ANNI ’70: 155 CALCIATORI LIGURI TRA SERIE A, B, C TURONE, PRUZZO E SALVI I VIP

 

a cura di LUCIANO ANGELINI e FRANCO ASTENGO

Il calcio ligure ha sempre saputo esprimere giocatori di qualità e quantità. Come abbiamo avuto modo di raccontare in questa terra sono nati e cresciuti fior di giocatori, molti di quali hanno poi saputo calcare la ribalta nazionale e internazionale. Per tutti, oltre che per sentimenti personali, citiamo Felice Levratto e Valerio Bacigalupo. Ma l’elenco dai primi decenni del ‘900 e nell’immediato dopoguerra è denso di nomi e personaggi di grande spessore e importanza. Proprio per questo, dopo il decennio ’50 e quello degli indimenticabile anni ’60, abbiamo ritenuto doveroso continuare ad esplorare la presenza dei calciatori liguri nelle massime categorie calcistiche. Un modo e un intento di lasciare traccia e di dare il giusto riconoscimento ai tanti che hanno dato lustro al calcio ligure nelle tre categorie principali.

Tocca questa volta agli anni ’70, un percorso reso possibile passando al setaccio le tabelle dei calciatori riportate, squadra per squadra, dall’Almanacco del Calcio diventato nel frattempo e fin qui “Panini”. Un decennio particolare questo preso in esame, dal campionato 1970 – 71 a quello 1979 – 80, la serie A a 16 squadre, serie B a 20 e tre gironi di Serie C, almeno fino al torneo 1978 – 79: in seguito lo sdoppiamento tra serie C1 e serie C2.

In questo caso però nei nostri elenchi sono stati compresi soltanto i giocatori appartenenti alle società di C1, per evidenti ragioni di equità. Nelle nostre precedenti analisi, infatti, ci si era sempre fermati alla terza serie nella gerarchia del calcio italiano e a quel livello ci siamo fermati anche in questa occasione.

Un particolare molto importante riguarda il permanere, per tutto il decennio, del blocco ai giocatori stranieri che torneranno soltanto (uno per squadra in Serie A) con il campionato 80 – 81: è evidente quindi una realtà di maggiori possibilità di presenza ai vertici per i calciatori italiani.

Ciò nonostante il numero dei liguri presenti appare in diminuzione: negli anni ’60 infatti i presenti nelle massime categorie così come elencati dall’Almanacco (all’epoca Boccali e poi edizioni Carcano) erano 217; mentre nel decennio precedente, quello riferito agli anni ’50,  il totale era stato di 162 (nonostante il mutare della formula della Serie C che, tra il 1952 – 53 e il 1957 – 58 era rimasta ferma al girone unico nazionale).

In questo caso degli anni ’70 il totale dei giocatori nati in Liguria è stato di 155. Un numero vincolato probabilmente dal calo di presenze di squadre ligure nelle tre serie: in Serie C, infatti, dopo aver raggiunto il massimo storico di 5 presenze (Genoa, Savona, Spezia, Entella, Imperia) con il campionatissimo 1970 – 71, si è registrata una successiva contrazione con la retrocessione via, via, in Serie D di Imperia, Savona, Entella lasciando così lo Spezia in terza serie e Genoa e Sampdoria fluttuanti tra Serie A e Serie B.

Da notare la presenza di un buon numero di giocatori liguri nelle due stagioni disputate in Serie C (1973 –- 74 e 1974 – 75) da Gavinovese e Novese, due “scatole cinesi” uscite dall’estemporaneo cappello a cilindro del “mago” Mario Robbiano, l’uomo che sfidò il presidente dell’Inter Pellegrini in una querelle sui ricchi e scemi che, a suo parere, buttavano via i soldi con il calcio, mentre lui ci guadagnava. La polemica finì addirittura sul Corriere della Sera che mandò a Savona un inviato per intervistare Robbiano. Tutti, parafrasando Andy Wahrol, prima o poi, hanno diritto a 15 minuti di celebrità.

La ricerca ha portato all’evidenza la carriera all’insegna della fedeltà alla maglia dello Spezia dei difensori Giampiero Bonanni e Osvaldo Motto, scuola Vado, e dell’ala destra Angelo Seghezza, uscito dal vivaio del Pontedecimo; così come Domenico Arnuzzo, terzino scuola doria, che a parte una stagione con il Savona “per farsi le ossa”, come si diceva un tempo, ha sempre vestito la maglia blucerchiata; e il record di trasferimenti del centravanti savonese Pierangelo Basili, cresciuto nella De Martino del Savona alla scuola di Felice Levratto. Il terzino Bonanni ha giocato con gli aquilotti dal ’70 al ’79, così come il vadese Motto, passato direttamente dai rossoblu allo Spezia; Seghezza, prima di vestire per sei stagioni la maglia degli aquilotti, aveva fatto rodaggio a Crotone, Matera e Frosinone. Per l’ex biancoblu Basili si può ben parlare di autentico globetrotter del calcio. Queste le tappe su e giù per la penisola dopo la partenza da Savona: Avellino, Lecce, Parma, Vigevano, Lucchese, Clodiasottomarina, Udinese, Casale e Novara. Se non è un record poco ci manca.

Vale la pena allora di ricordare che il nostro elenco è riservato esclusivamente ai  giocatori nati tra la Roja e il Magra.

«Di quella valle fu’ io litorano
tra Ebro e Macra, che per cammin corto
parte lo Genovese dal Toscano. »
(Dante Alighieri, Commedia, Par. IX, 88-90)

Per questo motivo sono rimasti esclusi calciatori che hanno militato per buona parte della loro carriera in squadre liguri o addirittura vi sono cresciuti fin dai settori giovanili.

Qualche esempio: Frustalupi, Leo Grosso (rimasto a Genova con studio d’avvocato in via XX Settembre), Il compianto Alberto Tonoli, il portiere Profumo, l’ex genoano e savonese Massucco, Marcello Lippi cresciuto nel vivaio della Samp ma viareggino d’origine, il portiere Parisio acquese, l’altro portiere Settimio, Victor Panucci cannoniere del Savona ma nato a Rovito di Cosenza, Alviero Chiorri romano d’origine, Antonio Marcolini arrivato a Savona a quattordici anni ma veronese, Barlassina, Ghio, Ermes Nadalin, Mauro Della Bianchina nato a Massa, Sergio Budicin originario di Rovigno d’Istria, la bandiera sanremese Cichero, il genoano Maselli, il sampdoriano Re originario di Castel San Giovanni tanto per fare degli esempi.

Abbiamo formato anche una ideale “Nazionale” ligure del decennio che risulta così compostaDi Vincenzo, Arnuzzo, Rossinelli, Derlin, Turone, Garbarini, Morelli, Salvi, Pruzzo, Baveni, Fotia. Restano esclusi ma meritevoli di citazione i portieri Paterlini e Merciai, i difensori Luciano Teneggi, Franco Ferrari, Osvaldo Motto, Romei (che i tifosi della Samp incitavano con il celebre “Picchia” Romei”) i centrocampisti Volpi, Castelletti, Seghezza, Piero Pittofrati, Enrico Nicolini (il “Netzer” di Quezzi) e gli attaccanti Macciò, Repetto, Giorgio De Giorgis, Marco Fazzi e il giramondo savonese Pier Basili.

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Una bella figurina raffigurante “Sarin” Di Vincenzo

Ricordiamo allora anche le “Nazionali” liguri dei decenni precedenti.

Quella degli anni ’60: Di Vincenzo, Bruno, Teneggi, Rivara (Carpanesi), Benedetti, Turone, Dell’Omodarme, Salvi, Volpi, Recagno, Morelli. Panchina: Scabini, Dordoni,  Ivo Brancaleoni, Cuttica,Arnuzzo, Derlin, Garbarini,Baveni, Uzzecchini, Fotia.

E quella degli anni ‘50: Pendibene, Melandri, Becattini,Carpanesi, Bernardin, Gramaglia, Caprile, Ghiandi, Zecca, Broccini, Gasperini ( Von Mayer, Tomà, Brancaleoni, Lupi, Odone, Scarpato, Cereseto, Lerici, Uzzecchini, Recagno, Giordano).

Da notare che Di Vincenzo, Luciano Teneggi, Maurizio Turone, Giancarlo Salvi, Domenico Arnuzzo, lo spezzino Derlin, Bruno Baveni figurano nella ipotetica “rosa” della Nazionale Ligure sia ne decennio ’60 sia in quello ’70 a dimostrazione di una invidiabile continuità e longevità calcistica.

Ecco di seguito l’elenco ruolo per ruolo, citando anche le diverse squadre di appartenenza.

PORTIERI

Remo BIANCHI: Como 70 – 71, Imperia 71 – 72, Belluno 72 – 73, Crotone 74 – 75, Giulianova 75 – 76, 76 – 77.

Rosario DI VINCENZO: Lazio 70 – 71, 71 – 72, Brindisi 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, Sampdoria 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78.

Ermes PATERLINI: Taranto 70 – 71, Savona 72 – 73, 73 – 74 Chieti 74 – 75, Treviso 75 – 76.

Vincenzo BERTOLA: Derthona 70 – 71.

Piero IANICELLI: Imperia 70 – 71.

Paolo MERCIAI: Savona 70 – 71, 71  – 72, Bari 72 – 73, 73 – 74 Teramo 76 – 77 Reggina 77 – 78.

Sergio IACUZZI: Martina Franca 70  – 71, 71 – 72.

Paolo MORDINI:  Sampdoria 72 – 73.

Giacomo ROSSO: Savoia Torre Annunziata 70 – 71.

Lucio GHISO: Savona 72 – 73, 73 – 74.

Fiorentino Nacinovich:  Savona 72 – 73, 73 – 74.

Enzo LAURO: Novese 74 – 75, Latina 77 – 78 78 – 79.

Franco ROSSI: Spezia 74 – 75.

Giorgio SALVATICI:  Benevento 74 – 75, Olbia 76 – 77, 77 – 78.

TERZINI

Domenico ARNUZZO: Sampdoria 70 – 71, Savona 71 – 72, Sampdoria 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79, 79 – 80.

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 La figurina di Domenico Arnuzzo

Angelo COLLETTA: Mantova 70 – 71, Taranto 71 – 72, Monza 72 – 73, Latina 73 – 74.

Marco ROSSINELLI: Sampdoria 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, Fiorentina 76 – 77 77 – 78.

Luciano TENEGGI: Pisa 70 – 71, Taranto 71 – 72.

Giuseppe TRINCHERO: Como 70 – 71, 71 – 72, Foggia 72 – 73, Reggina 73 – 74.

Sergio VEZZOSO: Arezzo 70 – 71.

Elvio FONTANA: Entella 70 – 71, 71 – 72.

Manlio SOBRERO: Entella 70 – 71, Gavinovese 73 – 74.

Claudio AGNETTI: Genoa 70 – 71, 71 – 72, Casertana 72 – 73.

Franco FERRARI: Genoa 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, Parma 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77.

Battista BRIGNOLE:  Imperia 70 – 71, 71 – 72, Savona 72 – 73, 73 – 74.

Ivano DEMARIA: Imperia 70 – 71.

Salvatore SASSU:  Imperia 70 – 71, 71 – 72.

Umberto CAMPIOLI:  Lucchese 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73.

Franco CANEPA: Savona 70 – 71, 71- 72.

Mirco ZIGNEGO: Spezia 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75.

Sergio SACCHINI:  Solbiatese 71 – 72.

Enrico DORDONI: Spezia 71 – 72.

Bruno PERLO: Savona 72 – 73, 73 – 74.

Giampaolo BONANNI:  Spezia 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78- 79.

Furio FINETTI: Crotone 72 – 73, Spezia 74 – 75.

Sandro AIMONE:  Gavinovese 73 – 74, Novese 74 – 75, Casale 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79.

Giovanni SCHIESARO:  Gavinovese 73 – 74, Novese 74 – 75.

Santino TIRICO: Savona 73- 74

Gianluca GAVINO:  Marsala 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76.

Osvaldo ARECCO:  Sampdoria 74 – 75, Grosseto 75 – 76, Sampdoria 76 – 77, 77 – 78, Pistoiese 78 – 79, 79 – 80.

Giordano CHIESA: Casale 74 – 75.

Roberto ROMEI:  Sampdoria 74 – 75, 75 – 76, Alessandria 76 – 77, Pistoiese 77 – 78, 78 – 79,  Sampdoria 79 – 80.

Claudio ZITTA: Roma 75 – 76, Clodiasottomarina 76 – 77, Marsala 77 – 78.

Roberto BOMBARDI:  Sampdoria 76 – 77, 77 – 78 Lanerossi Vicenza 78 – 79, 79 – 80.

Mauro SORO: Albese 76 – 77, Treviso 78 – 79.

Sebastiano NELA: Genoa 79 – 80.

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Sebino Nela esordiente alla fine degli anni ‘70

MEDIANI

Franco VIGNOLO:  Derthona 70 – 71.

Sergio CARPANESI:  Anconitana 70 – 71.

Roberto TASSARA:  Entella 70 – 71, 71 – 72.

Roberto DERLIN: Genoa 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, Spezia 74 – 75.

Giacomo ALESSIO:  Imperia 70 – 71.

Roberto CICOGNINI:  Imperia 70 – 71, 71 – 72.

Gianni CAPRA: Savona: 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73.

Giampiero VENTURA: Enna 70 – 71.

Claudio MANNOCCI: Roma 71 – 72.

Carlo VOLPI: Brescia 70 – 71, 71 – 72, Parma 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, Lucchese 75 – 76.

Piero NATTA: Imperia 70 – 71, 71 – 72.

Franco CASTELLETTI:  Brindisi 71 – 72, 72 – 73, Brescia 73 – 74, Venezia 74 – 75.

Piero MONTANARI: Turris 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75.

Giorgio FOSSA: Chieti 73 -74.

Silvino CHIAPPARA:  Genoa 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77 Sambenedettese 77 – 78, Trento 78 – 79.

Vincenzo CINQUEGRANA:  Sampdoria 74 – 75.

Enrico NICOLINI Sampdoria: 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, Catanzaro 76 – 77, 77 – 78, 78- 79, 79 – 80.

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Enrico Nicolini in maglia blu cerchiata a contatto con Beppe Furino

Vincenzo CORRADO:  Lucchese 76 – 77.

Giovanni BALDI: Olbia 76 – 77.

Maurizio DI FRAIA:  Spezia 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79.

Angelo MOLINARI: Trento 78 – 79.

Angelo CUPINI: Udinese 79 – 80.

Marco ADRIANO:  Sanremese 79 – 80.

CENTROMEDIANI  (LIBERI E STOPPER)

Marco COZZANI: Atalanta 70 – 71, Reggina 71- 72, SPAL 72 – 73,, Lecce 73 – 74.

Giorgio GARBARINI:  Sampdoria 70 – 71, Genoa 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, Como 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78.

Carlo POZZI: Derthona 70 – 71, 71 – 72.

Stelvio SCIUTTO: Lecco 70 – 71.

Mario DELLEPIANE:  Entella 70 – 71.

Roberto ROVETA: Entella 70 – 71, 71 – 72.

Maurizio Ramon TURONE:  Genoa 70 – 71, 71 – 72 Milan 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78 Catanzaro 78 – 79, Roma 79 – 80.

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Momento topico nella storia del calcio italiano: Maurizio Ramon Turone segna il goal del possibile scudetto alla Roma. Il goal verrà annullato tra mille polemiche e la vittoria nel campionato 80 – 81 sarà della Juventus

Antonio BENEDETTO:  Imperia 70 – 71, 71 – 72.

Osvaldo MOTTO: Spezia 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79.

Franco MAMILOVICH:  Lecce 71 – 72.

Andrea VALDINOCI: Pro Vercelli 72 – 74.

Virgilio LANDINI:  Casale 74 – 75, 75 – 76.

Morris BERTACCHINI:  Lucchese 75 – 76, 76 – 77.

Roberto ONORI:  Sangiovannese 75 – 76.

Fulvio BUSSALINO:  Brescia 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78 Taranto 78 – 79, Matera 79 – 80.

Pietro MOLINARI:  Alessandria 77 – 78, 78 – 79, 79 – 80.

Antonio SASSARINI:  Spezia 77 – 78, 78 – 79.

Amedeo BALDIZZONE:  Forlì 79 – 80.

Ettore GAZZANO:  Sanremese 79 – 80.

ALI

Rocco FOTIA: Sampdoria 70 – 71, 71 – 72 Mantova 72 – 73, Napoli 73 – 74 Sampdoria 74 – 75, 75 – 76.

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Figurina Panini di Rocco Fotia

Claudio MONTEPAGANI:  Foggia 70 – 71, Prato 71 – 72, Mantova 73 – 74.

Giancarlo MORELLI:  Taranto 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75 Spezia 75 – 76.

Maurizio ZANOTTI: Parma 70 – 71, 71 – 72 Grosseto 73 – 74, Pisa 74 – 75, 75 – 76 Massese 76 – 77, 77 – 78.

Massimo LUPI: Genoa 70 – 71, Potenza 71 – 72, Gavinovese 73 – 74.

Mario DUBOURGEL:  Imperia 70 – 71.

Emiliano GIORDANO:  Imperia 70 – 71, 71 – 72.

Claudio MACCIO’: Rimini 70 -. 71, 71 – 72, Ascoli 72 – 73, Atalanta 73 – 74, Ascoli 74 – 75 Brindisi 75 – 76, Rimini 76 – 77.

Giorgio FAVARA: Spezia 70 – 71.

Luciano ROLLANDO:  Spezia 70 – 71, 71 – 72.

Franco GIUGIA: Enna 70 – 71.

Bernardo MARIANI: Enna 70 – 71.

Giorgio REPETTO: Sampdoria 71 – 72, Pescara 72 – 73, Parma 73 – 74, Sampdoria 74 – 75, Pescara 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79, 79 – 80.

Abramo PIGLIACELLI:  Savona 72 – 73.

Mauro GIACOMELLI:  Gavinovese 73 – 74

Roberto MANITTO: Novese 74 – 75, Trento 75 – 76.

Giampaolo MAZZA:  Riccione 74 – 75.

Pietro MOTTO: Spezia 74 – 75.

Stefano GRAZZINI:  Spezia 76 – 77.

Roberto BAROZZI:  Alessandria 77 – 78, 78 – 79, 79 – 80.

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Roberto Barozzi, ala super – tecnica. In questa foto all’Alessandria

Mario BERARDO: Alma Juventus Fano 77 – 78, Alessandria 78 – 79, 79 – 80.

Gino FORNILE: Spezia 77 – 78, 78 – 79.

Giovanni ROMANO: Spezia 77 – 78.

Mario PINI: Matera 79 – 80.

MEZZALI

Enrico BURLANDO: Pisa 70 – 71 Piacenza 72 – 73 Udinese 73 – 74, 74 – 75.

Piero PITTOFRATI: Como 70 – 71, Brescia 71 – 72 Messina 72 – 73 Omegna 77 – 78.

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Una indimenticabile immagine della squadra juniores del Savona FBC quando vi militava anche Piero PIttofrati

Giancarlo SALVI:  Sampdoria 70 – 71, 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, Lanerossi Vicenza 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79.

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Un momento particolare della carriera di Giancarlo Salvi. Stagione 1963 – 64, a SanSiro  spareggio per la salvezza tra Samp e Modena. I blucerchiati si impongono per 2-0, a segno Salvi e Paolone Barison

Michele ILLIANO:  Piacenza 70 – 71.

Bruno BAVENI: Trento 70 – 71 71 –  72, 72 – 73.

Luigi PLUTINO:  Anconitana 70 – 71.

Orazio “Pucci” GITTONE: Entella 70 – 71, 71 – 72 Gavinovese 73 – 74.

Mario PACCIANI: Entella 70 – 71 Gavinovese 73 – 74.

Alfredo ROSSO: Savona 70 – 71, 71 – 72.

Ilario DIDO: Spezia 70 – 71, 71 – 72.

Angelo SEGHEZZA:  Crotone 70 – 71, Matera 71 – 72, Frosinone 72 – 73, Spezia 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79.

Giuseppe GENTILE:  Savona 71 – 72

Luigi CAPPANERA: Savona 70 – 71, Spezia 71 – 72, Sampdoria 72 – 73, Grosseto 73 – 74, 74 – 75, Pisa 75 – 76, 76 – 77.

Sebastiano FORESTI:  Potenza 71 – 72 Matera 73 – 74.

Massimo BERTA:  Alessandria 72 – 73 Reggiana 77 – 78, 78  – 79.

Vladimiro ZUNINO:  Gavinovese 73 – 74, Novese 74 – 75, Pisa 75 – 76, Benevento 76 – 77 Spezia 77 – 78.

Fabrizio COMEGLIO:  Spezia 74 – 75.

Giovanni OTTONELLO:  Pistoiese 75 – 76. 76 – 77.

Carlo CINTOI: Spezia 75 – 76.

