titolo di Regina delle Olimpiadi Romane.

L’etiope Abebe Bikila, sergente della guardia del Negus, giunge a Roma da perfetto sconosciuto. Tagliò il traguardo da trionfatore della Maratona sotto l’arco di Costantino correndo a piedi scalzi su suggerimento del suo allenatore. L’atleta africano, dal fisico particolarmente magro, aveva stabilito anche, con 2h15’16″2, il nuovo record olimpico. Avrebbe concesso il bis quattro anni dopo a Tokio.

L’americano Rafer Johnson e il taiwanese Yang Chuan-kwang, compagni di università ad UCLA, danno vita ad una delle più combattute gare dell’Olimpiade, nel decathlon, che sarà vinta dal primo con un distacco di soli 63 punti.

Nella lotta i Turchi su sedici specialità vincono ben 7 medaglie d’oro e due d’argento.

Lo statunitense Glenn Davis bissa il successo dell’Olimpiade precedente nei 400 m ostacoli.

Le sorelle sovietiche Irina e Tamara Press trionfano rispettivamente negli 80 ostacoli e nel getto del peso. All’Olimpiade seguente Irina si imporrà nel pentathlon, Tamara conquisterà l’oro nel peso e nel disco.

Nel nuoto Australia e Stati Uniti fanno la parte del leone con 4 medaglie d’oro per nazione; l’unico titolo non conquistato dagli australiani e dagli statunitensi sono i 200 rana femminile, che va alla britannica Lonsbrough.

L’americana Chris von Saltza trionfa con ben 3 medaglie d’oro nel nuoto (400 stile libero, staffette 4×100 stile libero e mista).

La nuotatrice statunitense Carolyn Wood, durante la gara dei 100 farfalla, ingoiò per errore dell’acqua e rischiava l’annegamento. Venne squalificata, dopo aver toccato la linea che separò la sua corsia da quella di una sua avversaria.

Il ginnasta sovietico Boris Šachlin conquista 4 medaglie d’oro, 2 d’argento e 1 di bronzo: un’impresa storica. L’URSS si afferma trionfalmente nella ginnastica femminile: sulle 15 medaglie in palio, 14 sono sovietiche. La ginnasta russa Larisa Latynina vince 2 ori e sale sul podio in tutte le specialità.

L’ungherese Aladar Gerevich conquista nella sciabola a squadre la sua settima medaglia d’oro (la prima l’aveva vinta alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932)

Inaspettata sorpresa azzurra nella pallanuoto: l’Italia, più che mai Settebello soprannome coniato da Nicolò Carosio, 12 anni dopo Londra, si aggiudica la medaglia d’oro davanti a Unione Sovietica e Ungheria. Nel ciclismo, su 6 categorie gli Azzurri se ne aggiudicarono 5.

Nella scherma le medaglie d’oro per l’Italia furono 2: nella spada individuale con Delfino, e nella spada a squadre, con un sestetto di cui faceva parte anche Edoardo Mangiarotti, alla sua ultima Olimpiade. Nell’equitazione i fratelli Raimondo e Piero D’Inzeo (già rispettivamente argento e bronzo ai Giochi del 1956) conquistarono rispettivamente la medaglia d’oro e quella d’argento nel concorso a ostacoli individuale.

La squadra di calcio italiana, composta da giovani dell’Under 21 che poi sarebbero “diventati famosi” da Rivera a Bulgarelli, da Trapattoni a Ferrini fu eliminata dall’Ungheria in semifinale soltanto attraverso il sorteggio (non c’era ancora l’uso dei rigori finali). La medaglia d’oro però fu vinta dalla Jugoslavia.

COME IN RITORNO AL FUTURO PER LA SAMP RITIRO IN CASA

Per la Samp niente ritiro in località turistiche sovra – affollate di tifosi e amichevoli di preparazione in Inghilterra o al “Camp Nou”. La notizia è di quelle che davvero ci fanno fare un salto all’indietro nel tempo, qualcosa che. l’accostamento potrebbe forse apparire azzardato o da cinefili convinti alla trama del film “Ritorno al futuro” (regia di Robert Zemekis con Michael J. Fox e Christopher Lloyd), trilogia che sbancò i botteghini tra il 1985 e il 1990.

Ranieri (se resterà) dovrà dirigere gli allenamenti a Bogliasco e alla sera i giocatori se ne torneranno a casa. Le gare di preparazione vedranno come avversarie Alessandria, Derthona, Piacenza, Entella (mancherà il Savona per i noti motivi).