Claudio LEGNANI: Casale 76 – 77, 77 – 78, 78 – 79 Ternana 79 – 80.

Paolo BOCCHINU: Lecco 77 – 78, 78 – 79, 79 – 80.

Marco DOMENICHINI:  Pescara 79 – 80.

Marco MARIANI: Rimini 79 – 80.

Enrico VELLA: Sampdoria 79 – 80

CENTRAVANTI

Marco FAZZI: Casertana 70 – 71, Reggina 71 – 72, Casertana 72 – 73, 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76.

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La  Casertana celebra il compleanno di Marco Fazzi

Pierangelo BASILI: Avellino 70 – 71, Lecce 71 – 72, Parma 72 – 73, Vigevano 73 – 74, Lucchese 74 – 75, Clodiasottomarina 75 – 76, Udinese 76 – 77, Casale 77 –78, Novara 78 – 79, 79 – 80.

G.B. BENVENUTO: Arezzo 70 – 71 71- 72 Clodiasottomarina 72 – 73.

Paolo TONELLI: Pro Vercelli 71 – 72, 72 – 73, 73 – 74.

Corrado EPIFANO: Parma 72 – 73, 73 – 74.

Bruno “Bubu” BUSCAGLIA:  Savona 73 – 74, Chieti 74 – 75, Casale 75 – 76, 76 – 77.

Giorgio DE GIORGIS:  Sampdoria 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77 Cremonese 77 – 78, Sampdoria 78 – 79, 79 – 80.

Roberto PRUZZO: Genoa 73 – 74, 74 – 75, 75 – 76, 76 – 77, 77 – 78 Roma 78 – 79, 79 – 80.

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Roberto Pruzzo ai tempi del Genoa

Adriano PISANO: Sorrento 74 – 75, Alma Juventus Fano 76 – 77.

Osvaldo POGGIO: Pro Vercelli 75 – 76.

Stefano STRATA: Spezia 76 – 77, 78 – 79..

Cesare MELILLO:  Sanremese 79 – 80.

Roberto CATROPPA:  Anconitana 79 – 80.

22 DICEMBRE 1947: IL CALCIO NEI GIORNI DELLA COSTITUZIONE CON IL TORINO DEI RECORD

NATALE 1914: LA PASSIONE PER IL CALCIO FECE SUPERARE L’ODIO PER IL NEMICO

di LUCIANO ANGELINI e FRANCO ASTENGO

Guerre, conflitti, violenze, paure, tensioni, minacce nucleari, vere o presunte. E tanti appelli, ahinoi inascoltati. Eppure, fermare la follia, almeno per un momento, si può e si deve. E’ accaduto 103 anni fa e vogliamo ricordarlo. Ci riferiamo a quella che ci sentiamo di definire “la partita della pace” giocata il giorno di Natale del 1914 tra soldati tedeschi e inglesi che si fronteggiavano sulle diverse trincee in Belgio, a pochi mesi dallo scoppio della prima guerra mondiale. E lo facciamo, in occasione delle festività natalizie, proprio per testimoniare il valore comunicativo tra i popoli del gioco del calcio.

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Il gioco del foot-ball era già uscito dallo stretto ambito delle isole britanniche dove era stato regolamentato fin dal 1863 (26 ottobre: riunione alla Freemason Tavern di Londra di tredici delegati in rappresentanza di undici società per decidere si o no all’uso delle mani e si o no a una dose di sana violenza studentesca: da lì la distinzione tra rugby e football), anche se la prima idea di calcio vero la mise insieme Thomas Arnold, rettore dal 1828 al 1840 dell’università di Rugby, nell’Inghilterra del Nord, e la sua popolarità si era estesa a tutta Europa, e in America sia al Nord che al Sud. Alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912 si era svolto un torneo con ampia partecipazione. Erano presenti infatti le squadre nazionali di Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Russia, Italia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna, Svezia, Ungheria.

In finale la Gran Bretagna aveva superato per 4-2 la Danimarca (l’Italia era stata eliminata dalla Finlandia, poi avrebbe vinto per la prima volta nella sua storia una partita in trasferta superando i padroni di casa della Svezia e avrebbe poi chiuso il torneo incassando un pesante 5-1 dal Wunderteam austriaco). Capocannoniere però era risultato un tedesco, il centravanti Fuchs, capace di segnare dieci reti in una sola partita nel clamoroso 16-0 inflitto dalla Germania alla Russia. Tutto questo per significare la già acclarata popolarità del calcio a livello internazionale, nel momento dello scoppio della prima guerra mondiale.

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Fuchs, capocannoniere tedesco con 10 reti in una sola partita

“Torniamo però al fronte di guerra in quel Natale 1914. E a quello storico, come chiamarlo altrimenti, evento sul quale si sono intrecciati racconti e ricostruzioni che consentirono di scrivere che “il pallone aveva rimpiazzato le pallottole e per la durata di una partita di calcio l’umanità aveva ripreso il sopravvento sulla barbarie”. Secondo un’altra ricostruzione, quell’incontro non si sarebbe mai potuto giocare perché i due reggimenti individuati erano separati dal fiume Lys. Ernie Williams, un militare inglese, quella partita però l’ha disputata e l’ha raccontata in un’intervista televisiva nel 1983: “A un certo punto è apparso un pallone, non so dire se sia arrivato dalla nostra o dalla loro trincea, prima c’è stato qualche passaggio, ci divertivamo, alla fine è diventata un’unica grande mischia, senza alcun arbitro e punteggio, anche perché il cuoio della palla si era completamente infradiciato”, secondo altri il pallone era fatto di stracci.

La tregua di Natale del 1914 fu un gesto spontaneo che riuscì dove altri fallirono: come la lettera di 101 suffragette britanniche scritta alle donne tedesche e austriache; o la proposta di Papa Benedetto XV (“Possano i cannoni tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano”) ufficialmente respinta. Secondo più ricostruzioni, soprattutto inglesi, furono i tedeschi i primi a uscire dalle trincee, dopo aver mostrato cartelli di auguri e intonando canti natalizi. Circa 100 mila furono i soldati coinvolti in tregue volontarie lungo il fronte delle Fiandre. Tedeschi, inglesi, ma pure francesi e belgi che si scambiavano auguri e indirizzi, seppellivano i propri morti, si regalavano cibo, sigarette, facevano vedere le foto delle fidanzate, ammiravano le armi avversarie, celebravano messe. Per molti la tregua durò solo il 25 dicembre, secondo altri alcuni giorni; i più fortunati non si spararono addosso fino all’anno nuovo.

C’è un sito (christmastruce.co.uk) che ricorda quei momenti, grazie soprattutto alle lettere dal fronte che raccontarono all’opinione pubblica quello che era accaduto. “Prova soltanto a pensare che mentre tu stavi mangiando il tacchino, io stavo parlando e stringendo le mani agli stessi uomini che solo qualche ora prima avevo tentato di uccidere”, riporta una delle missive dell’epoca. Una tregua che scatenò l’ira dei rispettivi comandi e fu rivelata solo grazie al New York Times che il 31 dicembre 1914 pubblicò i resoconti dei militari coinvolti, seguito poi dal britannico Daily Mirror, dal Daily Sketch e dal Times. Le lettere scritte da chi prese parte alla partita furono portate ai giornali dai loro stessi parenti increduli, con la speranza  che l’intesa per una pace fosse vicina, inconsapevoli della ferocia che si sarebbe scatenata negli anni successivi. In Germania le notizie arrivarono molto più smorzate, mentre in Francia furono del tutto censurate.

Episodi simili non si ripeterono, se non in misura molto minore. I comandi iniziarono a far ruotare i reggimenti perché non prendessero confidenza col nemico e nell’approssimarsi delle festività intensificavano i bombardamenti per scoraggiare una tregua ampia come quella del 1914. La prima amichevole tra Inghilterra e Germania si giocò a Berlino il 10 maggio 1930 e finì 3-3, mentre la prima volta a un Mondiale fu la finale di Londra del 30 luglio 1966 vinta dai padroni di casa per 4-2.

È difficile dire se il giorno di Natale di centotre anni fa si giocò veramente una partita di calcio tra le due trincee, forse se ne giocarono più di una, forse furono delle mischie divertite e divertenti; secondo altri, a giocare furono solamente gli inglesi. Resta però l’idea che in mezzo a una guerra alcuni ragazzi trovarono il coraggio di abbassare le baionette e di guardare negli occhi il nemico che qualcuno aveva designato per loro.

10 GOAL NELLA STORIA: BELLI E FAMOSI TRA RICORDI E NOSTALGIE

 

di FRANCO ASTENGO

Nel riflettere sulla scelta dei 10 goal da ricordare nella storia del calcio abbiamo sentito, come mai in occasioni analoghe, tutto il senso dell’inadeguatezza e dei limiti nel delineare in questo modo il passato del nostro gioco preferito. Nostalgia canaglia, prendendo a prestito una canzone di una coppia (scoppiata) famosa. Infatti ci si deve limitare, anche per ragioni di materiale disponibile, ai grandi palcoscenici internazionali o – al massimo – della Serie A: un limite rigorosamente invalicabile.

Resta però il dubbio: quanti goal meravigliosi, altrettanto se non tecnicamente più belli e importanti di quelli che saranno citati cammin facendo, abbiamo avuto occasione di  osservare nelle categorie minori. Quanti dribbling eccezionali conclusi a rete alle Traversine, la leggendaria tana del Vado, alla Valletta San Michele, teatro di mille battaglie a tutti i livelli dalle varie categorie ai colossali tornei dei bar organizzati da Nanni De Marco, al Rizzo di Cairo, piccolo grande impero dei gialloblu del presidente Negro e dell’allenatore-signore Natale Zamboni, all’Annibale Riva di Albenga, regno di capitan Celiberti e dell’intramontabile Luciano Testa, e anche a Calizzano, Altare, Ceriale?

Quante punizioni dal limite pennellate nel 7 negli anni hanno suscitato l’entusiasmo del pubblico (un tempo molto folto) al Pino Ferro di Varazze, protettorato del magico Barbarossa, di Carattino, Lupi e Foglia e Polignano, o in via Chiaravagna a Sestri Ponente, fortezza di Gigi Bodi, Gianetto, Zingariello e Zago? Autori delle prodezze tanti giocatori, tanti amici che hanno dedicato la loro passione al calcio dilettantistico e che meriterebbero di essere citati, così come tanti altri nelle categorie maggiori dei nostri campionati altrettanto bravi a compiere prodezze memorabili.

Ci resta un solo grande rimpianto e riguarda Corso Ricci e lo spirare del vento di tramontana che spingeva la palla quando la squadra fortunata giocava con la fronte verso il mare. I lettori dai capelli grigi o fedeli cultori del calcio savonese avranno già capito: ci manca la documentazione dei goal segnati direttamente dal corner da Livio Gennari con la complicità del cognato Valle, abilissimo nel disturbare il portiere, in una indimenticabile stagione.

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Il Savona 1957-58 schierato in Corso Ricci nel campionato degli indimeticabili goal di Gennari dalla bandierina del corner. Da sinistra in piedi: Valle (giocava terzino e, nella vita, di Gennari era anche il cognato. Il suo compito era quello di saltare davanti al portiere quando dalla lunetta partiva la magica parabola), Livio Gennari, Pastorino, Valentino Persenda, grande capitano, Papes, Giulio Mariani, Nadali; accosciati: Corrado Teneggi (anche per la sua rovesciata nel 3-1 al Treviso, nella prima partita di campionato giocata nel nuovo stadio di Legino, potrebbe esserci posto nella “hall of fame” dei goal più belli della storia), Bruzzone, Bertin Mantero, Basilio Parodi. Un dream team amato dalla tifoseria e dai savonesi

Era diventata quasi un’abitudine (Livio segnò anche in trasferta dalla bandierina). Purtroppo non ci sono filmati o foto, oggi quelle prodezze diventerebbero virali sui social media e negli alluvionali programmi sul calcio delle varie emittenti, ma resta nella nostra memoria (anche visiva) l’immagine di prodezze balistiche irripetibili degne di essere accomunate a quelle che andiamo ad elencare.

1)   Maradona all’Inghilterra (1986)

Secondo gol di Diego Armando Maradona nei quarti di finale della Coppa del Mondo Fifa 1986 tra Argentina e Inghilterra il 22 giugno 1986, allo Stadio Azteca di Città del Messico, quello dell’indimenticabile semifinale Italia-Germania 4-3 con il gol di Gianni Rivera nel secondo tempo supplementare. Maradona mise a segno il suo incredibile show cinque minuti dopo l’altro famoso e controverso episodio per cui è spesso ricordato ovvero quello della Mano de Dios.

A nove minuti dall’inizio del secondo tempo, Héctor Enrique passò la palla a Maradona circa dieci metri all’interno della propria metà campo. Maradona iniziò la sua corsa di 60 metri in 10 secondi diritto verso la porta inglese, lasciandosi alle spalle cinque giocatori inglesi (Hoddle, Reid, Sansom, Butcher e Fenwick) e alla fine anche il portiere Shilton, prima di depositare in rete il pallone del 2-0 per l’Argentina.

Lineker accorciò le distanze segnando 25 minuti dopo, ma gli inglesi non riuscirono a pareggiare e l’Argentina vinse per 2-1, qualificandosi per la semifinale del torneo che alla fine laureò la squadra sudamericana Campione del mondo per la seconda volta nella sua storia. Fuori dallo stadio fu eretta una statua di Maradona per immortalare il suo gesto.

Maradona ha successivamente dichiarato che non avrebbe potuto segnare un gol così bello se non avesse giocato contro l’onesta squadra inglese, che non lo mise a terra come invece avrebbe fatto la maggior parte delle difese. Tutt’altro che un complimento, se vogliamo.

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2)   Pelè alla Svezia (1958)

Finale campionati mondiali 1958 . Brasile – Svezia 5-2

Al 55’ Pelè mette il suo primo sigillo della finale: dopo un beffardo pallonetto sul suo diretto marcatore, si libera e conclude alle spalle dell’estremo difensore.

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3)   Van Basten all’URSS (1988)

Finale campionati europei 1988: Olanda – URSS 2-0

Minuto 54′. Un brutto tocco di Alexandr Zavarov consente ad Adri van Tiggelen di intercettare la palla e servire Arnold Mühren largo sulla sinistra. Il suo cross istantaneo taglia tutto il campo e vola verso Van Basten, che si trova in posizione molto defilata e sembra non avere altre possibilità oltre al cross. Ma invece di crossare, l’attaccante fa partire un tiro al carico d’effetto che scavalca il portiere e si insacca sul secondo palo. Anche il pubblico tedesco, deluso per la sconfitta in semifinale contro l’Olanda, non può che alzarsi in piedi ad applaudire.

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4)   Zidane al Bayer Leverkusen (2002)

Finale Champions League 2002: Real Madrid – Bayer Leverkusen 2-1

Roberto Carlos scodella uno spiovente al centro dell’area di rigore. Il suo cross sembra più una giocata d’emergenza, un traversone forzato dal pressing del marcatore. Quando il pallone arriva in mezzo all’area di rigore, l’ Hampden Park di Glasgow pare fermare per un istante tutto quanto intorno a Zinedine Zidane, che, in perfetta coordinazione, colpisce di sinistro, quasi posizionandosi come un compasso per colpire la palla nell’unica maniera possibile per spedirla verso la porta in modo pericoloso per il portiere. Butt prova a lanciarsi verso la palla, ma il tiro è talmente perfetto e potente da non consentire scampo. Quando la palla finisce in porta sui calciatori del Leverkusen compare un velo di arrendevolezza. Manca ancora tempo, sì, ma quella prodezza, così improvvisa e imprevedibile, è il segnale di una superiorità dettata dal genio, più che dal gioco che in una partita così, si sa, stenta spesso a farsi armonioso e piacevole. Il Real ha Zidane, e quel goal che entra subito nella storia della Champions, con un gesto che diventa icona della naturalezza della grandezza, anticipa il responso della disputa. Il Leverkusen ha tempo per recuperare, perché è solo il primo tempo, ma il Real ha Zidane. Finisce 2-1 e la “Coppa dalle grandi orecchie” va a Madrid.

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5)   Beckenbauer all’URSS (1966)

Semifinale Germania – URSS 2-1.Un goal nel primo tempo di Helmut Haller permise alla Germania di partire con il piede giusto nell’altra semifinale. La ripresa vide l’espulsione del sovietico Igor Chislenko, tra i giocatori più prestigiosi dell’URSS, e la decisiva rete della leggenda tedesca Franz Beckenbauer, prima dell’inutile marcatura nei minuti finali per l’URSS di Valeriy Porkujan.

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Il gran goal di Beckenbauer è in fondo alla rete. Al “ragno nero” Lev Jashin, considerato il miglior portiere al mondo, non resta che raccogliere la sfera.

6)   Mortesen all’Italia (1948)

Quando si assiste ad una rete da posizione impossibile si parla di “gol alla Mortensen”. Stan Mortensen, attaccante del Blackpool, quel gol lo segnò il 16 maggio 1948 al quarto minuto di gioco al povero Valerio Bacigalupo, che un anno dopo morirà nella tragedia di Superga. Si giocava a Torino la quarta sfida tra Italia e Inghilterra. La Federcalcio celebrava i cinquant’anni. E i “bianchi” d’Inghilterra onorarono la ricorrenza infliggendo agli azzurri una sconfitta bruciante: 0 – 4. Mai l’Italia era stata battuta in modo così sonoro e se vogliamo umiliante su campo amico. Il c.t. Vittorio Pozzo aveva schierato la squadra (i torinisti Bacigalupo, Ballarin, Grezar, Menti II, Loik, Gabetto e Mazzola; i milanisti Annovazzi e Carapellese; Parola della Juve e Eliani della Fiorentina) secondo il WM, ma gli inglesi trovarono un varco sul fronte sinistro della difesa, dove Matthews e Mortensen presero in mezzo il terzino Eliani, e da lì sfondarono. In occasione di quel gol famoso Mortensen, lanciato da Matthews, colpì la palla non lontano dalla linea di fondo: da quella posizione la porta era ridotta ad una specie di fessura, eppure la palla, quasi fosse teleguidata, roteando con una parabola magica, s’infilò sotto l’incrocio del primo palo, sorprendendo Bacigalupo, che si aspettava il cross. Le altre reti dell’Inghilterra le realizzarono Lowton e Finney con una doppietta.

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7)   Eusebio al Real Madrid (1962)

 Finale Coppa dei Campioni 1962 ad Amsterdam. Benfica –  Real Madrid 5-2.

Minuto 23′ gol del Benfica: Fallo di mano di Santamaria al limite. Coluna appoggia a Eusebio, missile violentissimo, che si infila nell’angolino.

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8)   Madjer al Bayern (1987)

Nel 1987 Madjier match winner in Coppa dei Campioni con il Porto contro il Bayern Monaco. Nella finale, vinta per 2-1 al Praterstadion di Vienna, rimase storico il suo gol, segnato di tacco al 79′, con cui la sua squadra, in svantaggio fin dal primo tempo, riuscì a portarsi sul pareggio, prima del sorpasso, avvenuto nei minuti finali. Questa prodezza gli valse il soprannome giornalistico di Tacco di Allah, e ancor oggi in ambito francofono un colpo di tacco (talonnade) ben eseguito è detto Madjer.

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9)   Bettega al Milan (1971)

Nel 1971-1972 segnò una doppietta contro il Milan alla quarta giornata, prima di testa e poi con un colpo di tacco, su cross di Causio, rimasto negli annali.

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10)Rivera alla Germania (1970)

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Qui entriamo nella Storia del calcio mondiale. La partita inizia alle 16, ora locale (notte fonda in Italia) di mercoledì 17 giugno 1970, Stadio Azteca di Città del Messico, circa 2.200 metri d’altitudine, dirige il peruviano Arturo Yamasaki, spettatori 105 mila. L’Italia si schiera con Albertosi, Burgnich, Facchetti; Bertini, Rosato (dal 91′ Poletti), Cera; Domenghini, Mazzola (dal 46′ Rivera, la famigerata staffetta valcareggiana), Boninsegna, De Sisti, Riva. Allenatore Ferruccio Valcareggi.

Il calcio d’inizio è affidato agli azzurri. Già dal primo minuto l’Italia inizia a tessere la sua ragnatela di passaggi, in modo tale da stancare l’avversario, scongiurare i tentativi di attacco e preservare il possesso palla. La partita si sblocca all’8′ minuto di gioco: al termine di una bella combinazione con Gigi Riva, Roberto Boninsegna, detto “Bonimba”, appena ricevuto il pallone viene prontamente accerchiato dal reparto difensivo tedesco. Ma l’azzurro scarica un  potente sinistro e dalla distanza mette alle spalle del portiere Maier. Da qui inizia la forsennata rincorsa dei tedeschi. Nei successivi ottanta minuti l’Italia gioca una partita difensiva ma non senza insidiare Beckenbauer e i suoi con alcuni insidiosi contropiede. Il portiere Albertosi, secondo molti il miglior portiere italiano di tutti i tempi, al minuto 89′ salva il risultato deviando un pericoloso colpo di testa di Seeler. Ma è il milanista Karl Heinz Schnellinger, al suo primo e unico gol in quarantasette partite con la nazionale, a portare la gara in parità due minuti e mezzo oltre i tempi regolamentari. La cosa, contrariamente a quanto succede oggi, a quei tempi era più unica che rara; infatti in quasi tutte le partite gli arbitri fischiavano la fine allo scadere del 90º minuto. Questo spiega la delusione e lo sconcerto del telecronista Nado Martellini, un gran signore del microfono, che al fischio finale dei tempi regolamentari commenta: Questo Yamasaki! Due minuti e mezzo dopo la fine del tempo regolamentare!

Iniziano così i supplementari che, per la straordinaria densità di emozioni offerte, entrano nella storia: al gol di Gerd Muller al 94′, abile a sfruttare un errato tocco della difesa italiana dopo un debole colpo di testa di Uwe Seeler, risponde il terzino (nero) azzurro Tarcisio Burgnich (al suo secondo e ultimo gol in nazionale in sessantasei partite), su un errore difensivo tedesco. Partita thrilling. Emozioni a go-go. L’Italia passa addirittura in vantaggio con uno straordinario assolo di “Rombo di tuono” Gigi Riva in contropiede, un minuto prima della fine del primo tempo supplementare. Botta e risposta.

La partita diventa epica. “Kaiser Franz” Beckenbauer, seppur  con una lussazione di una spalla, resta stoicamente in campo, giocando con un braccio fasciato lungo il corpo. E suona la carica dei panzer. Al quinto minuto del secondo tempo supplementare, la Germania Ovest trova il pareggio. Il colpo di testa di Seeler su un pallone proveniente da un calcio d’angolo sembra indirizzare la palla fuori, ma la faina Müller sfiora di testa, trova uno spiraglio tra Rivera (piazzato sulla linea di porta) e il palo: 3-3. Albertosi non nasconde la sua ira funesta nei confronti di Rivera (“Io ti ammazzo” gli urla a muso duro), ben conscio, il portiere cagliaritano nato a Pontremoli, che quell’errore può rivelarsi fondamentale per le sorti della gara. L’Abatino Gianni sembra impietrito. Ma così non è. Sa che negli spogliatoi, se si perde la partita, saranno dolori. Fa appello all’orgoglio, alla sua sublime classe e raschia dal fondo del barile le ultime risorse fisiche. Insomma, decide di decidere.

E’ un’azione corale, dopo appena sessanta secondi, a riportare l’Italia in vantaggio e a fare impazzire gli sportivi italiani al culmine di una crescente e inarrestabile scarica adrenalinica. Rivediamo quel mezzo minuto scarso. Palla rimessa in gioco a centrocampo, undici passaggi, nessun intervento dei tedeschi, pure loro stremati. Boninsegna fila lungo la fascia destra, arriva al limite dell’area e mette al centro per l’arrembante Rivera. Il golden boy tocca deciso di piatto e mette la palla alla destra del portiere Mayer proteso dalla parte opposta: 4-3. Osanna, trionfo, delirio. L’Italia dopo trentadue anni è in finale Mondiale. Per tutta la notte, nelle piazze italiane, sui balconi, nei bar e in pizzeria, nelle caserme, nei circoli aziendali, nelle strade e negli autogrill, pare anche dietro le sbarre, l’impresa viene festeggiata tra cori e sventolar di bandiere come la vittoria del campionato stesso in attesa della finale vera e propria. Come finirà (4-1) contro il Grande Brasile è tutto un altro discorso. Nella Storia resta da allora e per sempre la “partita dell’Azteca”.

 

 

 

I DIECI MIGLIORI BRASILIANI NEL CAMPIONATO ITALIANO DA ALTAFINI A ZICO E RONALDO

 

a cura di Franco Astengo

Portiamo avanti ancora la lunga storia dei sudamericani nel campionato italiano affrontando un tema di grande fascino: quello riferito ai grandi brasiliani che hanno frequentato nel tempo il nostro campionato. Scelte difficili e storie davvero di grande spessore calcistico: evocazione di assi straordinari arrivati dalla più grande scuola calcistica del mondo.

Salvo Altafini, Dino Sani e Amarildo nessuno dei grandi campioni vincitori dei mondiali 1958 – 1962 – 1970 è approdato però in Italia. I brasiliani erano troppo gelosi delle loro stelle per lasciarle andare: inutilmente Moratti cercò di trattare Pelè, l’Avvocato (Agnelli, ovvio) ci provò con Garrincha. Ma non ci fu nulla da fare, entrambi rimasero l’uno al Santos e l’altro al Botafogo. Erano due simboli, due bandiere del calcio carioca.

La storia dei brasiliani in Italia comincia fin dagli anni ’30 quando la Lazio saccheggiò il mercato paulista arrivando a schierare una squadra con 8 brasiliani in campo facendo giocare anche l’allenatore Amilcar Barbuy che all’epoca  sfiorava i quarant’anni. Da ricordare soprattutto i fratelli Fantoni (il migliore dei quali Leonizio in Brasile era soprannominato “Nigizio”) e “Filò” Guarisi. Anche la Juve, in quel periodo, ingaggiò un brasiliano che contribuì alla conquista dei cinque scudetti consecutivi tra il 1930 e il 1935: Pedro Sernagiotto che in Brasile era nominato come “Ministrinho”.

La lista dei 10 migliori che presentiamo in questa occasione risulterà sicuramente opinabile, come tutte le classifiche che nascono da scelte, valutazioni, esperienze ed emozioni personali. Ne sono rimasti fuori (mescolando le epoche tra gli anni ’50 fino ai ’90) grandissimi campioni, da Ronaldinho e Robinho, Rivaldo (arrivato già anziano), Nenè (arrivato centravanti nella Juve e poi trasformato in efficacissimo centrocampista a Cagliari), il leccese e poi fiorentino Mazinho, il possente difensore juventino Luis Pereira, l’altro difensore udinese Edinho, l’eccelso Socrates, che però nella sua unica stagione fiorentina non rese quel che ci si attendeva, l’ottimo Toninho Cerezo, centrocampista di Roma e Samp, Angelo Benedicto Sormani portato in Italia al Mantova dall’intuito di Italo Allodi e poi ceduto alla Roma per la cifra record per l’epoca di 500 milioni, Dino Da Costa, cannoniere alla Roma e poi tessitore di gioco alla Fiorentina e alla Juventus, l’esplosivo Luis Menezes Vinicio, “o lione”, idolo per tante stagioni della folla napoletana, poi al Bologna e ancora capo-cannoniere in tarda età calcistica con il Lanerossi Vicenza, il possente China Da Silva alla Sampdoria e alla Roma. Si tratta soltanto di esempi perché l’elenco completo sarebbe lunghissimo, il grande Leo Junior al Torino e al Pescara, il fortissimo centrocampista Carlos Dunga al Pisa, alla Fiorentina e al Pescara poi a lungo commissario tecnico della nazionale verde – oro, l’attaccante Amauri protagonista con molte squadre.

Dalla terra carioca non sono arrivati soltanto assi, ma anche meteore deludenti. Qualche nome: il genoano Eloi, lo juventino Amaro, Luis Silvio misterioso centravanti importato dalla Pistoiese nell’unica stagione disputata dagli arancioni in Serie A, i catanesi Pedrinho e Luvanor, un altro acquisto sbagliato dalla Juve come l’attaccante Siciliano e l’impalpabile fiorentino Antoninho.

Clamoroso il caso dell’ala sinistra Germano arrivato al Milan con eccezionali credenziali (era stato incluso nella rosa dei “22” del Brasile campione del mondo in Cile) per il campionato 1962 – 63. Germano in ritiro con i rossoneri conobbe e si innamorò, ricambiato, della contessina Agusta (della famiglia dei costruttori di elicotteri) e perse completamente la testa. A novembre fu ceduto al Genoa. Alla fine scappò in Belgio con l’amata: i due si sposarono e poi qualche tempo dopo si separarono ma la carriera di Germano era ormai irrimediabilmente compromessa.

Una carriera buttata via dal possente Adriano, arrivato all’Inter e passato per il Parma ma incapace, come molti giocatori di grande talento ma poca testa (il nostro Balotelli ne è un esempio lampante), di mantenere un minimo di disciplina sul campo come nella vita e naufragato tra gli eccessi.

Fin qui soltanto tratteggi di ricordi del tutto incompleti. Questa la “nostra” graduatoria.

1)    Altafini

josé João Altafini, noto in Brasile anche come “Mazola” per la somiglianza con Valentino Mazzola (Piracicaba, 24 luglio 1938), è un ex calciatore e commentatore televisivo brasiliano naturalizzato italiano. Ha fatto parte della Nazionale brasiliana, con cui si è laureato campione del mondo nel 1958 e, dal 1961, di quella italiana.

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1963 : Wembley. Altafini infila Costa Pereira. Il Milan vince la sua prima coppa dei Campioni d’Europa.

Dà i primi calci nell’XV de Piracicaba, una squadra minore della sua città natale. Nella sede del club è affissa una foto del Grande Torino e, notando la somiglianza del ragazzo con il compianto Valentino Mazzola, gli si attribuisce il nome d’arte di “Mazola” (con una sola “z”).

Nel luglio del 1955 entra a far parte delle giovanili del Palmeiras di San Paolo, la squadra degli italo-brasiliani. Il 29 gennaio 1956 esordisce in prima squadra, entrando nel secondo tempo di un’amichevole contro il Catanduva e, con una doppietta, stabilisce il record (tuttora imbattuto) del più giovane marcatore della storia del club biancoverde (17 anni, 6 mesi e 5 giorni).

Con la maglia del Palmeiras gioca due campionati dello Stato di São Paulo (1956 e 1957), segnando 32 reti in 63 partite; 85 gol in 114 partite, conteggiando anche le partite amichevoli e semiufficiali, con una media di 0,74, che è tuttora la quinta di sempre nella storia del Palmeiras. Il 9 giugno 1957 sigla una cinquina in Palmeiras-Noroeste (5-0), altro primato (sia pure a pari merito). Il 6 marzo 1958, segnando due reti al Santos di Pelè, Pepe e Zito, è uno dei protagonisti della storica partita Santos-Palmeiras 7-6 nel Torneo Rio-San Paolo.

In vista dei Mondiali di Svezia, gioca e segna in alcune amichevoli di preparazione organizzate dalla Nazionale brasiliana in Italia, contro Fiorentina e Inter (clamoroso un suo goal all’Inter “em bicicleta”, cioè in rovesciata); in quell’occasione è visionato dai dirigenti del Milan, che lo acquistano per 135 milioni di lire dell’epoca. Approdato ai rossoneri ad appena vent’anni, conferma anche in Serie A le sue doti di cannoniere. Il 27 marzo 1960, segna una quaterna (record tuttora imbattuto) in un derby di Milano che si conclude 5-3 a favore dei rossoneri; il 12 novembre 1961 riserva lo stesso trattamento sottorete alla Juventus. Nel campionato 1961-1962, vince la classifica dei marcatori a pari merito con Aurelio Milani.

In sette stagioni a Milano vince due scudetti (1958-1959 e 1961-1962) e la Coppa dei Campioni 1962-1963, quest’ultima la prima nella storia dei rossoneri nonché per un club italiano, che rompe la fin lì egemonia iberica nell’albo d’oro della manifestazione. Altafini realizza in quell’edizione di Coppa dei Campioni ben 14 reti, un primato che resisterà fino all’edizione 2013-2014 (quando verrà superato da Cristiano Ronaldo autore di 17 gol); inoltre, nella partita con l’Union Luxembourg vinta per 8-0, sigla cinque reti stabilendo un altro record che tuttora divide con otto atleti. Soprattutto, è sua la doppietta con la quale il Milan supera in rimonta per 2-1, nella finale al Wembley Stadium di Londra, i portoghesi del Benfica.

Nel 1965, per polemiche con Amarildo e Paolo Ferrario, lascia il Milan per trasferirsi al Napoli dove rimane per sette anni, formando fino al 1968 un “duo delle meraviglie” con il fantasista italo-argentino Omar Sivori. Il 31 dicembre 1967, in Napoli-Torino 2-2, realizza, in rovesciata acrobatica, un golaço che manda in visibilio la tifoseria. Nell’annata 1967-1968 contribuisce inoltre con le sue reti al secondo posto finale in classifica della squadra partenopea, al tempo il miglior piazzamento degli azzurri nel campionato italiano.

Nell’estate del 1972, trentaquattrenne, approda alla Juventus insieme al compagno di squadra Dino Zoff. Nonostante la non più giovane età (rapportata alle carriere agonistiche del tempo), e, pur partendo dietro ai titolari Pietro Anastasi e Roberto Bettega nelle gerarchie dell’attacco bianconero, a Torino vince da protagonista due scudetti, nelle stagioni 1972-1973 e 1974-1975, risultando spesso risolutivo subentrando dalla panchina: proprio tale situazione farà nascere nel calcio italiano il neologismo «alla Altafini», formula da allora usata per indicare l’impiego di calciatori ormai a fine carriera ma ancora decisivi in brevi spezzoni di partita. Contribuisce inoltre al raggiungimento della finale di Coppa dei Campioni 1972-73, la prima nella storia della squadra juventina, segnando nell’arco della manifestazione un gol nei quarti ai magiari dell’Újpesti Dózsa, e una doppietta in semifinale agli inglesi del Derby County. Nella finale di Belgrado 30 maggio 1973), i bianconeri dovettero inchinarsi all’Ajax (alla tripletta dopo le vittorie su Panathinaikos per 2-0 e sull’Inter 2-0 con doppietta dell’incommensurabile Cruyff) illuminato dal genio di Cruyff con il contorno di Haan, Krol, Neeskens e Rep, autore del gol della vittoria dopo soli 4 minuti di gioco. Questa la Juve in campo nella finale: Zoff, Marchetti, Longobucco; Furino, Morini, Salvadore; Altafini, Causio (dal ’78 Cuccureddu), Anastasi, Capello, Bettega (Haller dal 63′).

Della sua militanza in maglia bianconera si ricorda, in particolare, la rete segnata in Juventus-Napoli del campionato 1974-1975, con la classifica che vedeva i padroni di casa in testa davanti ai campani, secondi a due lunghezze: entrato in campo come consuetudine a pochi minuti dalla fine, Altafini realizza all’88’ il gol del 2-1, che consente alla Juventus di staccare i rivali e vincere lo scudetto. Pochi giorni dopo la partita, su di un cancello di accesso dellostadio San Paolo di Napoli appare la scritta «José core ‘ngrato», ricordando i trascorsi azzurri dell’attaccante.

Complessivamente nella sua carriera italiana ha segnato 216 reti in 459 gare di Serie A, quarto assoluto per realizzazioni, dopo Piola, Torri e il “pompiere” Nordahl, e a pari merito con Meazza); è inoltre al secondo posto, dopo Javier Zanetti, per presenze in massima categoria, tra i calciatori non nati in Italia.

Chiusa la lunga parentesi italiana, nel 1976 si accasa al Chiasso, nel campionato svizzero di seconda divisione; la squadra consegue la promozione in Super League, anche grazie alle sue reti. Gioca poi un altro anno nella prima divisione elvetica con i chiassesi, prima di chiudere la carriera nel 1980, all’età di quarantadue anni e dopo venticinque anni di calcio professionistico, nel Mendrisiostar, squadra svizzera di seconda divisione.

 

ALTA

Altafini con il presidente brasiliano Lula, in occasione del 50º anniversario del primo titolo mondiale della Seleção; sulla maglia che stringe tra le mani, il suo storico soprannome “Mazzola” questa volta con due zeta invece di una sola come abitualmente era scritto in Brasile)

 

Il 16 giugno 1957, a 18 anni e 327 giorni, esordisce nel Brasile andando in gol contro il Portogallo. Il 7 e il 10 luglio successivo, contribuisce alla vittoria della sua Nazionale nella Copa Roca, insieme all’esordiente Pelé, segnando ancora una rete. È quindi convocato per il campionato del mondo 1958 in Svezia, dov’è il più giovane dei brasiliani dopo Pelé. Qui è schierato nella prima partita contro l’Austria a cui segna una doppietta. Tre giorni dopo gioca ancora contro l’Inghilterra (0-0), ma si infortuna e viene lasciato a riposo per la partita successiva. Rientra nei quarti di finale contro il Galles, nella vittoriosa partita decisa da un gol di Pelé ma, per semifinale e finale, gli viene preferito Vavà (uno del  mitico trio con Didì e Pelé), sicché assiste dalla panchina al trionfo dei suoi compagni, i quali conquistano la prima Coppa Rimet della Seleção.

Trasferendosi in Italia subito dopo i Mondiali del 1958, non poté più indossare la maglia verdeoro poiché, per le regole dell’epoca, venivano schierati in Nazionale esclusivamente i giocatori che militavano nei campionati brasiliani.Una volta naturalizzato italiano, in quanto oriundo, Altafini può indossare la maglia azzurra dell’Italia. In 6 gare complessivamente disputate realizza 5 reti, esordendo con gol il 15 ottobre 1961 contro Israele e partecipando poi al Mondiale 1962 in Cile. Qui è in campo il giorno della sfortunata e drammatica partita Cile-Italia.

La responsabilità dell’eliminazione della squadra azzurra viene indistintamente imputata agli oriundi, sicché l’italo-brasiliano Altafini (cui l’esito negativo della spedizione tricolore fa acquisire anche la reputazione di calciatore poco incline agli scontri fisici con i difensori avversari, da qui il soprannome di “Conileone”, un mistro tra coniglio e leone, inflittogli da Gianni Brera), pur non avendo ancora compiuto ventiquattro anni, non sarà più convocato.

Dopo il ritiro : « Che golaço! »
(José Altafini durante le telecronache)

A partire dagli anni 1980, Altafini lavora come commentatore televisivo e analista per emittanti quali TMC, TELE+, Sky Sport, Rai Sport e Gazzetta TV. Dal 2001 al 2006, con Fabio Santini, conduce il programma Mai visto alla radio sull’emittente radiofonica RTL 102.5 e poi, per altri due anni, la trasmissione Cuore e batticuore in coppia con Valeria Benatti. Nel 1981, insieme a Luigi Colombo, lancia per la prima volta in Italia la telecronaca a due voci in occasione della finale di Football League Cup Liverpool-West Ham.

Ha prestato la sua voce, insieme a quella di Pierluigi Pardo, per le telecronache dei videogiochi PES 2009PES 2010 e PES 2011. Nel 2009, in collaborazione sempre con Pierluigi Pardo, ha pubblicato il libro Incredibile amici! (il cui titolo è un riferimento a un suo tormentone ricorrente durante le telecronache).

Nel 2011 ha partecipato al doppiaggio della versione italiana del film di animazione Rio in cui interpreta la voce del bulldog Luiz, doppiato anche nel sequel Rio 2 – Missione Amazzonia, quest’ultima interpretazione gli è valsa il premio “Leggìo d’oro come voce rivelazione cartoon”.

2)    Ronaldo

Ronaldo Luís Nazário de Lima, conosciuto semplicemente come Ronaldo : Rio de Janeiro, 22 settembre 1976[8]), è un dirigente sportivo ed ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante, due volte campione del mondocon la Nazionale brasiliana.

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Juventus – Inter: il famoso contatto tra Juliano e Ronaldo. Rigore o non rigore? Se ne discute ancora oggi.

Soprannominato O Fenômeno (in italiano Il Fenomeno), è considerato da molti il più grande attaccante della propria epoca, nonché uno dei migliori giocatori della storia del calcio. Cresciuto nel Cruzeiro, arriva in Europa con la maglia del PSV Eindhoven. Nel 1996 si trasferisce al Barcellona, con cui vince una Supercoppa spagnola, una Coppa delle Coppe e una Coppa di Spagna. Dopo una sola stagione viene acquistato dall’Inter, dove resta cinque stagioni vincendo una Coppa UEFA. Nell’estate del 2002 passa al Real Madrid e in cinque anni conquista un campionato spagnolo, una Supercoppa spagnola e una Coppa Intercontinentale. Conclusa l’esperienza in Spagna, nel 2007 si trasferisce al Milan prima di chiudere la carriera nel 2011 con il Corinthians. Nel suo palmares a livello di club vanta anche due Coppe del Brasile, un campionato mineiro e uno paulista e una Coppa d’Olanda. In Nazionale ha conquistato due Mondiali (1994 e 2002), due Coppe America (1997 e 1999) e una Confederations Cup (1997). Fino all’edizione del 2014, ha detenuto il titolo di miglior marcatore dei Mondiali con quindici gol (quattro nel 1998, otto nel 2002 e 3 nel 2006). A livello individuale ha vinto due edizioni del Pallone d’oro (1997 e 2002) e tre del FIFA World Player of the Year (1996, 1997 e 2002), record condiviso con Zinédine Zidane.