Il nostro pensiero allora corre all’epoca di queste due fotografie che a ben ragione potremmo definire storiche.

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La Samp, appena costituita con la rifusione tra Sampierdarenese e Andrea Doria che avevano disputato separate il campionato 1945 – 46 (in quell’occasione per la prima volte ci furono tre liguri in Serie A come accadrà con il campionato 2020 – 2021 che segnerà l’avvento dello Spezia nella massima divisione), si allena a Cornigliano nello stadio che poi diventerà il famoso “deposito del tram”. La squadra non ha ancora un nome certo: alcuni giornali scrivono di Samp – Doria (rigorosamente con il trattino) oppure di Doria – Samp (anche qui separate) e non ci sono le maglie. Difatti si noterà come alcuni degli atleti indossino la casacche bianco – blu dell’Andrea Doria e altri quella “classica” bianca con la striscia rossonera (dalla quale deriverà quella blucerchiata) della Sampierdarenese.

Quando uscì la nuova maglia i genoani la appellarono sarcasticamente come “da ciclisti” senza sapere che nei decenni successivi quella casacca sarebbe stata votata più volte come quella più bella del mondo.

Le nuove maglie esordirono ufficialmente il 15 Settembre 1946 in Corso Ricci nell’amichevole Savona-Sampdoria: in realtà erano già state provate tre giorni prima al “Pino Ferro” nel corso di un galoppo di allenamento tra il Varazze e la Samp.

Tabellino di quella gara storica.

Savona-Sampdoria 1-6

Reti:  p.t. 2’ Baldini, 25’ Cereseto, 40’e 45’, Baldini, 42’ Fiorini; s.t. 25’ Baldini, 39’ Bassetto.

Savona:  Tonini, Zanni, Varicelli, Puccini, Longoni, Ivaldi, Ghiglione, Zidarich, Cappelli, Di Piazza, Cereseto.

Sampdoria:  Lusetti, Borrini, Zorzi, Fattori, Gramaglia, Bertani, Fabbri, Bassetto, Baldini, Fiorini, Frugali.

Arbitro:Canavesio di  Torino.

Il Genoa, invece, si allenava al vecchio stadio della Nafta oggi “Carlini”, provvisto di pista d’atletica e di pista in cemento per il ciclismo: sede degli arrivi quando Genova era scelta come tappa del Giro d’Italia.

Nella foto i rossoblu presentano i nuovi acquisti con il solito “mix” di bidoni e assi sudamericani: Ortega e Taioli (opportunamente girato subito al Mantova), appartenenti alla prima categoria; Juan Carlos Verdeal invece ricordato come assoluto fuori classe, forse assieme a Stabile e Abbadie il miglior acquisto mai effettuato in America Latina dal Genoa nella sua storia.

Insomma: la Sampdoria resta a casa, forse un segnale di abbandono della frenesia consumistica che ha segnato il calcio della pay – tv. Un segnale cho cogliamo da un lato di nostalgia e dall’altro come di visione per un diverso futuro, forse più modesto ma meno effimero.

L’ADDIO A VENDRAME, GENIO E SREGOLATEZZA E A COMETTI, L’AFFIDABILITA’ FATTA PORTIERE

La falce dell’epidemia ha tranciato due vite nel mondo del calcio italiano. Dopo il portiere dell’Atalanta Zaccaria Cometti è morto anche Ezio Vendrame.

Qualcuno compreso lo stesso Gianni Brera aveva collocato, a suo tempo, Ezio Vendrame nella categoria dei giocolieri più raffinati che mai avessero calcato le scene della nostra Serie A.

Capelli lunghi, tecnica individuale notevole, scarsa attitudine per gli schemi, sia in campo che fuori. Avrebbe avuto le potenzialità per una carriera superiore a quella avuta, ma se avesse giocato con Juventus o Milan o Inter, Ezio Vendrame, morto a 72 anni nel pieno della crisi da coronavirus, probabilmente non sarebbe ricordato come genio, sregolatezza, irrequietezza del calcio italiano.

Vendrame terzo da sinistra in piedi accanto a Josè Altafini in un Napoli di super lusso allenato da Vinicio con Sormani, Zoff, Juliano

Due sono gli accostamenti che ne sono stati fatti: il più gettonato, al limite dello scontato, è quello a George Best, il fuoriclasse nordirlandese tutto talento, bellezza, donne e alcolici.  L’altro (più che altro per la capigliatura e la postura in campo) con l’argentino Mario Kempes. A lui in realtà piacevano tre calciatori su tutti. Della sua tarda adolescenza Gigi Meroni. Della sua epoca calcistica Gianfranco Zigoni, uno capace di andare in panchina con la pelliccia ed il cappello da cow boy in un Verona-Fiorentina perché Valcareggi non lo aveva fatto giocare. Più avanti Diego Armando Maradona. Tutta gente insomma che con le regole aveva poco a che spartire. Calciatore, poeta, scrittore, uomo insofferente alla forma. Un suo libro ‘Se mi mandi in tribuna godo’ è una frustata agli aspetti spesso ipocriti del mondo, del calcio e non solo. Un titolo che è tutto un programma, e che prende origine da una trasferta del Napoli a Cagliari. Mandato in tribuna dal tecnico dei partenopei Vinicio, che nel rivaleggiare con la Juventus nella corsa allo scudetto del 1975 non aveva tempo e forse voglia di inserirlo negli schemi, Vendrame ne approfittò per amoreggiare (le donne sono state una delle sue grandi passioni) nel bagno dello stadio con una ragazza conosciuta da poco

Zaccaria Cometti invece era il contrario di Ezio Vendrame: portiere sicurezza, senza voli pindarici, grande senso piazzamento, forse un poco aveva sofferto per la concorrenza di Pizzaballa in tempi nei quali non esisteva il n.12 e se il portiere si infortunava toccava a un giocatore di movimento andare tra i pali mentre la squadra restava in 10.

Soprattutto Cometti è stato un fedelissimo dell’Atalanta in tempi nei quali la squadra bergamasca rappresentava semplicemente un’onesta provinciale e nessuno certo avrebbe scommesso sull’approdo in Champions League.

Atalanta 1961 – 62 : da sinistra in piedi, Cometti, Colombo, Maschio, Rota, Nodari, Gardoni accosciati: Roncoli, Nova, Favini, Olivieri, Magistrelli

Questo il resoconto delle presenze in Serie A di Vendrame e Cometti

Vicenza 71 – 72 15 presenze

Vicenza 72 – 73 23 presenze

Vicenza 73 – 74 8 presenze

Napoli 74 – 75 3 presenze

Totale presenze in Serie A 49

ZACCARIA COMETTI nato a Romano di Lombardia 1 – 7 – 1937

158 presenze in Serie A tra il 1957 – 58 e il 1968 – 69 tutte con l’Atalanta.

L’esordio di Cometti, quasi come in un drammatico contrappasso, avvenne nella partita che l’Atalanta giocò a ranghi incompleti schierando quasi per intero la squadra ragazzi a causa della grande epidemia di influenza dell’autunno del 1957, quando nonostante l’imperversare dell’epidemia il campionato non fu sospeso.

3 ottobre 1957

Milan – Atalanta 5-0

reti: Cucchiaroni, Bean (3), Mariani

Milan: Soldan, Maldini, Fassetta, Fontana, Zannier, Bergamaschi, Mariani, Grillo, Bean, Schiaffino, Cucchiaroni all. Viani

LA MEGLIO GIOVENTU’

Dedichiamo questa rassegna fotografica alle squadre savonesi del settore giovanile nella stagione 1966 – 67, quella del Savona in Serie B, tanto per intenderci.

La prima foto riguarda una selezione della rappresentativa allievi (classi 1950 – 1951) ed è significativa per due motivi, oltre che per la presenza di tanti nostri bravissimi virgulti: si nota benissimo la struttura dell’antica Valletta e nella foto sono presenti i “tre leoni” inossidabili dirigenti del calcio savonese dell’epoca, tenaci custodi della tradizioni che poi, incalzati dal dinamismo di Nanni De Marco dovettero cedere alla “modernità” lasciando il “via libera” ai calci di rigore decisivi per assegnare il titolo al Torneo dei Bar (loro erano legati all’antica “palanchetta”) e a metter su la rappresentativa di Seconda Categoria che Nanni aveva già fatto scendere in campo, complici il dott. Berio ed Emilio Pacini, ben prima di ricevere la loro autorizzazione. Il tutto con l’appoggio incondizionato di “Riviera Notte”: una testata che contava eccome.