Da tempo nel mirino dell’Inter, nel giugno 1997 fu acquistato dal club nerazzurro, sebbene avesse rinnovato il proprio contratto col Barcellona da meno di un mese. La società lombarda versò l’intera clausola rescissoria di 48 miliardi di lire presente nel contratto del calciatore – più un ulteriore indennizzo pari a circa 3 miliardi di lire stabilito dalla FIFA–, che rese il suo acquisto il più costoso della storia del calcio (record battuto nel 1998 con l’acquisto di Denílson da parte del Betis).

Esordì in Serie A il 31 agosto contro il Brescia, partita vinta 2-1 dalla sua nuova squadra. Nella successiva giornata di campionato segnò, nel 4-2 al Bologna, la prima rete. I suoi 25 gol (record per un esordiente in Italia) non bastarono all’Inter per vincere lo scudetto né, a lui, per trionfare tra i marcatori: Oliver Bierhoff, infatti, lo precedette per 2 marcature. Vinse comunque la Coppa UEFA – unico trofeo dell’esperienza milanese – andando in gol nella finale contro la Lazio (terminata 3-0). In questa stagione (precisamente nel dicembre 1997) ricevette anche il Pallone d’oro. Sul finire dell’annata seguente, la scelta di affidargli la fascia di capitano della squadra creò qualche malumore all’interno dello spogliatoio.

Nella stagione 1999-2000 fu vittima di gravi infortuni, che limitarono notevolmente il suo contributo. Il primo fu quello riportato contro il Lecce nel 1999 (gara nella quale, peraltro, mise a referto la 50ª realizzazione in nerazzurro) quando si lesionò il tendine rotuleo del ginocchio destro. Dopo un intervento chirurgico, tornò in campo il 12 aprile 2000: nella finale di Coppa Italia (ancora contro la Lazio): il ginocchio cedette di nuovo, a 6′ dal suo ingresso in campo, e il tendine si ruppe completamente. Immediatamente operato dal dottore Gérard Saillant, il suo ritorno all’attività venne stimato per gli inizi del 2001. Le conseguenze del trauma subìto e la riabilitazione però, gli permisero di scendere nuovamente in campo solo al termine di quell’anno: il 9 dicembre giocò a Brescia, segnando anche una rete. Nonostante il suo contributo, in termini di gol, l’Inter mancò ancora il tricolore: nell’ultima giornata si arrese (4-2) ai biancocelesti, esattamente a 4 anni dal trionfo continentale, venendo sorpassata in cima alla classifica da Juventus e Roma. L’attaccante, che nel corso della ripresa aveva lasciato il posto a Mohamed Kallon, fu ripreso in lacrime dalle telecamere.

L’estate 2002, che fece seguito al lustro interista, segnò un rapporto sempre più complicato con il tecnico nerazzurro, Héctor Cúper. La rottura fu tale che il 31 agosto, nelle ultime ore di calciomercato, il brasiliano venne ceduto al Real Madrid. Il club iberico pagò l’acquisto, in totale, 45 milioni di euro.

Con i campioni d’Europa, a dicembre si aggiudicò la Coppa Intercontinentale: contro l’Olimpia fu autore del primo gol della sfida, poi chiusa sul 2-0. Al termine dell’anno fu insignito, per la seconda volta, del Pallone d’oro. La stagione 2002-03 gli permise di aggiungere al proprio palmarès un titolo spagnolo, alla cui conquista contribuì con 23 reti. Capocannoniere nel 2004, il suo bilancio con le «merengues» fu di 177 incontri e 104 realizzazioni.

Il 30 gennaio 2007, Ronaldo approdò al Milan per la cifra di 7,5 milioni di euro. Una clausola del contratto d’acquisto prevedeva che, nell’eventualità (poi verificatasi) del raggiungimento di un posto utile alla qualificazione alla Champions League 2007-2008, il Milan fosse tenuto a versare al Real Madrid un ulteriore corrispettivo di € 500 000. In base al regolamento UEFA, che proibiva a qualsiasi calciatore di poter giocare in una stagione sportiva europea con due o più squadre diverse, Ronaldo non ha potuto essere schierato nell’edizione 2006-2007 della Champions League, essendovi stato utilizzato in precedenza dal Real Madrid.

Nella stagione stagione 2007-2008 è stato vittima di diversi infortuni, che lo hanno costretto a saltare la Coppa del mondo per club. La sua carriera si conclude praticamente a questo punto. Con la nazionale brasiliana aveva vinto nel 2002 il campionato del mondo di Giappone – Corea segnando le due reti che, nella finale, consentirono ai verde oro di superare la Germania.

3)    Zico

Arthur Antunes Coimbra, meglio noto come Zico, (Rio de Janeiro, 3 marzo 1953) è un dirigente sportivo, allenatore di calcio ed ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante o centrocampista.

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Zico in azione con la maglia dell’Udinese

Soprannominato O Galinho (in italiano il galletto), partecipò a diverse edizioni del Mondiale, intraprendendo poi fruttuosamente la carriera di allenatore e dirigente. Fu eletto Calciatore sudamericano dell’anno per tre volte (1977, 1981 e 1982). Occupa la nona posizione nella classifica dei migliori giocatori del XX secolo redatta da France Football, e la diciottesima posizione nella classifica dei 100 migliori giocatori del XX secoloredatta da World Soccer.

In totale ha giocato 750 partite ufficiali segnando 516 gol; contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 1180 presenze e 826 gol. Nell’estate del 1983 si trasferisce all’Udinese, pagato dalla società friulana 6 miliardi di lire. Il trasferimento divenne un vero e proprio affare di stato al quale presero parte oltre al presidente dell’Udinese Mazza e quello della Figc Federico Sordillo anche ministri, segretari di partito ed associazioni sindacali.

La prima stagione del brasiliano è eccellente, con ben 19 reti, che gli valgono il secondo posto nella classifica dei marcatori nella stagione 1983-1984 dietro aMichel Platini (20 reti). L’Udinese chiude la stagione al nono posto, a quattro punti dalla zona UEFA. Il secondo anno è decisamente in sordina, con sole tre reti all’attivo e un infortunio che ne comprometterà la stagione. A fine anno Zico lascia l’Italia per tornare, dopo soli due anni, all’amato Flamengo. Con la Nazionale di calcio brasiliana partecipò a tre edizioni dei Campionati mondiali di calcio: nel 1978, nel 1982 e nel 1986. Dopo il terzo posto nel 1978 in Argentina, arrivò l’eliminazione subita dall’Italia nel 1982 in Spagna. Nel 1986 sbagliò un rigore negli ultimi minuti regolamentari del quarto di finale contro la Francia, perso ai rigori dove stavolta Zico segnò.

In totale con i verdeoro ha giocato 72 partite ufficiali segnando 52 gol (quarto miglior marcatore di sempre della Nazionale brasiliana); contando anche le partite non ufficiali giocate il suo totale sale a 88 presenze e 66 gol.

Il 27 marzo 1989 allo Stadio Friuli di Udine viene disputata la gara d’addio di Zico alla Nazionale brasiliana, con un Brasile-Resto del Mondo, allenata da Nils Liedholm, Mircea Lucescu e Artur Jorge che termina 1-2 con reti di Dunga, Enzo Francescoli e Lajos Détári.

4)    Falcao

Paulo Roberto Falcão (Xanxerê, 16 ottobre 1953) è un allenatore di calcio ed ex calciatore brasiliano.

Ha giocato nel ruolo di centrocampista nell’Internacional, nella Roma e nella Nazionale brasiliana. Fu soprannominato dai tifosi giallorossi “Ottavo Re di Roma”, come prima di lui l’attaccante Amedeo Amedei.

Considerato uno dei più forti centrocampisti del suo tempo, nel 2004 figurò nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori giocatori viventi, selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione delle celebrazioni del centenario della federazione. Falcão è commentatore della partite di calcio trasmesse da Rede Globo e collabora come opinionista del giornale Zero Hora e dell’emittente Radio Gaúcha

La sua carriera da professionista comincia in patria nell’Internacional. Qui gioca per sei stagioni conquistando per tre volte il titolo brasiliano, titolo che l’Internacional non aveva mai conquistato prima. Al termine dei sei anni nel club Falcão conta ventidue reti in campionato. Egli è considerato ancora oggi uno dei più grandi giocatori del club. Durante la sua militanza nel club è stato per due volte insignito del Bola de Ouro, un prestigioso premio assegnato dalla rivista brasiliana Placar al miglior giocatore del campionato brasiliano.

Grazie alla segnalazione del giornalista del Corriere dello Sport Ezio De Cesari il 10 agosto 1980 viene acquistato dalla Roma per la cifra di un milione e mezzo di dollari, e la sua acquisizione è inizialmente accompagnata da un leggero scetticismo, poiché la tifoseria aspettava l’approdo in maglia giallorossa di Zico. Al momento dell’atterraggio del suo aereo all’aeroporto di Fiumicino è comunque accolto da 5000 tifosi della Roma. L’Internacional di Porto Alegre per vendere Falcao reclamava un pagamento con una scadenza assai perentoria che, probabilmente, il club giallorosso non avrebbe potuto permettersi. Fu così che l’allora presidente Viola contattò Vasco Farolfi (storico presidente del Montevarchi Calcio), il quale anticipò per intero la somma richiesta dai brasiliani: quale contropartita (e segno di ringraziamento), oltre al saldo della somma, quell’anno la prima amichevole che la Roma disputò fu col Montevarchi.

Esordisce con la maglia giallorossa proprio contro la sua ex squadra, l’Internacional, in una partita amichevole giocata il 29 agosto 1980, terminata con il punteggio di 2-2.

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Falcão (a destra) all’Olimpico di Roma il 15 maggio 1983, assieme ai portieri Superchi (al centro) e Tancredi (a sinistra), mentre festeggia la vittoria del secondo scudetto giallorosso.

Qualche settimana dopo esordisce anche in campionato, il 14 settembre 1980 contro il Como, poi vinta dalla Roma per 1 a 0, ma Falcão non convince, venendo anche criticato, sebbene presto riesca a crescere e guadagnarsi fiducia e ammirazione. Al termine del primo anno in giallorosso termina il campionato con tre reti, mentre la squadra sfiora la vittoria del titolo italiano, andato alla Juventus, però vince la Coppa Italia. L’anno successivo gioca ventiquattro partite e segna sei reti. Nel prosieguo della sua permanenza nella Capitale, il presidente della società quirita Dino Viola si affida a lui per ottenere dei rendiconti tecnici delle partite della squadra.

Nella stagione 1982-1983 vince con la Roma il suo primo campionato italiano, il secondo nella storia della società, e in questa stagione colleziona ventisette presenze e sette reti in campionato, due reti in Coppa UEFA, una contro il Colonia e una contro il Benfica e una rete negli ottavi di finale della Coppa Italia. La sua prestazione contro il Pisa è ricordata come una delle migliori con la maglia capitolina, poiché abbinò al gol decisivo una prestazione sontuosa, assurgendo al ruolo di guida della squadra Viene soprannominato dai tifosi “divino”] o anche “l’ottavo re di Roma”.

Dopo un’altra stagione, con ventisette presenze e cinque reti, e la vittoria in Coppa Italia, la Roma arriva alla finale della Coppa dei Campioni 1983-1984, allo Stadio Olimpico, perdendo ai rigori contro il Liverpool. Falcão rinuncia a battere un rigore, e viene pesantemente criticato. Per tale decisione, lo stesso calciatore adduce motivi fisici: prima di giocare, difatti, si era sottoposto a una puntura di anestetico per alleviare il dolore al ginocchio. Al protrarsi dell’incontro oltre i tempi regolamentari, l’effetto del medicinale svanisce e Falcão decide di non arrischiarsi a battere il tiro dagli undici metri. Inoltre, nel 1985 subisce un grave infortunio, per quale verrà operato a New York il 1º agosto lascia Roma tramite rescissione del contratto.

La sua ultima partita la disputa il 16 dicembre 1984 contro il Napoli, segnando peraltro la rete decisiva. Le ragioni del divorzio dalla compagine giallorossa sono da attribuirsi ai contrasti con l’allora presidente Dino Viola, in merito a dissidi contrattuali; nell’ultima stagione lo stipendio di Falcão era il più elevato nel campionato italiano, oltre un miliardo di lire all’anno. Inoltre, il giocatore si era rifiutato di sottoporsi a una visita medica da parte della società, e anche tale situazione contribuì a minare ulteriormente il rapporto tra le due parti. Il 20 settembre 2012 è stato tra i primi 11 giocatori ad essere inserito nella Hall of fame ufficiale dell’AS Roma.

Riceve la sua prima convocazione nella Nazionale olimpica brasiliana per i Giochi della XX Olimpiade a Monaco di Baviera: spedizione poco fortunata con un pareggio e due sconfitte e precoce eliminazione. Riserva nella prima gara con la Danimarca (entra all’inizio del secondo tempo ) e titolare contro Ungheria e Iran. Nel 1978 viene escluso dalle convocazioni per la nazionale di Cláudio Coutinho per aver dichiarato di non voler fare la riserva.

Dopo la partecipazione alla Copa América 1979, Falcão partecipa al suo primo mondiale nel 1982. Insieme a giocatori del calibro di Toninho Cerezo, Leo Junior, Zico, Éder Aleixo de Assis e Sócrates, componeva un centrocampo dal tasso tecnico insuperabile. In questa edizione, disputata in Spagna, scende in campo cinque volte, realizzando tre reti, l’ultima contro l’Italia, per il secondo momentaneo pareggio verdeoro, nella partita poi persa 3-2 (tripletta di Paolo Rossi).

Quattro anni più tardi partecipa al mondiale del 1986. Iniziando il torneo in panchina, scende in campo solamente due volte, per un totale di 91 minuti. Nella prima gara contro la Spagna ( vinta per 1-0 ) entra al 79′ al posto di Junior, mentre nella seconda contro l’Algeria ( anche qui vittoria per 1-0 ) sostituisce al 10′ del primo tempo Leandro. Il Brasile proseguirà poi la sua corsa per altre tre gare, venendo eliminato dalla Francia ai rigori.

5)    Aldair

Aldair Nascimento do Santos, detto Aldair (Ilhéus, 30 novembre 1965), è un ex calciatore e dirigente sportivo brasiliano, di ruolo difensore, Campione del Mondo con la Nazionale brasiliana nel 1994.

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Aldair in azione con la maglia della Roma in un derby romano

Considerato uno dei più grandi difensori della storia della Nazionale brasiliana, per tredici stagioni ha indossato la maglia della Roma, vincendo lo Scudetto nel 2000-2001.

Aldair iniziò a giocare a calcio nella sua cittadina d’origine: trasferitosi a Rio, fece un provino per il Vasco da Gama, ma fu scartato; notato da Juarez, ex giocatore del Flamengo, mentre disputava una partita tra amici, entrò nelle giovanili del Flamengo. Nel 1985 giocò qualche gara non ufficiale con la prima squadra, ma fu nel 1986 che trovò maggior spazio, e fu utilizzato come titolare: scese in campo per 23 volte nel campionato nazionale brasiliano, e segnò un gol; vinse inoltre il Campionato Carioca, ovvero il torneo dello Stato di Rio. Nel 1987 il Flamengo vinse il titolo nazionale, e Aldair presenziò in sette occasioni; nel 1988 disputò 24 partite, con 2 reti.

Nel 1989 passò al Benfica di Lisbona, in Portogallo, giungendo così in Europa: alla sua prima esperienza fuori dal Brasile giocò 21 partite da titolare (più una da subentrato), segnando 5 gol. In tale occasione arrivò a giocare la finale di Coppa dei Campioni, disputata il 23 maggio allo stadio Prater di Vienna poi persa per 1-0 contro il Milan.

Nelle tredici stagioni trascorse nelle file della Roma, acquistato nel 1990 dal presidente giallorosso Dino Viola per 6 miliardi di lire, Aldair, oltre a vincere una Coppa Italia nella stagione 1990-1991, un campionato di Serie A nel 2000-2001 e una Supercoppa italiana nel 2001, diventa uno dei simboli della compagine capitolina e capitano della stessa, prima di cedere la fascia a Francesco Totti, che la indosserà fino al termine della non felicissima stagione 2016-2017 per i suoi non idilliaci rapporti con l’allenatore Spalletti e le lunghe soste in panchina.

Soprannominato Pluto dai tifosi della Roma, Aldair resta nella capitale per tredici stagioni, imponendosi come uno dei difensori più forti del mondo; grazie alla sua eleganza ed alla sua classe diventa la colonna portante della difesa romanista e della nazionale brasiliana per più di un decennio. Nella sua prima stagione con la squadra capitolina vince una Coppa Italia; negli anni ’90 si guadagna la fascia di capitano, alla quale rinuncerà nella stagione1998-99 per cederla a Totti, allora già talento emergente.

La stagione 2002-2003 è la sua ultima con la maglia della Roma. Al termine della stagione, per festeggiare la sua lunga militanza con i giallorossi capitolini, la sera del 2 giugno 2003 viene organizzato l’Aldair Day, con un incontro di calcio tra Roma e Nazionale brasiliana nel quale Aldair gioca il primo tempo con il Brasile e il secondo con la maglia della Roma. La società giallorossa, in suo onore, decide di non assegnare più la maglia numero 6. La maglia non viene più assegnata per dieci anni, fino all’inizio della stagione 2013-2014, quando torna ad essere assegnata, anche per scelta del giocatore stesso.

Il 20 settembre 2012 è stato tra i primi 11 giocatori ad essere inserito nella hall of fame ufficiale dell’AS Roma. Con la Nazionale brasiliana diventa Campione del Mondo nel 1994, superando nella finale di Pasadena l’Italia ai calci di rigore.

6)    Cafu

Marcos Evangelista de Moraes, meglio noto come Cafu (San Paolo, 7 giugno 1970), è un ex calciatore brasiliano, di ruolo difensore. Soprannominato Il Pendolino, è considerato uno dei più grandi terzini destri di tutti i tempi. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1989 al San Paolo e successivamente proseguita tra Real Saragozza, Palmeiras, Roma e Milan, ha conquistato numerosi titoli sia a livello nazionale che internazionale, come due Coppe Intercontinentali nel 1992 e nel 1993, una Coppa delle Coppe nel 1995, due Supercoppe UEFA nel 2003 e nel 2007, una Champions League nel 2007 e una Coppa del mondo per club FIFA nel 2007.

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Cafu solleva la Coppa del Mondo 1994

È primatista assoluto di presenze con la maglia della Nazionale brasiliana, con la quale vanta un quinquennio da capitano (2002-2006), 142 presenze e 2 gol, si è laureato per due volte campione del mondo, nel 1994 e nel 2002, per due volte campione d’America nel 1997 e nel 1999 e per una volta vincitore della Confederations Cup nel 1997.

A livello individuale è l’unico giocatore nella storia del calcio ad aver disputato consecutivamente tre finali dei campionati del mondo. Nel 1994 è stato nominato calciatore sudamericano dell’anno. Nel 2004 è stato inserito nella FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione delle celebrazioni del centenario della federazione. Nel 2009 è stato inserito nella “squadra ideale del decennio” dal Sun. Nel 2013 è stato incluso nella formazione più forte della storia da parte della rivista World Soccer. Nel 2014 è stato inserito dal quotidiano inglese The Guardian nella lista dei 30 migliori calciatori che «hanno lasciato un segno» nella storia dei campionati del mondo. Il suo nome figura sia nella Hall of Fame ufficiale della Roma che del Milan.

7)    Dino Sani

Dino Sani (San Paolo, 23 maggio 1932) è un allenatore di calcio ed ex calciatore brasiliano nel ruolo di centrocampista. Oriundo (entrambi i genitori, Gaetano Sani e Maria Gabrielli, erano italiani), dopo aver debuttato col Palmeiras nel 1950 passò al Parque Antártica, ma trovando poco spazio fu prestato al XV de Jaú. Tornato al Parque Antártica, fu ceduto al Comercial da Capital, dove in due stagioni si mise in mostra, facendo sì che il San Paololo acquistasse per sostituire Bauer. Con la squadra paulista conquistò il campionato nel 1957, integrando una formazione composta da altri grandi giocatori come Zizinho e Canhoteiro ed affermandosi come uno dei migliori centrocampisti nella storia della società.

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Di Stefano e Dino Sani (in maglia rossonera) : due grandi “cervelloni” del calcio internazionale

Dopo essere stato convocato per il Campionato mondiale di calcio 1958, nel 1959 fu acquistato dal Boca Juniors per un milione di dollari, unendosi ad altri cinque giocatori brasiliani facenti parte del club argentino (tra i quali Paulo Valentim).

Nel 1961, quando il Boca Juniors lo ritenne ormai vecchio, passò al Milan, debuttando a pochi giorni dal suo arrivo in Italia contro la Juventus (vittoria dei rossoneri per 5-1), scalzando il bizzoso attaccante inglese Jimmy Greaves. Da allora il Milan, fino a quel momento incapace di avere un rendimento costante, infilò diversi risultati positivi e alla fine conquistò il campionato1961-1962. Considerato l’erede di Gunnar Gren, col club milanese Sani vinse anche la Coppa dei Campioni nel 1963.