Spotornese juniores: da sinistra in piedi: il dirigente Sclano, Camporeggi, Jannece, Rossi, Giusto, De Stefanis, Astengo, allenatore Vadone. Accosciati: Pisà, Cappelli, Loffredo, Avellino, Girgenti

Savona allievi: Da sinistra in piedi. Il dirigente Curti, l’allenatore Ezio Volpi, Lacota, Procopio III, Perlo, Rosso, Magnani, il massaggiatore Pippi Prussiati. Accosciati: Gerion, Neirotti, Martelli, Giacone, Fazzi II, Ghiglione

LO SPEZIA IN SERIE A MENTRE IL SAVONA CHIUDE 113 ANNI DI STORIA

I fratelli Persenda nel grande giorno dello scontro diretto

20 Agosto 2020: lo Spezia di patron Volpi sale per la prima volta nella sua storia in Serie A nel tripudio della tifoseria (stadio Alberto Picco assediato da oltre 2.500 tifosi per sostenere  coralmente la squadra) con la Città travolta dall’entusiasmo (folla accalcata nei bar del centro e della periferia per seguire la partita in tv) prima di dare il via a caroselli infiniti tra sbandiarate bianconere, fumogeni e fuochi d’artificio. Immagini che, in qualche modo, ci riportano alla festa biancoblu per la promozione in Serie B 54 anni fa. Gli aquilotti raggiungono un traguardo storico, mentre quasi contemporaneamente il Savona, grande rivale degli spezzini da circa un secolo di storia calcistica, ammaina definitivamente bandiera vittima dell’incuria generale nell’ambito del declino complessivo della Città.

Non ricostruiamo qui tutta la storia dei confronti calcistici tra Savona e Spezia, ma citiamo soltanto i due episodi più importanti ricordando che la prima partita di campionato giocata tra le due squadre si svolse il 31 ottobre 1920 sul campo di via Frugoni, gara valida per la prima giornata del campionato di Prima Categoria (massima serie dell’epoca) girone Ligure.

Savona – Spezia 1-0

Rete: Roggero.

Savona: Falco, Ghigliano, Ciarlo, Sabatini, Romano, Cabiati, Roggero, Perlo, Veglia, Esposto, Carlevarino.

Spezia: Costa, Lorenzetti, Maggiani, Cassonelli, Mitrani, Sannazzari, Delfino, Tieghi, Galletti, Benevento, Calzolari.

Arbitro: Terzuolo.

Ed ecco i due episodi sui quali vale la pena prestare attenzione nella nostra memoria di sportivi savonesi

CAMPIONATO 1939 – 40:  PER LA PRIMA VOLTA IL SAVONA SALE IN SERIE B

30 giugno 1940, l’Italia è entrata in guerra da venti giorni e la Liguria ha già dovuto subire un duro bombardamento navale ma all’Alberto Picco di La Spezia si gioca un derby di grande importanza.

Il calcio, infatti, non si è fermato e non si fermerà , in un modo o in un altro,per tutta la durata dei cinque lunghissimi anni di conflitto.

In campo Spezia e Savona: in calendario la quinta giornata del girone finale di Serie C che mette in palio due posti per la cadetteria.

Al Savona per toccare l’agognato traguardo, inseguito e sfiorato tante volte per tutti gli anni ’30, basta un pareggio: l’ 8-0 casalingo inflitto al Taranto sette giorni avanti in Corso Ricci pone gli striscioni in grandissimo vantaggio nel goal – average, valido all’epoca al posto dell’algoritmo di oggi.

E pareggio è fino all’88: Gè ha portato in vantaggio il Savona al 60’ e Zuliani, sei minuti dopo, ha impattato per i bianchi aquilotti.

Ma all’88’, in maniera del tutto inaspettata, mentre si attendeva il triplice fischio dell’internazionale Scorzoni di Bologna,, Rallo rompe l’equilibrio e porta lo Spezia in vantaggio.

Sembra finita tanto più che il giocatore più esperto e rappresentativo dei biancoblu, l’ex-juventino Borel I (il fratello maggiore del celebre “Farfallino” centravanti della Juve del quinquennio e campione del mondo 1934) è fuori per infortunio e all’epoca non erano previste sostituzioni di sorta, neppure per il portiere.

A guidare gli striscioni, dopo l’allontanamento dell’ungherese Arpad Hajos per via di certi dissapori con il presidente Noceti, c’ è il direttore tecnico Rinaldo Roggero, il “nostro” Nazionale, ai suoi tempi “l’ala più veloce”.

Roggero, uomo dal carattere molto autoritario, decide di spingere quasi con la forza in campo l’azzoppato Borel: questi si trova all’improvviso nella mischia, carpisce il pallone e spara una cannonata quasi a casaccio: la sfera si infila alle spalle dell’impreparato Camerario.

Scorzoni fischia la fine senza far nemmeno mettere la palla al centro: è 2-2 e il Savona è promosso per la prima volta in Serie B.

Una data da ricordare per una squadra solida, molto compatta, con diversi giocatori da Serie A: Piana sarà vice campione d’Italia con il Livorno, Vaschetto giocherà in serie A con la Salernitana di Gipo Viani interpretando per primo nel campionato italiano il ruolo del “centravanti arretrato” alla Hidegkuti, abbiamo già scritto di Borel, Gè sarà il cannoniere di Genoa e Atalanta, il mediano Sandroni militerà nella massima serie con il Liguria, il Vicenza, il Venezia.

Classifica finale del campionato di Serie C: Savona 42, Cavagnaro-Sestrese 40, Casale 34, Asti 33, Tigullia – Rapallo 32, Valpolcevera Pontedecimo 31, Cuneo 29, Pinerolo 29, Albenga 28, Littorio Rivarolese 26, Entella 24, Acqui 23, Vado 17, Saviglianese 17, Andrea Doria 15.

Girone finale: Reggiana 9, Savona 7, Spezia 7, Taranto 1.

Alla fine anche lo Spezia sarà promosso per la rinuncia del Palermo, in difficoltà finanziaria.

Tabellino della gara decisiva:

Spezia – Savona 2-2

Reti: Gè, Zuliani, Rallo, Borel I.

Spezia: Camerario, Farina, Zappelli, Curotto, Meregalli, Morosi, Englaro, Rallo, Diotallevi, Ferrari, Zuliani.

Savona: Caburi, Cozzi, Villa, Sandroni, Gallino, Argenti, Piana, Buggi, Vaschetto, Borel I, Gè.

Arbitro: Scorzoni di Bologna.

1958: SAVONA – SPEZIA: L’UN CONTRO L’ALTRO I FRATELLI PERSENDA

Mino e Valentino Persenda, due fratelli figure fondamentali nella storia del calcio savonese degli anni ruggenti. ma anche esempio di serietà, impegno e partecipazione nella società savonese.

Mino: ala destra di vaglia, cresciuto nei Cicerin Boys, poi alla Stella Rossa, una prima parentesi in bianco blu, poi in un’edizione monstre del Vado con  tanti goal segnati in coppia con il “gemello” Nino Parodi, poi allo Spezia dominatore del campionato 1957 -58 e alla Lucchese capace di salire in Serie B con due compagni nella linea d’attacco del calibro degli ex-sampdoriani Bassetto e Arrigoni. Ritorno al Savona e quindi Casale, diploma ISEF  a Torino e nuovamente Vado per chiudere ancora in coppia con Parodi e passare alla panchina, allenando anche tra il 1973 e il 1975 il Savona.

Valentino: terzino spigoloso, denominato dai tifosi “Roccia”, primatista di presenze nel Savona tra il 1955 e il 1967 con tre promozioni fino alla Serie B, alla partita  di Coppa Italia contro la Juventus e alla “fatal Catania”. Poi allenatore giramondo tra Tharros, Nuorese, Civitavecchiese, Rieti, Grosseto,. Licata, Derthona, Vogherese e due stagioni al Savona con la promozione in Serie C2, conquistata nella stagione 1977-78, e salvezza strappata con i denti, ricostruendo la squadra,nell’annata successiva.

Per entrambi un ricordo commosso da chi non dimentica e una notazione speciale dedicata ad una partita che li vide fratelli-avversari.

1° maggio 1958, semifinale di Coppa Mattei (l’antenata della Coppa Italia Semiprofessionisti): in Corso Ricci scende lo Spezia dominatore del campionato di I serie (il Savona milita in II).

Mino si schiera con il classico n. 7 tra i bianconeri, Valentino porta sulla schiena il numero 3 biancoblu. Marcatura diretta, quindi.  Ma dopo 5’ l’allenatore Felice Pelizzari dalla panchina inverte i difensori e su Mino manda André Galindo “il francese”. Valentino così marcherà Castellazzi futuro astro in Serie A con  Roma e Catania.