Al termine della stagione 1963-1964 fu costretto a rientrare in Brasile per malanni alla schiena dovuti al clima. Giocò ancora con il Corinthians confermando sempre la sua classe: giocò quasi il doppio delle partite giocate nel Milan, e segnò il triplo.

Fece parte della rosa della Nazionale brasiliana che vinse il Mondiale del 1958, giocando le prime due partite della competizione prima di essere sostituito da Zito. Complessivamente in nazionale giocò 24 partite e segnò 4 gol (di cui rispettivamente 9 e 3 in occasione di incontri non ufficiali).

Viste le sue origini italiane, gli fu chiesto di giocare con la Nazionale italiana in occasione dei Campionati mondiali del 1962, ma rifiutò per non dover affrontare eventualmente il Brasile.

8)    Amarildo

Amarildo Tavares da Silveira, noto più semplicemente come Amarildo e soprannominato O Garoto (Campos dos Goytacazes, 29 giugno 1939), è un ex allenatore di calcio ed ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante. Dal Botafogo, che lo aveva precedentemente prelevato dal Flamengo, Amarildo arriva in Italia nel 1963, acquistato dal Milan del neo presidente Felice Riva. In quattro stagioni con i rosso-neri vince un unico trofeo, la Coppa Italia 1966-1967, totalizzando 107 presenze e 32 reti in campionato. Passa poi alla Fiorentina, dove registra 62 presenze, mettendo a segno 16 reti, vincendo lo scudetto nella stagione 1968-1969 e perdendo una finale di Coppa delle Alpi.

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Amarildo (n.20) nel “fabuloso Brasil campea do mundo” 1962, sta per essere abbracciato da Garrincha

Dopo l’esperienza toscana, l’attaccante brasiliano conclude la sua esperienza italiana alla Roma, dove scende in campo per 33 partite, in cui registra 10 centri. In Italia giocò in tutto 202 gare di campionato realizzando 58 reti. Sempre nel campionato italiano raccolse dieci espulsioni, risultando il calciatore non-difensivo con più cartellini rossi all’attivo (al pari di Omar Sívori), nonché uno dei più sanzionati in assoluto. Lasciata l’Italia, torna in Brasile per concludere la carriera al Vasco Da Gama.  In Nazionale Partecipa ai Mondiali cileni del 1962, dove alla terza partita sostituisce Pelè infortunato e si rivela vero protagonista: nella finale vittoriosa contro la Cecoslovacchia (3-1) segna un goal straordinario da posizione impossibile. In Nazionale disputò complessivamente 24 partite realizzando 9 reti.

9)    Jair

Jair da Costa (Santo André, 9 luglio 1940) è un ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante. In patria giocò per la Portuguesa, squadra di São Paulo. Notato dagli osservatori delMilan sostenne un provino per i rossoneri, ma fu scartato perché ritenuto di fisico gracile. Fu invece ingaggiato dall’altra società milanese, l’Inter di Angelo Moratti, dopo i Mondiali 1962 (che vinse da riserva, senza mai scendere in campo).

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1965: Jair infila Costa Pereira nel fango di San Siro. Inter – Benfica 1-0. I nerazzurri vincono la seconda coppa dei campioni consecutiva.

Segnò già all’esordio in Serie A, contro il Genoa. Il 5 maggio 1963 i nerazzurri di Helenio Herrera vinsero matematicamente il titolo. Nell’Inter giocò stabilmente nel ruolo di ala destra, con il numero 7. Fu l’autore del primo gol nerazzurro in Coppa dei Campioni, nell’edizione 1963-64 che i milanesi vinsero: l’anno seguente segnò al Benfica in finale, regalando un’altra coppa alla sua squadra. In nerazzurro ha vinto un totale di 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. Perse inoltre un titolo italiano allo spareggio e due finali europee.

Ha militato per dieci stagioni in Italia (di cui una alla Roma, in prestito) prima di fare ritorno in Brasile, dove fu compagno di Pelé al Santos: nel 1973 si aggiudicò il campionato statale. Chiuse la carriera nel 1976, dopo un biennio nel campionato canadese. Con la Nazionale brasiliana collezionò un’unica presenza, dovendo fronteggiare nel suo ruolo la concorrenza di Garrincha.

Narra la leggenda che il suo acquisto da parte dell’Inter fosse stato concordato tra Herrera e Rocco. I due allenatori, l’uno dell’Inter e l’altro del Milan, si erano recati ad assistere ad un allenamento del Brasile e decisero assieme: Herrera scelse Jair ,he fungeva da riserva di Garrincha,e Rocco – fallendo clamorosamente – opzionò Germano che in verde – oro era il secondo di Zagallo.

10) Julinho

Júlio Botelho detto Julinho (San Paolo, 29 luglio 1929 – San Paolo, 11 gennaio 2003) è stato un calciatore brasiliano, di ruolo attaccante.

Considerato, dopo Garrincha, la migliore ala destra del calcio brasiliano, ha legato indissolubilmente il proprio nome al primo storico scudetto conquistato dalla Fiorentina nel campionato 1955-1956.

Magro, longilineo, baffetti alla Clark Gable: Julinho, figlio di un droghiere di San Paolo, fece il suo esordio nel luglio del 1950 nella Juventus, una squadra minore di San Paolo, per poi passare, sette mesi dopo, alla più blasonata Portuguesa, per circa 400 mila lre dell’epoca. In maglia rossoverde Julinho giocò stagioni di ottimo livello (191 partite e 101 gol, con due tornei Rio-San Paolo conquistati nel 1952 e 1955), mettendosi in luce non solo come giocatore di classe ma anche per la sua correttezza, tanto da ricevere un premio dalla lega arbitrale brasiliana per non aver subito in tre anni neanche un’ammonizione. Pezzi forti del suo repertorio erano una magistrale finta di corpo, capace di sbilanciare l’avversario diretto senza toccarlo, e la precisione del suo piede destro negli assist (famosi i suoi traversoni “a pelo d’erba”), doti che lo portarono a disputare con la Nazionale brasiliana i campionati del mondo di calcio del 1954. In maglia verde-oro Julinho conta complessivamente 31 presenze e 13 reti.

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Julinho e Miguel Montuori, campioni d’Italia col club viola nel 1955-1956.

Il calcio italiano notò presto quel brasiliano dall’aria compassata, e già nel 1951 l’Inter tentò di ingaggiarlo durante una tournée europea della Portuguesa. La sua affermazione definitiva avvenne al Mondiale 1954 disputato in Svizzera: Julinho realizzò un gol-capolavoro contro la grande Ungheria nel quarto di finale perso dal Brasile e da allora attrasse l’attenzione dei grandi club italiani ed europei. Fu la Fiorentina, nel 1955, ad aggiudicarselo, per la somma allora altissima di 5.500 dollari. Il giocatore era stato notato dall’allenatore Fulvio Bernardini, il quale affermò che “un’ala può arrivare a Julinho, non oltre”.

Julinho, attaccatissimo al proprio Paese, rifiutò sempre di indossare i colori azzurri. Non prese parte al Mondiale del 1958 perché il selezionatore Vicente Feola non intendeva convocare nessuno che non militasse in Brasile, sebbene per lui fosse disposto a fare un’eccezione, ma Julinho affermò tuttavia di non volere togliere il posto a chi se lo era conquistato giocando in patria.

Primo giocatore brasiliano della storia del club in maglia viola Julinho disputò 98 incontri (89 in Serie A, 7 in Coppa Campioni e 2 in Coppa Grasshoppers) segnando 23 reti (22 in Serie A ed 1 in Coppa Campioni). Imprendibile sulla fascia, era capace di scardinare intere difese per poi servire cross forti e radenti al meno tecnico centravanti Virgili. Al termine della sua seconda stagione in Italia, con il contratto con la Fiorentina scaduto, tornò in Brasile deciso a rimanervi, angustiato dalla morte del padre e dalla conseguente solitudine della madre, ma Bernardini lo convinse a far ritorno

Colpito definitivamente dalla saudade, il campione lasciò nel 1958 la maglia viola per fare ritorno in patria, al Palmeiras, con cui giocò fino al 1967 per complessive 266 partite (77 gol), conquistando i campionati paulisti del 1959, 1963 e 1966. Ma non aveva nemmeno dimenticato Firenze e la Fiorentina: alla sua morte si è appreso che aveva fatto dipingere di viola i muri della sua stanza e aveva disposto che sulla sua bara, insieme a quelli delle altre società in cui aveva militato, fosse steso un labaro viola. Nel 2013 entra nella Hall of Fame Viola. Il 31 luglio 2014, si è giocato in suo onore, il trofeo Julio Julinho Botelho, vinto dal Palmeiras contro la Fiorentina 2-1.

 

 

COPPA RAPPAN, L’ANTENATA DELL’EUROPA LEAGUE DOMINIO OLANDESE E TEDESCO

 

di FRANCO ASTENGO

Esploriamo un altro passaggio storico del calcio dimenticato a livello europeo occupandoci della storia della Coppa Rappan, trofeo che impreziosisce la bacheca del Lanerossi Vicenza, unico club italiano capace dell’impresa.

La Coppa Karl Rappan, nota anche come Coppa Internazionale di Calcio o, colloquialmente, Coppa d’Estate, è stata una competizionecalcistica, progenitrice della Coppa Intertoto, nata nel 1961 per iniziativa dell’austriaco Karl Rappan e dello svizzero Ernst Thommen.

Da ricordare che Karl Rappan tra gli anni ’40 ed il ’60 fu lo storico commissario tecnico della nazionale svizzera capace di eliminare l’Italia dai mondiali del 1954 utilizzando l’invenzione tattica che ha consegnato la memoria di Rappan alla storia del calcio: il verrou, una versione del “catenaccio” ancora più blindata di quella che, in Italia, era utilizzata a quel tempo da Rocco nel Padova, Viani  nella Salernitana, Frossi nel Monza. I precursori cioè della difesa rafforzata alle spalle con il “libero” o “terzino volante”. Sistema di gioco che poi sarebbe stato utilizzato da tutte le squadre sia pure in  diverse versioni almeno fino all’avvento della “zona” alla metà degli anni ’80.

Tornando alla Coppa Rappan, c’è da ricordare come, inizialmente, l’intenzione era quella di creare una sorta di lega europea, che consentisse alle squadre minori (non vincitrici di trofei nazionali e non ammesse alla Coppa delle Fiere) di confrontarsi a livello europeo, ma in realtà la competizione divenne un supporto per le agenzie di scommesse sportive (da questo motivo derivò in seguito il nome della futura Coppa Intertoto), specialmente per l’Europa dell’Est. Il vincitore della prima edizione fu l’Ajax; fino al 1967 il torneo era composto da una fase a gruppi ed una ad eliminazione diretta, dopodiché si decise di sopprimere la seconda; da allora la competizione non assegnò alcun trofeo.

La manifestazione rimase nell’anonimato per molti anni finché, nel 1995, l’Uefa decise di inserirla tra i propri tornei, trasformandola in una competizione d’accesso alla Coppa UEFA con il nome di Coppa Intertoto. Successivamente con la creazione dell’Europa League anche l’Intertoto fu abolito per far posto ai cosiddetti “preliminari”.

Come abbiamo già ricordato tra il 1961 e il 1967 la Coppa Rappan ebbe andamento analogo alle altre Coppe Europee (Campioni, Coppa, Fiere) con la designazione di una squadra vincitrice attraverso girone eliminatorio e partite ad eliminazione diretta fino alla finale. Successivamente, invece, non ci fu una squadra vincitrice ma tante squadre vittoriose in gironi che poi non avevano seguito in turni successivi.

In questa occasione ci occuperemo del periodo 1961 – 67 cercando di relazionare (attraverso i dati disponibili) dell’andamento delle squadre italiane. L’intento è quello di dare testimonianza della partecipazione a livello europeo di squadre italiane di seconda fascia che seppero interpretare al meglio la loro parte.

Edizione 1961 – 62

Le squadre italiane non partecipano e la finale è tutta olandese tra Ajax e Feyenoord (4-2) in quel di Amsterdam. L’occasione però è ghiotta per ricordare, nella stessa stagione, il successo di una squadra italiana in una competizione europea mai più ripresa da allora ma che può anch’essa essere considerata come un’antenata dell’Europa League.

Il Lanerossi Vicenza si impose infatti nella Coppa Benelux giocata tra squadre dei 6 paesi della CecaCA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio: Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia). Parteciparono anche squadre svizzere.

I biancorossi si imposero nel I gruppo con 9 punti superando il Charleroi con 7 la squadra lussemburghese dello Spora e il Bellinzona a 4 punti. In semifinale successo dei berici a Rotterdam sul Feyenoord per 3-1 mentre ad Eindovhen la squadra locale del PSV regolava lo Stade Francais per 2-1. La finale si giocò a Vicenza l’8 giugno del 1961 con il successo dei biancorossi sugli olandesi per 2-1.

Lanerossi Vicenza  2-1 PSV Eindhoven

Reti: 37′ e 69′ Cappellaro; 18′ Van der Kuil.

Arbitro: Hubert (Svizzera).

Lanerossi: Bazzoni, Garzena, Capucci, De Marchi, Zoppelletto, Fusato, Pinti, Menti, Cappellaro, Brognoli, Savoini.

PSV: Bekkering, Heerschop, Randers, Wissen, Wiersma, Brusselers, Heesakkers, Van der Kuil, Kruiver, Svensson, Van der Heuvel.

Da notare che Kruiver giocò la finale subito dopo essere passato proprio dal Lanerossi al PSV, come indica la foto seguente.

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Kruiver è il terzo da destra accosciato proprio nelle fila del Lanerossi Vicenza; il quarto da sinistra è Campana, fondatore del sindacato calciatori; il primo accosciato a sinistra è Zoppelletto sciagurato protagonista con il Savona della B a fine carriera

Edizione 1962 – 63

Partecipazione italiana riservata alle squadre venete e al Mantova. Il Venezia chiude al terzo posto il girone A, con questa classifica: Slovan Bratislava 8 punti; Racing Parigi 7, Venezia 6, Young Boys Berna 3. Il Padova si aggiudica il girone B con 9 punti, seguono Dorog a 6, Chaux de Fonds 5, Spartak Pilsen 4.

Il Mantova, alla sua prima stagione in Serie A dopo una cavalcata eccezionale che ha visto i virigiliani salire in cinque anni dalla IV Serie alla massima divisione, chiude il girone D al terzo posto: Ujpest 10, Stade Francais 7, Mantova 4, Spartak Praga 3. Lanerossi Vicenza secondo nel girone E: OFK Belgrado 9, Lanerossi Vicenza 6, Bayern Monaco 5, Feyenoord 4.

Ai quarti di finale, tra le italiane, accede soltanto il Padova, che elimina l’OFK Belgrado, cedendo per 4-3 nella capitale jugoslava e infliggendo, invece, un pesante 7-1 ai belgradesi nel ritorno all’Appiani. In semifinale i patavini affrontano gli ungheresi del Pecs che a Padova rendono la vita molto difficile ai bianco scudati che, alla fine, si impongono per 4-3. A Pecs invece il contropiede dei veneti si impone e il Padova dilaga 3-0. Nell’altra semifinale gli slovacchi della Stella Rossa Bratislava regolano gli ungheresi del Tatabanya (1-1 all’andato e 2-1) al ritorno.

Finale unica giocata a Padova ma successo della Stella Rossa (che nel frattempo aveva mutato denominazione in Slovanaft)  su calcio d rigore a 3’ minuti dalla fine.

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Una formazione del Padova 1962 – 63 finalista della Coppa Rappan: da sinistra, in piedi, Barbolini, Fusato, Bazzoni, Kolbl, Grevi, Mazzanti; accosciati: Scagnellato, Rogora, Morosi, Zerlin I, Zerlin II; allenatore Del Grosso  

TABELLINO

3 aprile 1963

Padova – Slovanaft Bratislava 0-1

Rete: Scherer all’87’.

Slovanaft: Fule, Mraz, Tichy; Feriancik, Matlak, Bubernik (titolare nella nazionale cecoslovacca), Galdos, Scherer (altro titolare in nazionale, finalista nella coppa del mondo 1962), Gaborik, Medvev, Dolinsky (altro nazionale).

Padova: Bazzoni, Rogora, Cervato II, Mazzanti, Barbolini, Bon, Galtarossa, Frezza, Koelbl, Arienti, Fusato.

Arbitro: Keller (Svizzera).

Edizione 1963 – 64

Si amplia la partecipazione con un maggior numero di squadre ammessesuddivise in 3 raggruppamenti da 4 gironi ciascuno con un secondo turno ad eliminazione diretta e ripescaggio della migliore eliminata.

Nel I girone del I raggruppamento, la Fiorentina si classifica seconda, superata dallo Standard Liegi con 7 punti e seguita da Sedan e Zurigo.

Nel II girone del I raggruppamento, si impone la Sampdoria con 9 punti distanziando per il quoziente reti il Nimes; seguono l’Antwerp e il Losanna. Da notare che a Marassi sia i belgi che gli svizzeri incassarono un pesante 5-0.

23/06/1963: Sampdoria-Anversa 5-0 (Brighenti, Da Silva, Cucchiaroni , Brighenti, Da Silva)
30/06/1963: Sampdoria-Losanna 5-0 (Da Silva, D Silva, Tomasin, Brighenti, Cucchiaroni)

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La Sampdoria 1962 – 63: da sinistra, in piedi, Toro, Brighenti, Vincenzi, Bergamaschi, Da Silva, Battara. Accosciati: Delfino, Toschi, Marocchi, Maestri, Bernasconi

Successo italiano anche nel III girone del I raggruppamento con il Modena a 8 punti; seguono La Gantoise 7, Tolosa 6, Young Boys Berna 3. Venezia secondo nel IV girone del I raggruppamento alle spalle del Rouen con 8 punti, i nero verdi si fermano a 7 come il Lierse, segue La Chaux de Fonds con 2.

Modena e Sampdoria accedono al secondo turno.

I blucerchiati sono eliminati dal Polonia Bytom capace di espugnare Marassi con un rotondo 2-0 per poi pareggiare in casa 1-1. Il Modena è superato dal solito Slovanaft Bratislava (4-1 nel capoluogo slovacco, ma rotondo successo per 2-0 dei canarini in casa), ma viene riammesso come migliore eliminata. Per ironia della sorte i quarti di finale vedono le due squadre incontrarsi di nuovo con successo, in entrambe le gare, degli slovacchi (2-1, 1-0).

La squadra di Bratislava poi vincerà il torneo  superando nella finale di Vienna il Polonia Bytom per 1-0

Edizione 1964 – 65 – Edizione 1965 – 66

In questa edizione non partecipano squadre italiane. Nelle finali (questa volta andata e ritorno) il Polonia Bytom supera il Leipzig vincendo 5-1 in casa e perdendo 3-0 nel ritorno giocato nella città della “Battaglia delle Nazioni”.

Anche nell’edizione successiva le squadre italiane disertano e il trofeo è vinto dallo Chemie Lipsia (Germania Est) sugli svedesi del Norrkoeping. In Svezia i padroni di casa si impongono per 1-0 ma cedono sotto il fardello di un pesante 4-1 al ritorno.

Edizione 1966 – 67

Tornano le squadre italiane (il solito Lanerossi Vicenza, in quegli anni spesso protagonista in Serie A, Foggia, Atalanta e Brescia), ma nessuna di essere riesce a superare il girone eliminatorio.

I girone del I raggruppamento: Eintracht di Francoforte 10, Lanerossi Vicenza 5, Feynoord 4, La Chaux de Fonds 3.

II girone del I raggruppamento: DWS Amsterdam 12, Atalanta 8, Grenchen 4, Racing Strasburgo 2.

III girone del I raggruppamento: Deventer 12, Foggia 8, Tilleur Liegi 4, Sion 0.

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Foggia 1966-67: Moschioni, Capra, Valadè, Rinaldi, Tagliavini, Micheli, Oltramari, Lazzotti, Nocera, Gambino, Patino

IV girone del I raggruppamento: ADO l’Aja 11, Brescia 7, Liégios 6, Biel 0.

Approdano alla finale i tedeschi (questa volta dell’Ovest) dell’Eintracht di Francoforte che superano l’Internacional di Bratislava 1-1 all’andata, e 3-2 dopo i tempi supplementari al ritorno.

Si chiude a questo punto la storia della Coppa Rappan come trofeo europeo per poi svilupparsi come torneo di qualificazione fino a sfociare nell’Intertoto.

 

1897: “DELECTANDO FATIGAMUR”  QUANDO LA PRIMA JUVENTUS AVEVA CAMICIA ROSA E CRAVATTA

 

a cura di Franco Astengo

Le società di calcio furono, alla fine dell’800, società di football. I giocatori di football, sportmen. Si guardava a questo gioco storcendo la bocca. Lo sport doveva comprendere il rischio. Erano sport il ciclismo, il pugilato, l’alpinismo. Il ciclismo interessava il mondo ufficiale. I poeti scrivevano poesie dedicate al “biciclettista”, i commediografi scrivevano commedie per il “bicicletto” che, come tandem unisce lui e lei, crea la famiglia. Emile Zola venne a Milano come corridore ciclista ai tempi della pista  e del “molla Buni”. Si considerava anche la scherma, soggiogati da personalità come quella di Agesilao Greco.

Era un’epoca sontuosa per aggettivazione e quanto mai calda per passione. Il football vi arrivò in punta di piedi senza fare chiasso. I primi calciatori furono sportmen perché aristocratici per la maggior parte; si allenavano con le scarpe da passeggio nei galoppatoi e nei velodromi.

I primi esperimenti calcistici si ebbero fin dal 1880 a Livorno, Genova e Palermo, protagonisti i marinai inglesi a riposo, tra un arrivo e una partenza dai porti.

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L’officina dei Fratelli Canfari in Corso Re Umberto 42

A Torino, scenario di questo nostro racconto, il football arrivò nel 1896 con un torinese altolocato: il Duca degli Abruzzi. Un torinese del popolo, Edoardo Bosio, rappresentante di commercio, tornato da Londra partecipò ad amici e conoscenti la sua sensazionale scoperta: alla Coppa d’Inghilterra avevano partecipato cinquecento squadre.

In un giorno di pioggia, 1 Novembre 1897, su una panca di Corso Re Umberto angolo Corso Vittorio Emanuele si trovarono un gruppo di ragazzi e decisero di fondare una società di calcio: Eugenio ed Enrico Canfari, titolari di un’officina che fu la prima sede ufficiale del sodalizio e un gruppo di liceali, Malvano, Goccione, Molinatti, Donna, Forlano, Varetti, Bertinetti, Mazzonis, Ferrero di Ventimiglia (un conte discendente addirittura dal salariano Corsaro Nero), Montù (poi deputato e presidente della prima Federazione Italiana Football), Casana, Marsengo e  Cavalchini.

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La prima formazione juventina con le camicie di percalle rosa. Stintesi alla prima lavatura furono sostituite dalle casacche bianconere fatte spedire da Goodley dall’Inghilterra.  Si trattava delle maglie del Newcastle United

Canfari e i suoi compagni di scuola sono ragazzi moderni. La loro idea di formare una squadra di calcio è una cosa ginnasiale (tutti frequentano il D’Azeglio) però avventurosa come un viaggio in mongolfiera. Più avventurosa del canottaggio e perfino dell’alpinismo e dell’automobilismo. Non ne ha i rischi ma possiede una sua straordinaria vitalità. Si presentò subito un problema: il nome.

I pareri furono discordi: ci fu chi propose di chiamarsi “La Cisalpina”, altri che volevano la società intitolata direttamente a Massimo D’Azeglio e altri a Federico Momo, il più forte ciclista dell’epoca; si parlò di Pro Sport, si disse de “La Ludus” e persino di “Società della Buona Speranza”. Restarono in lizza due denominazioni: “Juventus” o “Delectando Fatigamur”. Prevalse Juventus, senza però convincere tutti. Ci furono proteste e reclami.

Nel libro sociale “Comunicazioni e reclami”, oltre a stabilire che socio effettivo poteva diventare chi era presentato alla Presidenza da due soci e versava la quota mensile di lire una e quella d’ingresso, stabilita in lire due si potevano leggere proteste di questo tenore:

“ Non capisco e non posso capire come dall’Assemblea sia scaturito un così bel nome per la nostra società. Juventus è una bella parola, ma cosa ha a che fare con ciò che si fa in questo Circolo? Se ciò è avvenuto lo si deve al genere di soci intervenuti alla seduta, che salvo pochi erano “tute gorbe” (Tutti monelli n.d.r).

Ancora: “Chi ha pensato a tale nome crede abbia a durare fin quando saremo uomini? Allora sì che andrebbe d’accordo “Juventus” quando la maggior parte dei soci avrà quaranta o cinquanta anni ! Qualcuno – e non solo qualcuno – riderà dell’idea che la nostra società abbia a durare sino allora”.

Come si sa la previsione fu clamorosamente smentita e “Juventus” rimase, ma “Delectando Fatigamur” non restò accantonato trasformandosi nel motto della società per un certo periodo: fu con quel motto ad esempio che la Juventus vinse il suo primo scudetto nel 1905.

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La Juventus del primo scudetto 1905: in alto Durante, Armano, Mazzia, al centro Walty, Goccione, Diment. Seduti: Barberis, Varetti, Forlano, Squair, Donna

Nella Torino calcistica però non c’era soltanto la Juventus ma agivano anche International Club e Ginnastica Torinese che parteciparono al primo campionato italiano nel 1898 con il Genoa e il FBC Torinese. Erano i germi del futuro Torino, sulle cui origini c’è da aggiungere qualcosa rispetto alla storia universalmente nota.

All’epoca dei fatti un certo Vittorio Pozzo, allora davvero giovanissimo, era pur già qualcuno nel mondo del calcio. Studentino adunava i compagni di scuola in una squadretta denominata “Sparta” ch’ebbe una sua vita, se pur non brillantissima certo ma non del tutto trascurabile.

Intanto formato il Torino dall’incontro tra i soggetti già citati lo Sparta fu incorporato e Pozzo diventò dei gialloneri (poi granata per non confondere i colori con quelli dell’Impero Austriaco) presidente, segretario, giocatore. L’assetto del calcio torinese si era così stabilizzato ma il ricordo di una società che avrebbe potuto denominarsi “Delectando Fatigamur” anziché Juventus deve essere mantenuto, anche se è passato più di un secolo.

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14 novembre 1909, si incontrano per la prima volta Juventus e Inter. Sul campo di Corso Sebastopoli a Torino i bianconeri vincono 2-0 grazie alla doppietta di Ernesto Borel, padre di due celebri calciatori juventini (il maggiore giocherà anche nel Savona) degli anni ’30 – ’40 

(I dati riportati in questo articolo sono tratti: Vincenzo Baggioli “Storia Aneddotica dello Sport Italiano”, Nerbini Firenze 1944;  “Il Pallone d’Oro”, primo volume, Perna Editore 1967)

LE NAZIONALI SCOMPARSE: QUANDO C’ERANO URSS, JUGOSLAVIA GERMANIA EST E CECOSLOVACCHIA

 

di FRANCO ASTENGO

Il decennio conclusivo del ‘900 è stato attraversato da avvenimenti di carattere epocale attraverso i quali, tra grandi speranze (in parte delusae) e immani tragedie, è mutata la carta geografica d’Europa. Sono stati cancellati Stati e altri ne sono sorti, in modo pacifico e  con conflitti sanguinosi come nei Balcani o nel Caucaso: conflitti che ancora oggi stanno lasciando una striscia di sangue nella storia, come sta accadendo in Ucraina.

Noi, molto modestamente, ci occupiamo (per quanto si possa esserne capaci) di storia del calcio e, in questo caso, scriveremo delle “Nazionali scomparse”: di quelle squadre rappresentative cioè delle nazioni che sono state cancellate e sostituite da nuove articolazioni statuali.

Dal punto di vista – appunto – della storia del calcio le perdite sono state di grande portata. Le competizioni internazionali hanno perduto infatti l’URSS, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia, la Germania Est.

Come vedremo meglio esaminando il passato soggetti molto importanti nella memoria collettiva del calcio europeo.

Allora andiamo per ordine.

URSS

Il calcio in Russia ebbe il suo primo sviluppo all’epoca pionieristica, analogamente a quanto avvenne negli altri paesi europei. Una selezione russa partecipò, infatti, alle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912 (si trattava di una rappresentativa studentesca dell’Università di San Pietroburgo): di quell’esperienza rimane nella storia il 2-1 incassato dalla Finlandia nel primo turno eliminatorio ma soprattutto il 16-0 subito dalla Germania nel girone di consolazione.

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La prima squadra vincitrice di un campionato russo di calcio. Allestita da inglesi (come avveniva in tutta Europa) sotto la denominazione di St. Petersburg Circle of Lovers of Sport. Correva l’anno 1908

Scoppiata la rivoluzione il calcio russo, successivamente diventato sovietico, non interruppe la propria attività senza però, negli anni tra le due guerre mondiali, svolgere una particolare attività internazionale. Sul territorio sovietico si svolsero infatti soltanto gare dimostrative a scopo politico, come quelle che videro protagonista – nel corso della guerra civile spagnola – la nazionale Basca, rappresentativa della Repubblica e impegnata in un “tour” dimostrativo di appoggio in giro per il mondo allo scopo di raccogliere fondi e simpatia.

Soltanto nel primissimo dopoguerra la Dinamo di Mosca svolse una tournée in Gran Bretagna, ottenendo risultati eclatanti e impressionando per la velocità e la tecnica di gioco.

Nonostante ciò la squadra nazionale sovietica non partecipò ai Mondiali del 1950 e del 1954, prendendo invece parte al torneo delle Olimpiadi del 1952 ad Helsinki e del 1956 a Melbourne.

Ad Helsinki i sovietici, eliminata la Bulgaria per 2-1 nel turno preliminare incapparono nell’ostacolo Jugoslavia. Si giocarono due partite memorabili: nella prima si realizzò uno spettacolare 5-5. Nella ripetizione i più esperti jugoslavi si imposero per 3-1. La Jugoslavia arrivò così alla finale subendo però una sconfitta per 2-0 dalla grande Ungheria.

In quel periodo, infatti, la squadre rappresentative dei regimi socialisti dell’Est presentavano alle Olimpiadi la prima squadra considerata composta da dilettanti (erano tutti ufficiali dell’esercito, poliziotti, funzionari del partito: in quell’Ungheria, assolutamente favolosa dal punto di vista tecnico, Puskas aveva il grado di colonnello dell’esercito, Bozsik era stato addirittura eletto deputato) mentre le squadre occidentali dovevano limitarsi a presentare la rappresentativa universitaria.

Accadde così anche nel 1956 a Melbourne e l’URSS si aggiudicò la medaglia d’oro superando proprio la Jugoslavia in finale con il punteggio di 1-0, rete dell’ala sinistra Ilijn. Apparve dunque matura la partecipazione dell’URSS alla Coppa del Mondo.

In vista dell’edizione del 1958 che si sarebbe disputata in Svezia, la squadra sovietica fu inserita in un girone eliminatorio comprendente la Polonia e la Finlandia. L’esordio ufficiale della squadra sovietica nelle eliminatorie della Coppa del Mondo avvenne, nello scenario dello stadio Lenin di Mosca, il 23 Giugno 1957 avversaria la Polonia sconfitta per 3-0 con reti di Tatushin, Simonyan e Ilijn.

Nella fase finale i sovietici affrontarono a Goteborg l’Inghilterra pareggiando 2-2, a Boras l’Austria superata per 2-0 e finirono sconfitti dal Brasile, nuovamente a Goteborg per 2-0.

Si arrivò così allo spareggio valido per il secondo posto nel girone. Ancora a Goteborg, di nuovo URSS – Inghilterra e successo sovietico per 1-0 ancora con rete di Ilijn. Nei quarti di finale la squadra sovietica si trovò di fronte i padroni di casa della Svezia, pieni di assi che giocavano in Italia: i gialloblu la spuntarono 2-0 con reti di Hamrin e Simonsson.

L’URSS aveva così dimostrato di poter stare alla pari delle “grandi” del calcio internazionale. Nel 1960 arrivò il primo grande successo con la conquista del Campionato Europeo.

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La squadra sovietica solleva la Coppa del Primo campionato europeo per nazioni

Fase finale in Francia, superata la Cecoslovacchia in semifinale con il punteggio di 3-0 la squadra sovietica sconfisse nella finale, giocata al Parco dei Principi di Parigi, la solita Jugoslavia con il punteggio di 2-1 dopo i tempi supplementari.

L’importanza dell’avvenimento (si trattava del primo campionato europeo per Nazioni) ci induce a trascrivere per intero il tabellino della partita. Da segnalare la presenza tra i pali di Jashin, il “ragno nero”, unico portiere della storia ad aver vinto il Pallone d’oro.

Parigi 10 Luglio 1960

URSS – Jugoslavia 2-1 (dopo i tempi supplementari)

Reti: Galic 41’, Metreveli 49’, Ponedelnik 113’.

URSS: Jashin, Tiokheli, Kroutikov, Voronin, Masleskin, Netto, Metreveli, Ivanov, Ponedelnik, Bubukin, Meshi.

Jugoslavia: Vidinic, Durkovic, Jusufi, Zanetic, Miladinovic, Perusic, Sekularec, Jerkovic, Galic, Matus, Kostic.

Nel frattempo i contatti tra il calcio italiano e quello sovietico si erano mantenuti attraverso incontri fra squadre di club: in particolare la Dinamo di Mosca scese in Italia per alcune gare amichevoli, vincendo per 4-1 con il Milano il 9 Aprile 1955 e cedendo alla Fiorentina per 1-0 l’8 Settembre dello stesso anno (nel frattempo era toccato al Milan recarsi a Mosca e rendere la pariglia per 4-2).

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La comitiva del Milan ritratta sulla Piazza Rossa, con alle spalle il Cremlino

La prima partita ufficiale tra le nazionali sovietica e italiana si sarebbe però giocata a Mosca il 13 ottobre 1963, nell’ambito di quarti di finale del campionato europeo.

Una gara drammatica: l’Italia restò presto in 10 uomini per l’espulsione di Pascutti colpevole di aver colpito con un pugno il terzino Dubinsky: l’ala del Bologna avrebbe pagato il suo gesto per molto tempo: sui campi delle “zone rosse” in Italia sarebbe stato per diverso tempo colmato di fischi. La “guerra fredda” aveva un suo peso anche in queste vicende.

Ecco il tabellino di quella storica giornata:

Mosca 13 ottobre 1963

URSS – Italia 2-0

Reti: Ponedelnik, Cislenko (il principe Igor che avrebbe colpito l’Italia anche nella partita dei mondiali inglesi del 1966 finita 1-0 per i sovietici. L’Italia poi, in quel frangente, sarebbe stata eliminata dalla Corea del Nord).

URSS: Urushadze; Dubinsky, Krutikov, Voronin, Shesternev, Korolenkov, Metreveli, Cislenko, Ponedelnik, Ivanov, Husainov.

Italia: Negri (Bologna), Maldini (Milan), Facchetti (Inter), Guarneri (Inter), Salvadore (Juventus), Trapattoni (Milan), Bulgarelli (Bologna), Corso (inter), Sormani (Roma), Rivera (Milan), Pascutti (Bologna). Da notare Bulgarelli con il n.7 e Corso addirittura con il n.8 a testimonianza di una certa confusione in testa a “Topolino” Fabbri c.t. della Nazionale.

Arbitro : Banasiuk (Polonia).

La gara di ritorno si giocò il successivo 10 novembre all’Olimpico decretando l’eliminazione dell’Italia. Finì 1-1 e Sandro Mazzola si fece parare un rigore da Lev Jashin, assente nella gara d’andata. Il portierone sovietico, da giudicare ancora oggi il miglior estremo difensore nella storia del calcio, era impressionante, sembrava proprio invalicabile. In quell’occasione ci riuscì Rivera con un maligno pallonetto, ma Mazzola sull’occasione del rigore apparve davvero ipnotizzato.

Doveroso anche il tabellino di questa partita.

Roma 10 Novembre 1963

Italia – URSS 1-1

Reti: Gusarov, Rivera.

Italia: Sarti (Inter), Burgnich (Inter, esordiente), Facchetti (Inter), Guarneri (Inter), Salvadore (Juventus), Trapattoni (Milan), Domenghini (Atalanta, esordiente), Bulgarelli (Bologna), Mazzola (Inter), Rivera (Milan), Menichelli (Juventus).

Urss: Jascin, Mudrik, Krutikov, Voronin, Shesternev, Shustikov, Cislenko, Ivanov, Gusarov, Korolenkov, Husainov.

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Lev Jashin devia in corner. Sullo sfondo Sandro Mazzola. Mondiali inglesi ’66: URSS – Italia 1-0

La storia della nazionale dell’URSS si interruppe improvvisamente con i mondiali del ’90 giocati in Italia (salvo un’effimera partecipazione della rappresentativa della Comunità degli Stati Indipendenti al campionato europeo del 1992 giocato in Svezia).

La conclusione di quella grande vicenda calcistica coincise con una clamorosa sconfitta (e relativa eliminazione nel girone eliminatorio): un risultato che dimostrava come ormai certi equilibri si fossero modificati profondamente anche sul piano sportivo. L’URSS infatti lasciò per sempre i tornei internazionali incassando, il 18 Giugno 1990, un pesante 4-0 dal Camerun, prima squadra africana a qualificarsi per gli ottavi di finale nella massima competizione calcistica mondiale.

JUGOSLAVIA

Affatto diversa la storia della nazionale jugoslava di calcio. Lo stato Jugoslavo, nato al temine del primo conflitto mondiale sulla base della dissoluzione dei grandi imperi austro – ungarico e ottomano, ebbe subito una fortissima squadra di calcio nella quale confluirono giocatori croati, serbi, bosniaci, montenegrini.

Una squadra tradizionalmente composta da giocatori molto tecnici, insuperabili nel dribbling ma incostanti e deboli nella fase difensiva al punto da meritare la denominazione di “Brasile dei Balcani”. In effetti l’assonanza dal punto di vista tecnico c’è sempre stata.

La Jugoslavia fu una delle poche nazioni europee a partecipare al primo campionato del Mondo (Coppa Rimet) giocato nel 1930 in Uruguay e vinto dai padroni di casa superando l’Argentina in finale con il punteggio di 4-2.

Con la Jugoslavia attraversarono l’Oceano soltanto il Belgio, la Francia e la Romania. L’esordio degli slavi fu davvero con il botto e merita un approfondimento particolare.

Ecco il tabellino della partita.

Montevideo 14 Luglio 1930

Jugoslavia – Brasile 2-1

Reti: Tirnacic 21’ (l’autore della prima rete della Jugoslavia ai mondiali poi, nel dopoguerra, avrebbe ricoperto a lungo l’incarico di c.t., Bek 31’, Nilo 62’.

Jugoslavia: Jaksic, Ikcovic, Mihailovic, Aresijevic, Stafanovic, Djokic, Tirnacic, Marjanovic (in Italia avrebbe allenato Torino, Lazio e Pescara), Bek, Vujadinovic, Sekulic.

Brasile: Joel, Briffiante, Italia, Hermanoges, Fausto, Fernando, Poly, Nilo, Arakem, Pregiunho, Teofilo.

Arbitro: Tejada (Uruguay).

La squadra jugoslava fu poi eliminata in semifinale dall’Uruguay con il pesante punteggio di 6-1.

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La Jugoslavia schierata ai mondiali 1930 in Uruguay

Nel frattempo erano già stati stabiliti contatti tra il calcio italiano e quello jugoslavo.

La prima partita Italia – Jugoslavia fu giocata a Padova (l’occasione della prima esibizione degli azzurri nella città veneta) il 4 Novembre 1925.

ITALIA – JUGOSLAVIA 2-1

RETI: Bencic (futuro allenatore del Bologna), Schiavio 2.

Italia: Combi (Juventus), Bellini (Inter), Allemandi (Juventus), Dugoni (Modena), Bernardini (Lazio), Gandini (Alessandria), Conti (Inter), Della Valle (Bologna), Schiavio (Bologna), Magnozzi (Livorno) Cevenini III (Inter).

 

Jugoslavia: Friederich, Urbanic, Pazur, Marianovic, Prelerl, Kriz II, Ardenic, Jovanovic, Bencic, Petkovic, Sekulic.

Arbitro: Braun (Austria).

La prima trasferta della nazionale italiana in terra jugoslava avvenne proprio alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale (l’Italia, appena confermatasi campione del mondo nel 1938 in Francia, stava svolgendo un giro di gare di fine stagione che avrebbe portato la squadra anche in Ungheria e Romania).

BELGRADO 4 Giugno 1939

Jugoslavia – Italia 1-2

Reti: Piola, Colaussi, Perlic.

Jugoslavia: Lovric, Pozzega, Dubac, Manola, Dragievic, Lehner, Glisovic, Vujadinovic, Petrovic, Matosic, Perlic.

Italia: Olivieri (Torino), Foni (Juventus), Rava (Juventus), Depetrini (Juventus), Andreolo (Bologna), Locatelli (Inter), Biavati (Bologna), Perazzolo (Genoa), Piola (Lazio) Meazza (Inter), Colaussi (Triestina).

Arbitro: Langenus (Belgio).