La superiorità degli spezzini è netta e finisce con un rotondo 4-0. Quattro bianconeri sono destinati alla Serie A e a Persi fa da riserva Albertosi che alla fine del torneo passerà alla Fiorentina esordendo subito in prima squadra per poi far parte del Cagliari scudettato e della nazionale dell’Atzeca.

Questo il tabellino

Savona – Spezia 0-4

Reti: Castellazzi, Corelli, Mino Persenda, Corti.

Savona: Bruzzone, Galindo, Valentino Persenda, Bruno, Nadali, Mariani, Pastorino, Gennari, Teneggi, Basilio Parodi, Mantero.

Spezia: Persi, Crivellente, Bumbaca, Pastorino, Zennaro, Mangini, Mino Persenda, Corelli, Corti, De Dominicis, Castellazzi.

PERTICARA E RIBOLLA QUANDO C’ERANO LE SQUADRE DEI MINATORI

a cura di FRANCO ASTENGO

Nella storia del calcio italiano le squadre degli operai hanno fornito un grande contributo alla crescita e alla diffusione del gioco, partecipando a campionati di alto livello.

Dalle industrie meccaniche della Lombardia e del Piemonte (dall’Alfa Romeo di Milano prese il volo Valentino Mazzola, da quella aziendale della Fiat a Torino il bianconero Carlo Parola) a quelle tessili del Veneto (Lanerossi in Serie A, Marzotto in Serie B), alle tante ILVA sparse per la penisola (Novi, Savona, Lovere, Bagnoli, La Maddalena), alle fabbriche romane (Alba Motor, MATER), alle Monteponi di Sardegna e Liguria gli esempi da fare sarebbero tanti e sarà il caso di dedicare loro una storia apposita accurata nel dettaglio.

In questo caso però rivolgiamo la nostra attenzione a due squadre di minatori: sì perché anche i minatori avevano le loro squadre.

Perticara e Ribolla, miniera di zolfo l’una e di carbone l’altra, erano località la cui squadra era intestataria della stessa denominazione : “Minatori”.

Vicende sportive nate negli anni ‘20 – ‘30 e proseguite fino agli anni ‘50 quando oggettivamente l’insegna “Minatori” dovette essere ammainata e le squadre proseguirono come rappresentanti delle rispettive cittadine.

PERTICARA

1

La miniera di Perticara ai tempi dell’attività

Perticara (Pertichèra in dialetto perticarese o Pargaia nel nomignolo locale) è una frazione di circa 800 abitanti appartenente al comune di Novafeltria, in provincia di Rimini, nell’Emilia-Romagna. Si trova a 650 m s.l.m. ed è sovrastato da un massiccio roccioso chiamato Monte Aquilone (883 m s.l.m.). Il paese è conosciuto per la Miniera di Zolfo, giacimento chiuso nel 1964 del quale oggi rimane il museo Sulphur.

Ancora oggi però la miniera, simbolo di Perticara, campeggia sull’originale divisa azzurra, con doppia rifinitura dei polsini di colore granata. Per la precisione si tratta del pozzo Vittoria, da dove i minatori scendevano nella miniera. Stile retrò per la personalizzazione del numero, mentre sul petto è riprodotto lo stemma storico del Perticara, il ‘triangolo’ con le lettere ACP (Associazione Calcio Perticara). Anche la maglia del portiere è decorata dalla miniera: completo granata con i polsini azzurri.

La classifica del girone romagnolo – marchigiano della Serie C 1947 – 48 cui partecipò anche la Minatori Perticara.

1.

  Rimini

47

30

21

5

4

56

24

+32

2.

Cesena  Cesena

46

30

19

8

3

68

24

+44

 

3.

Vis Sauro Pesaro  Vis Sauro Pesaro

37

30

15

7

8

40

23

+17

 

4.

Fano  Fano

36

30

15

6

9

54

29

+25

 

5.

Forlì  Forlì

33

30

12

9

9

64

44

+20

 

5.

Edera Ravenna  Edera Ravenna

33

30

13

7

10

38

33

+5

 

7.

Forlimpopoli  Forlimpopoli

30

30

13

4

13

45

34

+11

 

7.

Riccione  Riccione

30

30

12

6

12

45

40

+5

 

7.

Vigor Senigallia  Vigor Senigallia

30

30

12

6

12

40

52

-12

 

10.

Jesina  Jesina

26

30

9

8

13

28

43

-15

 

11.