Nel dopoguerra le occasioni di confronto tra il calcio italiano e quello jugoslavo furono molteplici  e di grande importanza: la Jugoslavia eliminò in semifinale l’Italia alle Olimpiadi di Roma grazie al sorteggio per poi vincere il titolo, l’Italia – sempre nello scenario dell’Olimpico – sconfisse gli jugoslavi in una duplice finale nel campionato europeo 1968, tanti giocatori e tecnici jugoslavi hanno indossato la maglia di squadre italiane o le hanno dirette in panchina da Boskov a Vukas, da Mihailovic al “genio” Savicevic.

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Jugoslavia mondiali 1954: 1 Beara, 2 Stanković, 3 Crnković, 4 Čajkovski, 5 Horvat, 6 Boškov, 7 Ognjanov, 8 Mitić, 9 Vukas, 10 Bobek, 11 Zebec, 12 Kralj, 13 Zeković, 14 Mantula, 15 Spajić, 16 Milovanov, 17 Belin, 18 Milutinović, 19 Papec, 20 Dvornić, 21 Veselinović, 22 Petaković; c.t. Tirnanić 

Anche la Jugoslavia, per ironia della sorte, chiuse la propria vicenda come rappresentativa nazionale nel corso dei mondiali del 1990 giocati in Italia. Su quella drammatica esperienza è stato scritto un bellissimo libro “L’ultimo rigore di Faruk” del quale offriamo in questa sede un’immagine e una recensione.

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L’ultimo rigore di Faruk. Una storia di calcio e di guerra

  • «Sono quasi le 7,30 della sera a Firenze. Nessuna brezza è arrivata a dare un briciolo di refrigerio. Ai calci di rigore si consuma il destino di quella che sarà l’ultima Jugoslavia alla fase finale di una competizione mondiale». Una vicenda emblematica del rapporto perverso tra sport e politica.
  • Nella tragica e violentissima dissoluzione della Jugoslavia un calcio di rigore sembrò contrassegnare il destino di un popolo. Un penaltydivenne nei Balcani il simbolo dell’implosione di un intero Paese, e dei conflitti che sarebbero seguiti di lì a poco. Intuendo la complessità di un evento che sembrava soltanto sportivo, Gigi Riva racconta con attenzione da storico e sensibilità da narratore un tiro fatale, sbagliato il 30 giugno del 1990 a Firenze da Faruk Hadžibegić, capitano dell’ultima nazionale del Paese unito. La partita contro l’Argentina di Maradona nei quarti di finale del Mondiale italiano portò all’eliminazione di una squadra dotata di enorme talento ma dilaniata dai rinascenti odi etnici. Leggenda popolare vuole che una eventuale vittoria nella competizione avrebbe contribuito al ritorno di un nazionalismo jugoslavista e scongiurato il crollo che si sarebbe prodotto.
    Proprio per la sua popolarità il calcio è sempre servito al potere come strumento di propaganda. Basti pensare all’uso che Mussolini fece dei trionfi del 1934 e 1938, o a come i generali argentini sfruttarono il Mondiale in casa del 1978, durante la dittatura. Oppure, ai giorni nostri, a come lo Stato Islamico abbia deciso di colpire lo Stadio di Francia durante una partita per amplificare il suo messaggio di terrore. Ma si potrebbe sostenere che in nessun luogo come nella ex Jugoslavia il legame tra politica e sport sia stato così stretto e perverso. 
    Attraverso la vita del protagonista e dei suoi compagni (molti dei quali diventati poi famosi in Italia, da Boban a Mihajlović, da Savićević a Bokšić, da Jozić a Katanec), si scopre il travaglio di quella rappresentativa nazionale e del suo allenatore Ivica Osim, detto «il Professore», o «l’Orso». Nelle loro gesta si specchia la disgregazione della Jugoslavia e la spregiudicatezza dei suoi leader politici, che vollero utilizzare lo sport e i suoi eroi per costruire il consenso attorno alle idee separatiste. In questo senso il calcio è stato il prologo della guerra con altri mezzi, il rettangolo verde la prova generale di una battaglia. Non a caso si attribuisce agli scontri tra i tifosi della Dinamo Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado il primato di aver messo in scena, in uno stadio, il primo vero episodio del conflitto. Ed è nelle curve che sono stati reclutati i miliziani poi diventati tristemente famosi per la ferocia della pulizia etnica a Vukovar come a Sarajevo.
  • Per il loro valore emblematico le vicende narrate, risalenti a un quarto di secolo fa, sono ancora tremendamente attuali. E non è così paradossale scoprire in esergo a queste pagine le parole beffarde che Diego Armando Maradona rivolse all’autore: «Occupati di politica internazionale, il calcio è una cosa troppo seria».

CECOSLOVACCHIA

Un altro stato sorto sulle ceneri dell’impero austro ungarico all’indomani della prima guerra mondiale.

Il calcio da quelle parti era già molto sviluppato, nel solco del valzer danubiano che accomunava con la Cecoslovacchia anche l’Austria e l’Ungheria quali espressioni più avanzate nella tecnica del gioco in campo continentale.

Le squadre italiane se ne erano già accorte nell’anteguerra: nel 1907 il Torino, nel corso della sua prima escursione all’estero, aveva incassato a Praga un pesante 8-1; a Budapest, nel 1910, prima trasferta della nazionale italiana  e incassato un secco 1-6, l’Austria dal canto suo appariva del tutto imbattibile. Non rappresentò una sorpresa, insomma, l’esito della prima trasferta dell’Italia a Praga.

27 Maggio 1923

Cecoslovacchia – Italia 5-1

Reti: Cisar, Janda, Sedlacek, Dvoracek, Moscardini, Kezeluch.

Cecoslovacchia: Pejr, Hojer, Seifert, Kolonaty, Kada, Cerveny, Sedlacek, Janda, Kezeluch, Dvoracek, Cisar.

Italia: Trivellini (Brescia), Caligaris (Casale), De Vecchi (Genoa), Brezzi (Alessandria), Burlando (Genoa), Aliberti (Torino), Migliavacca (Novara), Baloncieri (Alessandria), Moscardini (Lucchese), Perin (Bologna).

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Un’immagine delle sfide tra Italia e Cecoslovacchia negli anni’20 e ’30. Per l’Italia in azione Angelo Schiavio

La storia dei confronti calcistici tra Italia e Cecolosvacchia è però impreziosita da una vera e propria “perla”. 10 Giugno 1934, stadio Nazionale di Roma, si gioca la finale della Coppa del Mondo, di fronte si trovano proprio Italia e Cecoslovacchia. Il divario tecnico tra le due scuole calcistiche ormai si è colmato: l’Italia ha appena eliminato l’Austria in semifinale.

Una partita, quella di finale, aspra, tiratissima, di eccelso livello tecnico: alla fine ci vorranno i tempi supplementari per dare all’Italia il tanto agognato primo titolo mondiale.

ITALIA – CECOSLOVACCHIA 2-1

Reti: Puc, Orsi, Schiavio.

Italia: Combi (Juventus), Monzeglio (Bologna), Allemandi (Inter), Ferraris IV (Roma) Monti (Juventus) Bertolini (Juventus) Guaita (Roma) Meazza (Inter) Schiavio (Bologna) Ferrari (Juventus) Orsi (Juventus).

Cecolosvacchia: Planicka, Zenizsek, Cyrosky, Kostalek, Cambal, Krcil, Janek, Svoboda, Sobotka, Neiedly, Puc.

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Finale 1934: i due portieri, Combi e Planicka, capitani

Per la Cecoslovacchia non fu quella l’unica occasione nella storia per impadronirsi del titolo mondiale. Fu fatale un’altra finalissima, giocata a Santiago del Cile, avversario il “magno” Brasile  nel 1962. I verde oro si imposero, alla fine per 3-1 e alla Cecoslovacchia non fu sufficiente passare in vantaggio con un goal del grandissimo Josef Masopust.

Ci fu ancora il tempo per una grande impresa: quella del 1976, ai campionati europei, nella prima finale decisa dai “rigori” al termine dei tempi supplementari. Dagli undici metri Panenka condannò la Germania alla sconfitta esaltando la Cecoslovacchia campione d’Europa.

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  1. Rigore di Panenka. Per la prima volta il titolo europeo è assegnato con i tiri dal dischetto

L’addio della Cecoslovacchia alle competizioni internazionali si verificò con la fase di qualificazione agli Europei del 1992.

Alla vigilia della divisione tra Cechia e Slovacchia la squadra fu eliminata piazzandosi al secondo posto alle spalle della Francia e non partecipò così alla fase finale svoltasi in Svezia.

Si chiudeva in questo modo un altro importante capitolo nella storia del calcio europeo.

GERMANIA EST

La storia del calcio nella parte orientale della Germania non è stata di altissimo profilo come, invece, nelle altre nazioni delle quali ci siamo fin qui occupati. Una sola partecipazione alla fase finale dei mondiali: quella giocata proprio nella parte occidentale del territorio tedesco e conclusasi con la vittoria finale della Germania Ovest. Quella partecipazione però rimane assolutamente “storica”.

Il 22 Giugno 1974 nello stadio di Amburgo si disputò il derby tra BDR (Germania Federale) e DDR (Germania Democratica), denominazioni ufficiali di Germania Ovest e Germania Est.

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Il goal di Sparwasser che decide la sfida fra le due nazionali tedesche

Tabellino come di dovere.

GERMANIA EST – GERMANIA OVEST 1-0

Rete: 77’ Sparwasser.

Germania Est: Croy, Kische, Bransch, Weise, Watlich, Irmescher (Haman dal ’65), Lauck, Kreische, Kurbwleit, Sparwasser, Hoffman.

Germana Ovest: Maier, Vogts, Breitner, Schawarznbeck (Hottges dal 69’), Beckenbauer, Cullman, Grabowski, Honess, Muller, Overath (Netzer dal ’70) Flohe.

Arbitro: Barreto Ruiz (Uruguay).

Nel girone di semifinale la DDR terminò al terzo posto alla pari con l’Argentina scavalcata da Olanda e Brasile.

La nazionale italiana ebbe occasione di incontrare la Germania Est nella fase eliminatoria per i mondiali del ’70 disputati in Messico (quelli di Italia – Germania Ovest 4-3 e poi della finale perduta dagli azzurri con il  Brasile 1-4).

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La squadra italiana schierata allo stadio Walter Ulbricht di Berlino Est. Da sinistra in piedi: Salvadore, Facchetti, Prati, Zoff, Castano, Riva. Accosciati . Mazzola, Bertini, De Sisti, Burgnich, Rivera

Ecco, in conclusione, i tabellini delle due storiche partite.

Berlino Est 29 Marzo 1969

Germania Est – Italia 2-2

Reti: Vogel ’26, Riva 54’ (meraviglioso goal in tuffo di testa), Kreische 72’, Riva 82’.

Germania Est: Croy, Fraessdorf, Urbanczyk, Bransch, Seehaus, Korner, Lowe, Nolder (Stein dal ’76), Frenzel, Kreische, Vogel.

Italia: Zoff (Napoli), Burgnich (Inter), Facchetti (Inter), Bertini (Inter), Salvadore (Juventus), Castano (Juventus), Prati (Milan), Rivera (Milan), Mazzola (Inter), De Sisti (Fiorentina), Riva (Cagliari).

Arbitro: Bostrom (Svezia).

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Giacinto Facchetti in azione nella sfida di Napoli contro la Germania Est

Napoli 23 Novembre 1969

Italia – Germania Est 3-0

Reti: Mazzola 7’, Domenghini 35’, Riva 36’.

Italia: Zoff (Napoli), Burgnich (Inter), Facchetti (Inter), Cera (Cagliari), Puja (Torino), Salvadore (Juventus), Chiarugi (Fiorentina), Mazzola (Inter), Domenghini (Cagliari), De Sisti (Fiorentina), Riva (Cagliari).

 

 

1957 – 58: LA IV SERIE SI SDOPPIA ANNO D’ORO PER LO SPEZIA CON ALBERTOSI RISERVA DI PERSI

 

a cura di FRANCO ASTENGO 

L’occasione è utile per presentare il resoconto di una stagione calcistica molto particolare. L’annata 1957 – 58 infatti presentò lo “sdoppiamento” in due categorie della IV Serie (che poi dal campionato 1959 – 60 si sarebbe denominata “Serie D”). Una struttura dei campionati che durò soltanto per quella stagione come momento di qualificazione per un nuovo assetto.

Tra la stagione 1952 – 53 e quella 1956 – 57 la Serie C era stata organizzata sulla base di un solo girone nazionale e la IV Serie sulla base di otto gironi interregionali con sole due promozioni: ai play – off erano ammesse esclusivamente le prime classificate di ogni “poule” che poi si affrontavano in due gironi da 4 squadre le cui vincenti erano, alla fine, promosse in Serie C.

L’idea che reggeva questa impalcatura, che comprendeva anche Serie A e Serie B a 18 squadre con limitazioni nel numero degli stranieri utilizzabili (il famoso “lodo Andreotti”, poi aggirato clamorosamente dall’Inter con l’ingaggio e l’utilizzo dello svizzero Vonlanthen), era quella di una maggior selezione in appoggio alla Nazionale che stava attraversando un momento non particolarmente felice (eliminazione subita sia alle Olimpiadi di Helsinki 1952, sia ai mondiali di Svizzera 1954 con lVonlanthen protagonista).

I soloni della Federcalcio si erano però resi conto che a quel modo restavano fuori dal novero del “calcio che contava” centri molto importanti sia dal punto di vista economico, sia della tradizione calcistica. Si decise così di allargare il novero della Serie C allargando la partecipazione a quaranta squadre suddivise in due gironi nella stagione 1958 – 59, per poi passare alla classica formula a tre gironi (Nord, Centro, Sud) a partire dal campionato 1959 – 60.

Si presentava quindi la necessità di operare un meccanismo di selezione nel corso della stagione 1957 – 58. Rimasta la Serie C a girone unico prevedendo l’assenza di retrocessioni si decise di suddividere la IV Serie in due categorie: I e II serie.

Dalla I serie, formata dalle compagini meglio classificate nei gironi di IV Serie 1956 – 57, sarebbe scaturite le squadre partecipanti alla nuova serie C, mentre le prime classificate dei gironi di II serie avrebbero formato la nuova IV Serie. Scorrendo le classifiche ci si accorgerà facilmente di quali forze escluse in quegli anni dal concerto più importante del calcio italiano. L’occasione fu quindi quella di una crescita organizzativa e tecnica che fu realizzata in pieno.

Il Savona  usufruì positivamente di questa situazione: la squadra militava a partire dalla stagione 1953 – 54 nel torneo di Promozione Regionale e aveva appena terminato il campionato 1956 – 57 senza subire sconfitte, classificandosi però al secondo posto alle spalle dell’Andrea Doria.

Nel corso dell’estate, presentandosi una disponibilità di posti nel nuovo torneo di II Serie, il presidentissimo Stefano Del Buono presentò istanza di ammissione che fu accolta per “meriti sportivi”. Il cinquantennio della società bianco blu coincise così con il  ritorno ad una categoria di livello interregionale.

Torniamo però all’insieme dei due campionati riportando le classifiche finali dei diversi gironi.

CAMPIONATO INTERREGIONALE PRIMA SERIE

GIRONE A: Spezia 45, Casale 37, Corbetta 36, Varese 35, Piacenza 34, Arezzo 33, Novese 33, Cenisia 31, Foligno 29, Lucchese 27, Lilion Snia Varedo 27, Gallaratese 27, Carrarese 24, Rosignano Solvay 23, Fanfulla 22, Cuneo 17.

Promosse in Serie C le prime sei squadre eccetto il Corbetta sostituito dalla Lucchese.

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Lo Spezia protagonista nell’Interregionale: da sinistra, Persi, Crivellente, Pastorino, Corelli, Bumbaca, Corti, Mangini, Castellazzi, De Dominicis, Franceschina, Incerti, Albertosi, Saporetti. Davanti a tutti capitan Zennaro. Nella rosa spezzina spicca la presenza del portiere di riserva, 4 presenze, nientemeno che Ricky Albertosi il miglior portiere italiano di tutti i tempi

GIRONE B: Ozo Mantova 45 (primo passo in avanti della squadra biancorossa allenata Mondino Fabbri con Italo Allodi direttore sportivo; di seguito sarebbero arrivate le promozioni in Serie B e in Serie A), Treviso 42, Pescara 39, Anconitana 36, Hellas Verona 36 (esisteva all’epoca anche l’AC Verona che disputava la Serie A, poi retrocessa in Serie B. A quel punto fusione e nascita dell’attuale Hellas Verona), Chieti 30, Forlì 30, Pro Palazzolo 30, CRDA Monfalcone 30, Pordenone 28, Pro Gorizia 27, Vittorio Veneto 26, Moglia 25, Belluno 24, Falck Vobarno 18, Dolo 14.

Promosse in Serie C le prime sei squadre eccetto l’Hellas (fusasi con il Verona) e sostituita con il Forlì. Pordenone promosso su proposta della FIGC. Pro Palazzolo rinuncia e si scrive alla Prima Divisione lombardo.

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Ozo Mantova schierato. Primo a sinistra “Topolino” Fabbri l’uomo della Corea

GIRONE C: Cosenza 34, L’Aquila 32, Marsala 32, Cral Cirio 32, Barletta 31, Lecce 30, Trapani 30, Foggia 30, Casertana 29, Monteponi 29, BPD Colleferro 28, Avellino 26, Tempio Pausania 26, Molfetta 27, Audace Cerignola 7, ritirato Frosinone.

Promosse in Serie C le prime otto squadre più la Casertana.

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Il Cosenza. Nella foto la formazione vittoriosa sul Monteponi (4- 2) il 18 maggio 1958: in piedi, all. Bellini, Cuoghi, Delfino, Villa, Regalino, Bordignon, Pres. Perugini, Uxa, Del Morgine; accosciati: Colosio, Bedetti, Paolillo, Coaro, Palpacelli

CAMPIONATO INTERREGIONALE SECONDA SERIE

Girone A: Entella 41, Andrea Doria 40, Vado 34, Fossanese 33, Pinerolo 33, La Chivasso 32, Sestri Levante 32, Magenta 30, Asti 30, Savona 30, Sammargheritese 29, Rapallo 27, Veloce 27, Sestrese 25, Ivrea 20, Vogherese 17.

Retrocesse in promozione: Veloce, Sestrese e Vogherese (Ivrea ripescata).

Girone B: Seregno 47, Saronno 40, Vimercatese 40, Melzo 39, Meda 38, Falck Arcore 35, Solbiatese 33, Pro Sesto 31, Rhodense 29, Rizzoli 28, Crema 27, Malnatese 24, Vis Nova Giussano 22, Cantù 20, Juve Domo 18, Verbania 9.

Malnatese, Vis Nova Giussano, Cantù, Juve Domo e Verbania retrocesse in Promozione.

Girone C: Bolzano 43, Basano 39, SAVA Porto Marghera 35, Schio 34, Trento 34, Aurora Travagliato 34, Portogruaro 33, Ponte San Pietro 31, Rovereto 31, Pellizzari Arzignano 31, Audace San Michele Extra 29, Merano 27, SAICI Torviscosa 25, Ponziana 24, Cividalese 22, Clodia 8.

Saici Torviscosa, Ponziana, Cividalese, Clodia retrocesse in Promozione. Sava Porto Marghera radiata

Girone D: Libertas Correggio 38, Baracca Lugo 37, Alma Juventus Fano 36, Jesina 36, Portocivitanovese 34, Carpi 33, Faenza 33, Rimini 32, Cesena 31. Sangiorgese 31, Mirandolese 31, Vigor Senigallia 23, Bondenese 22, Fidenza 22, Casalecchio 22, Sassuolo 19.

Vigor Senigallia, Bondenese, Fidenza, Casalecchio e Sassuolo (attualmente in Serie A) retrocesse in Promozione.

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Lo stadio “La Fiorita” di Cesena nel 1957, erano davvero altri tempi

Girone E: Pisa 45, Pistoiese 38, Empoli 38, Pontedera 37, Massese 37, Città di Castello 33, Montecatini 33, Cuoiopelli 32, Poggibonsi 32, Viareggio 29,Piombino 29, Rondinella 27, Labrone 26, Sestese 18, Cecina 17, Sansepolcro 9.

Pisa ammesso alla Serie C per delibera della Lega Nazionale. Labrone, Sestese, Cecina, Sansepolcro retrocesse in Promozione.

Girone F: Squibb Roma 42, Torres 39,Grosseto 37, Montevecchio 37, Avezzano 35, Olbia 32, Atac Roma 31, Ternana 31, Virtus Spoleto 28, Romulea 28, Perugia 28, Bastia Umbra 28, Tivoli 27, Civitavecchia 26, Rieti 19, Terracina 10.