Russi  Russi

25

30

9

7

14

45

61

-16

 

12.

Recanatese  Recanatese

24

30

10

4

16

33

61

-28

 

13.

Imolese Francesco Zardi  Imolese Francesco Zardi

22

30

5

12

13

29

49

-20

 

14.

Minatori Perticara  Minatori Perticara

22

30

9

4

17

29

50

-21

 

15.

Sammaurese  Sammaurese (-1)

21

30

9

4

17

40

61

-21

 

16.

Faenza  Faenza

17

30

4

9

17

22

48

-26

RIBOLLA

Ribolla La miniera di Ribolla fu attiva per più di un secolo, arrivando ad un picco produttivo di 270.000 tonnellate annue di carbone nel corso della seconda guerra mondiale.

1

Funerale delle vittime: bare di alcuni minatori ricoperte con bandiera tricolore e elmetto di lavoro

Ribolla, dagli anni trenta alla metà del Novecento, divenne un villaggio minerario della Montecatini. La miniera fu teatro, il 4 maggio 1954, della più grave tragedia mineraria italiana del secondo dopoguerra. Un’esplosione di gas, il grisù accumulatosi per la scarsa ventilazione in una galleria a 260 metri di profondità, che non permetteva un efficace ricambio dell’aria presente, provocò la morte di 43 persone nella sezione “Camorra Sud” della miniera di lignite. L’onda d’urto percorse le varie gallerie provocando una nube di polvere che rese difficoltosa la respirazione ai minatori anche degli altri reparti. I primi soccorsi furono poco incisivi a causa della mancanza delle maschere antigas. I funerali mobilitarono 50 000 persone. Le famiglie, che dovettero costituirsi parte civile accettarono le offerte in denaro della Montecatini e il processo si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati e il disastro fu archiviato come “mera fatalità”. A seguito del disastro la direzione della Montecatini decise la chiusura della miniera, la cui smobilitazione richiese ben cinque anni.

Di quell’episodio rimangono alcuni resti della miniera e il Monumento al minatore di Vittorio Basaglia. La vicenda è estesamente raccontata da Luciano Bianciardi e Carlo Cassola ne I minatori della Maremma, pubblicato nel 1956 dall’editore Laterza, e richiamata nel romanzo di Bianciardi La vita agra (e quindi nel film di Carlo Lizzani, tratto dal romanzo).

Il momento di maggior gloria della Minatori Ribolla si è verificato nel campionato toscano di Prima Divisione 1950 – 51 con questa classifica e l’ascesa al campionato di Promozione Interregionale

1.

 A.S. Minatori Ribolla, Ribolla di Roccastrada

49 30 23 3 4 85 26 +59
2.

 U.S. Gavorrano, Gavorrano

44 30 19 6 5 83 40 +43
3.

 U.S. Campiglia, Campiglia Marittima

40 30 18 4 8 64 43 +21
4.

 S.S. Labrone, Livorno

37 30 17 3 10 64 46 +18
5.

 A.S. Virtus, Venturina

36 30 15 6 9 47 32 +15
6.

 A.S. Antignano, Livorno

36 30 15 6 9 46 43 +3
7.

 S.S. Audace, Portoferraio

34 30 15 4 11 65 50 +15
8.

 S.S. San Prospero, Navacchio

34 30 15 4 11 50 42 +8
9.

 U.S. Orbetello, Orbetello

29 30 11 7 12 64 55 +9
10.

 A.C. Collesalvetti, Collesalvetti

28 30 12 4 14 53 60 -7
11.

 A.S. Pro Follonica, Follonica

28 30 12 4 14 53 49 +4
12.

 U.S. San Frediano, San Frediano a Settimo

23 30 9 5 16 53 84 -31
13.

 A.C. Massa Marittima, Massa Marittima

22 30 9 4 17 54 84 -30
14.

 A.C. Mobilieri, Ponsacco

21 30 9 3 18 32 62 -30
15.

 U.S. Castiglioncello, Castiglioncello di Rosignano M.

13 30 5 3 22 36 74 -38
16.

 U.S. Suvereto, Suvereto (-2)

4 30 2 2 26 24 93 -69
1

Anni ‘50: la squadra giovanile del Minatori Ribolla

1945: NEL TRIANGOLO INDUSTRIALE RIPARTE IL CALCIO

1952 – 53: NASCE IL “NOSTRO” CAMPIONATO DI  PROMOZIONE LA SERIE A DEI DILETTANTI