Bastia Umbra, Tivoli, Civitavecchia, Rieti e Terracina retrocesse in Promozione. Montevecchio  radiata dalla FIGC

5

Il Perugia salvatosi a stento dalla retrocessione in Promozione: da sin., in piedi., Aliani, Bianchini, Canavacciulo, Carello, Cascelli, l’allenatore “il sor Mazzetti”; al centro Fortini, Lombardi, Millia, Vittiglio, Poli, Spinelli 

Girone G: Ortona 41, Del Duca Ascoli 40, Martina Franca 39, Campobasso 37, Trani 36, Sanvito Benevento 35, Teramo 34, Giulianova 34, Nola 31, Melfi 30, Torremaggiore 30, Andria 27, Virtus Casarano 24, Virtus Lanciano 20, Potenza 11, Matera 9.

Virtus Casarano, Virtus Lanciano, Potenza e Matera retrocesse in Promozione

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Crotone 1957 – 58: da sinistra, in piedi, alcuni dirigenti, l’allenatore Rubino, Giannatasio, il presidente,  Giuffrida, Castoldi, Cherubini, Forin, Marcos, il massaggiatore Paolini, Rovelli, Rampazzo, Pisani, Fino

Girone H: Enna 43, Juve Bagheria 42, Vigor Nicastro 40, Akragas 39, Gladiator Santa Maria Capua Vetere 37, Caltagirone 37, Leonzio Lentini 36, Ragusa 36, Castrovillari 31, Crotone 29, Sagittario 25, Juve Stabia 24, Palmese 17, Ercolanese 11, Taurianovese 8,  Nocerina retrocessa all’ultimo posto e penalizzata di 10 punti per il campionato 1958 – 59.

Juve Stabia, Nocerina, Palmese, Ercolanese e Taurianovese retrocesse in Promozione.

LE FORMAZIONI DELLE SQUADRE DEL GIRONE A DI II SERIE

Entella: Righetti, Rollando, Cavina, Armari, Canepa, Massa, Casagrande, Pieri, Guerra, Fontana, Sanguineti;  all. Pastorino.

Andrea Doria: Mencacci, Pastorino, Gandini, Fogli, Rossi, Bondioli, Marchiandi, Benzi, Celani, Merighetto I, Thea; all. Narducci.

Vado: Traverso, Magnetto, Murialdo, Vacca, Nardini, Martinucci, Negro, Perata, Griffo, Biggi, Calamano (Grattarola, Gaglione, Peluffo, Rosasco, Pagano).

7

Il Vado disputa un grande campionato utilizzando buona parte dei giovani del settore giovanile. Da sinistra in piedi: Dagnino, l’allenatore Chittolina,  Piero Armella, Lino Romano, Giusto, Giorgio Peluffo, Pastorino, Caruso, Ivano Dagnino, il dirigente Renato Dante raffinato “coiffuer pour dames”; accosciati, Rossi, il generoso capitan Bonello, Peirano, Babboni, Giorgetti, Paolino Gaglione “o rey”      

Fossanese: Sattolo, Piccirilli, Trabucco, Magliola, Ghiringhelli, Camoletto, Duvina, Audisio, Leone, Sommaruga, Streri.

Pinerolo: Mattiodo, Accarino, Borgogno, Ardissone, Maretto, Anfossi, Casellato, Airaldi, Turci, Guagno, Cubertino.

La Chivasso: Rossetti, Dal Monte, Imperore, Bellomo, Provera, Cantoni, Toria, Buda, Scaglia, Mussi, Francese.

Sestri Levante: Bordi, Bo, Solari, Avvenente, Fanti, Menchini, Bartoli, Muzio, Baccherotti, Colondri, Pescaglia;  all. Zucchero.

Magenta: Lombardi, Marini, Bossetti, Arretino, Cremonesi, Casorati, Elli, Deola, Mentani, Garantini, Lavizzani.

Asti: Airaldi, La Penna, Salice, Cavagna, Parola, Delfino, Gottardo, Lavarino, Bonavera, Cavagnero, Grigiante; all. Nattino.

Savona: Bruzzone, Galindo, Valentino Persenda, Papes, Nadali, Mariani, Pastorino, Mantero, Teneggi, Gennari, Basilio Parodi (Cavo, Bruno, Valle, Paltrineri, Grino, Biglino); all. Pelizzari.

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Savona 1957 – 58: da sinistra, in piedi, Bruzzone, Pastorino, Bruno, Valentino Persenda, Mariani, Corrado Teneggi, Ilvo Nadali; accosciati, Gennari, Mantero, Basilio Parodi, Galindo il massaggiatore Giannoni 

Sammargheritese: Lusardi, Amadori, Cavalli, Tassi, Gravano, Zani, Fiumi, Canonico, Ferrari I, Ferrari II, Ghizolfi; all. Bellotti.

Veloce: Mariani, Gambetta, Rossi, Turco, Ballauco, Grazzini, Lauretano, Casanova, Minuto Pepè, Rasetti, Opisso (Casella, Badano, Mantero, Boglietti); d.t. Tortarolo, all. prof. Eliseo Colla.

Rapallo: Giacomelli, Bodrato, Serra, Pessina, Vidotto, Bertini, Corradini, Rosolia, Angeli II, Angeli I, Bellomo; all. Pessina.

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Una targa ricordo del presidentissimo del Rapallo Armando Bogliardi: una stagione d’oro per il sodalizio bianco nero tra IV Serie e Serie C

Sestrese: Venanzi, Zanier, Murta, Giraudo, Guasti, Fumi, Grillo, Firpo, Mainetto, Siccardi, Minniti; all. Bossi.

Ivrea: Viola, Roncaglia, Dardanelli, Ghiano, Graziutti, Della Riva, Stocco, Francese, Tuberosa, Bisio, Coltella.

Vogherese: Euno, Forni, Bombati, Sarolli, Orlandini, Fusè, Bertolini, Liguori, Beretta, Fontana, Marchioretto.

ANNI ’50: I MAGNIFICI 162 GIOCATORI LIGURI PROTAGONISTI IN A, B E C

 

a cura di FRANCO ASTENGO

Com’era già capitato per gli anni ’60 anche per il decennio precedente non poteva mancare un’accurata ricerca sui testi dell’Almanacco del Calcio (l’attuale “Panini”, all’epoca edito dal “Calcio e Ciclismo Illustrato” con la direzione di Leone Boccali) per individuare tutti i giocatori nati in Liguria e citati nelle varie “rose” dei titolari elencati tra Serie A, Serie B, Serie C. In questa occasione le stagioni di riferimento sono state quelle intercorrenti tra il 1949 – 50 e il 1958 – 59.

Sono in tutto 162 i giocatori che hanno giostrato ai massimi livelli nelle stagioni prese in esame. Tra i portieri vanno ricordati Pendibene, per anni bandiera del Savona Fbc, Von Mayer, Rivoire, Morasso e Bruno Ferrero, altro biancoblu (ma anche Vado e Veloce) dalle grandissime doti atletiche e agonistiche. Tra i terzini, Becattini, Melandri, Cuttica, Brancaleoni e Tomà.  Tra i mediani, Carpanesi su tutti, poi Rivara, Repetti, Scarpato, Lupi, Corti. Tra i centro mediani, Bernardin, Gramaglia, Odone, Cuttica, Ighina. Tra le ali, Caprile, Mangini, Ventimiglia, Cereseto, Opisso, Gasperini, Di Fraia, Giordano. Tra le mezze ali, Ghiandi, Broccini, Basilio Parodi, Lerici, Gennari, Recagno. Tra i centravanti, Zecca, Uzzecchini, Vergazzola, Testa, Luigi Parodi, Mantero.

Rispetto agli anni ’60 il decennio in questione presenta una particolarità, quella del cambiamento di formula della Serie C che si verifica per tre volte:  dal 1949 – 50 al 1951 – 52 la terza serie, infatti, si svolge su quattro gironi interregionali; dal 1952 – 53 al 1957 – 58 addirittura su un solo girone nazionale con una durissima selezione, mentre il campionato 1958 – 59 si è disputato su due gironi con lo sdoppiamento della IV Serie (istituita nella stagione 1952 – 53) in due serie, I e II disputate – appunto – sulla base di gironi interregionali.

Per quel che riguarda la partecipazione delle squadre liguri va rimarcato come nella Serie C a girone unico si sia registrata la sola presenza della Sanremese. Tutte le altre squadre liguri disputarono la IV Serie ed il Savona addirittura partecipò nei campionati dal 1953-54 al 1956 -57 al torneo di Promozione.

Questo dato ha sicuramente inciso sul numero di giocatori liguri presenti nelle tre maggiori categorie in quanto la presenza di un minor numero di squadre della regione, in tempi nei quali l’utilizzo di giocatori locali era più usuale che in seguito, ha sicuramente limitato le citazioni: difatti giocatori appartenenti a Spezia, Savona, Rapallo tanto per fare qualche esempio appartengono soltanto ai tornei dal 1949 – 50 al 1951 – 52.

Ciò nonostante la presenza ligure è risultata per tutto il decennio di alto livello e abbiamo così potuto abbozzare anche una ipotetica formazione di una “Nazionale” della Liguria.

Questo l’11 prescelto fior da fiore oltre le citazioni per ruolo: Pendibene, Melandri, Becattini,Carpanesi, Bernardin, Gramaglia, Caprile, Ghiandi, Zecca, Broccini, Gasperini (Von Mayer, Tomà, Brancaleoni, Lupi, Odone, Scarpato, Cereseto, Lerici, Uzzecchini, Recagno, Giordano).

Da ricordare, infine, che il criterio di selezione è stato rigidamente agganciato al luogo di nascita.

Sono rimasti così esclusi dall’elenco giocatori che hanno trascorso il Liguria gran parte della loro carriera calcistica, addirittura partendo dai settori giovanili, oppure che dalle nostre parti sono arrivati già formati e vi hanno compiuto scelte di vita diventando liguri a tutti gli effetti, giocando e allenando.

Così dagli elenchi mancano, soltanto per citare qualcuno: Gigi Bodi, “Martello” Delfino, Luciano Delfino, Grabesu, Ciccio Varicelli, Roberto Longoni, Molinari, Franco Viviani, Giancarlo Tonoli.

Questo l’elenco completo con le squadre nelle quali ogni giocatore ha militato secondo la citazione dell’Almanacco.

PORTIERI

Luigi PENDIBENE: Palermo 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53- 54, Novara 54 – 55 Torino 55 – 56, 56 – 57

1

Giuseppe CASTELLINI Brescia 50 – 51

Bruno FERRERO Rapallo 50 – 51

Ceci VON MAYER: Sanremese 49 – 50, 50 – 51, 51- 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

2

Giovanni BORRO Sanremese 51 – 52, 52 – 53

Renzo CASSINELLI Arezzo 51- 52

Giovanni PIREDDA Benevento 51 – 52

Aldo SCAGLIONI  Foggia 51 – 52

Gino BAGLIANI Sanremese 52 – 53

Silvio MORASSO Empoli 54 – 55, 55 – 56 Siena 56 – 57

Ezio RIVOIRE Sanremese 54 – 55, 55- 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Giancarlo PIVA: Sanremese 56 – 57

TERZINI

Fosco BECATTINI Genoa 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

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Pier Ugo MELANDRI Savona 49 – 50 Genoa 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54

Pietro PODESTA’ Sampdoria 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55

Sauro TOMA’ Torino 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52 Bari 54 – 55

Giampiero BODINI Cremonese 50 – 51, 51 – 52, 56 – 57

Renato AVELLANI Messina 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55

Bruno BORRI Reggiana 50 – 51

Franco MORETTI Spezia 50 – 51, 51 – 52, Carrarese 54 – 55

Gino VIGNOLO Savona 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52

Dario CAVANNA Sestrese 50 – 51

Francesco PELLICARI  Sestrese 50 – 51

Sergio PERSIA  Acireale 50 – 51

Giovanni LAZZERI  Foggia 50 – 51, 51 – 52

Italo MURTA Sampdoria 51 – 52

Giovanni CASTAGNOLA Salernitana 51 – 52

Gianni LITTARELLI  Savona 51 – 52, Sanremese 53 – 54, 54 – 55

Franco REGGIANI Savona 51 – 52

Giovanni LANDINI Genoa 52 – 53

Pietro SACCO Sanremese 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55

Ivo BRANCALEONI Como 53 – 54 54 – 55 Torino 55 – 56, 56  –  57

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L’Alassio comprendente un giovanissimo Ivo Brancaleoni pronto a spiccare il volo verso la Serie A

Carlo CARGIOLI Livorno 54 – 55

Auro BASILIANI Verona 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Felice ALOE Sanremese 56 – 57

Giancarlo BOAZZO Sanremese 56 – 57

Maurizio BRUNO Genoa 57 – 58, 58 –  59

Dalmazio CUTTICA Como 55 – 56, 56  –  57 Verona 57 – 58 Genoa 58 – 59

Franco DASSERETO Sampdoria 58 – 59

Gaetano VERGAZZOLA Sampdoria 58 – 59

Bruno BORFIGA Sanremese 58 – 59

MEDIANI

Carlo BREZZI Genoa 50 – 51

Giorgio OLIVIERI Genoa 50 – 51

Carlo SCARPATO Lucchese 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, Palermo 53 – 54

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Le “aquile” dello Spezia: da sin. in piedi : Visintin, Basiliani, Scarpato, Curletto, Buscaglione, Mammi; accosciati: Della Casa, Rebuzzi, Zennaro, Costa, Fiumi. Un’edizione con parecchi giocatori compresi nel nostro elenco: Basiliani, Scarpato, Della Casa, Zennaro, Fiumi

G.B. MARTINI Pro Patria 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, Genoa 53 – 54 Sanremese 54 – 55

Giuseppe LUPI Rapallo 49 – 50, Legnano 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53  –  54, 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

Antonio IVALDI Venezia 49 – 50 Livorno 50 – 51, 51 – 52

Ugo GAZZARRI Messina 50 – 51

Luciano CAPPELLI Spezia 50 – 51, 51 – 52

Dino GUASTINI Spezia 50 – 51

Giovanni BAGLIANI Alessandria 50 – 51, 51 – 52, 52- 53, 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56 Siracusa 56 – 57

G.B PENZO Sestrese 50 – 51

Giovanni GONELLA Sestrese 50 – 51

Angelo DINI Cagliari 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53 Empoli 53 – 54

Andrea MICHELUCCI Carbosarda 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

Pietro BIBOLINI Carrarese 50 – 51, 51 – 52, 53 – 54 Mantova 58 – 59

Franco REGATTI  Carrarese 50 – 51

Mario CORTI Sampdoria 51 – 52, 53 – 54, Piombino 52 – 53, Monza 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

Andreino REPETTI Sampdoria 51 – 52, Lecce 53 – 54, Messina 54 – 55, 55  -56 Sambenedettese 56 – 57, 57 –  58 , 58 – 59

Renzo VIACAVA Rapallo 51 – 52

Sergio STAGNARO Rapallo 51 – 52

Ezio ZAMBARDA Spezia 51 – 52, Modena 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56,. 56 -57

Maurizio ZANIER Lecce 54 – 55

Roberto NARDINI Sanremese 54 – 55

Sergio CARPANESI Fiorentina 55 – 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

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Sergio Carpanesi in maglia viola

Antonio GRANERI Sanremese 56 – 57

Umberto LANZI Sanremese 56 – 57

Renzo RIVARA Genoa 58 – 59

Claudio MORGAVI Sampdoria 58 – 59

Furio BIGOGNO Prato 58 – 59

Cleto MARINI Pisa 58 – 59

Umberto AMATO Sanremese 58 – 59

Mario DELFINO Cosenza 58 – 59

Augusto PEDRONI Catania 57 – 58 Salernitana 58 – 59

CENTRO MEDIANI

G.B. ODONE Novara 49 – 50, Genoa 50  – 51, 51 – 52, 52  – 53, Pro Patria 53 – 54

Bruno VOLPONI Rapallo 49 – 50, Genoa 50 – 51, Lecce 51 – 52, 52 – 53

Bruno GRAMAGLIA Napoli 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 -55

Germano PARAVAGNA Sampdoria 49 – 50, 50 – 51

Angelo BORGOGNO Alessandria 49 – 50, Pisa 50 – 51

Sergio SUSMEL Como 49 – 50, Siracusa 50  – 51, 51 – 52

Remo BENEDETTI Spezia 50 – 51, Palermo 55 – 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Giovanni IGHINA Savona 49 – 50, 50 – 51

Giorgio BERNARDIN Spezia 49 – 50, Lecce 50 – 51, 51 – 52, Spal 52 – 53, 53 – 54 Inter 54 – 55,55 – 56, 56 -57 Triestina 57 – 58, 58 – 59

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Bernardin in campo con una eccezionale formazione dell’Inter

Marcello CORDONE Sanremese 52 – 53, 54 – 55, 55 – 56, 57 – 58, 58 – 59

Amerigo CURTI Sanremese 58 – 59

Mario PEDEMONTE  Siena 58 – 59

Giorgio ZENNARO Spezia 58 – 59

Alfredo DELLA GORA Varese 58 – 59

ALI

Emilio CAPRILE Atalanta 49 – 50 50 – 51 Juventus 51 – 52 Lazio 52 – 53 Como 53 – 54 Legnano 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Giovanni MANGINI Spezia 49 – 50, Milan 50 – 51, Marzoli 51 – 52, Brescia 53 – 54, 54 – 55, Pavia 55 – 56, 56 – 57 Spezia 57 – 58, 58 – 59

Giorgio PRUZZO Sampdoria 50 – 51, 52 – 53

Silvano TONCELLI Taranto 49 – 50, Catania 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53, Genoa 53 – 54

G.B. OPISSO  Messina 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53

Rinaldo FIUMI Bari 49 – 50 Spezia 50 – 51

Rino MUCCI Fossanese 50 – 51, 51 – 52

Angelo CASTELLO Rapallo 50 – 51, 51 – 52

Gianni CORRADINI Rapallo 50 – 51, Casertana 51 – 52

Luigi OLDOINI Rapallo 50 – 51

Mario VENTIMIGLIA Sanremese 49 – 50, Savona 50 – 51, 51 – 52, Sanremese 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55

Enrico CROSETTO Arezzo 50 – 51, Messina 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54

Renato REBAGLIATI Casertana 50 – 51, 51 – 52

Bruno BIANCO Marsala 50 – 51, 51 – 52

Gianni BASILE Fiorentina 51 – 52, Piombino 54  – 55

Pasquale IULIUCCI Marsala 58 – 59

Giovanni BELLAGAMBA Verona 51 – 52

Renzo DI FRAIA Rapallo 51 – 52, Carrarese 53 – 54, Sambenedettese 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

Franco LABBATE Benevento 51 – 52

Renato ZACCHI  Catanzaro 51 – 52

Giovanni POZZO Foggia 51 – 52

Vincenzo VIGLIOLI Nissena 51- 52

Ermanno RIGHETTO  Sampdoria 52 – 53, Parma 56 – 57

Gino CERESETO Messina 49 – 50, 50  –  51, 51 – 52, Juve Stabia 52 – 53, Carbosarda 53 – 54, 54 – 55

8

L’Arsenal Messina 1949-50: in alto, da sIn., Blandino (mass.), Giannusso, Faleo, Fucà, Gregorio, Foti, Lanza, Levratto (all.); in basso da dx: Cereseto, D’Andrea, Perugini, Villari, Sipos. In foto due liguri: Gino Cereseto, ex bianco blu e l’allenatore il grande Felice Levratto

Amedeo GASPERINI Fiorentina 53 – 54, Brescia 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57 Napoli 57 – 58, 58 – 59

Fabio FRUGALI Cagliari 53 – 54

Silvano PECOLLO Genoa 54 – 55

Sandro TANGANELLI Prato 54 – 55, 55- 56, 56 – 57

Emiliano GIORDANO Sampdoria 56 – 57, 57 – 58 Siena 58 – 59

Romolo LAGONIGRO  Sanremese 56 – 57

Carlo DELL’OMODARME Parma 57 – 58, Como 58 – 59

Mino PERSENDA  Lucchese 58 – 59

MEZZE ALI

Vittorio GHIANDI Como 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53 Catania 54 – 55, 55   –  56, Verona 56 – 57

9

Mario STUA Como 49 – 50, 50 – 51

Elio CANONICO Novara 49 – 50, Bari 50 – 51, 51 – 52, Pisa 52- 53, 53 – 54

Luciano MARCHI Parma 49 – 50, Cremonese 50 – 51

Stelvio DELLACASA Casale 49 – 50, Messina 50 – 51, Novara 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55

Eros BACCALINI Spezia 49 – 50, 50 – 51 Lucchese 52 – 53, 53 –  54, Bari 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57

Pietro BROCCINI Spezia 49 – 50, Venezia 50 – 51, Inter 51 – 52, 52 – 53, 53 – 54 Spal 54 – 55, 55 – 56, 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Roberto LERICI Inter 49 – 50, Vicenza 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53 Alessandria 53 – 54

Angelo SICCARDI Savona 49 – 50, Rapallo 50 – 51 , 51 – 52

Giovanni CAPPELLI Savona 49 – 50, 50 – 51

Renato PAGANELLI Sestrese 50 – 51

Andrea  VERRINA Genoa 49 – 50, Forlì 50 – 51

10

Andrea Verrina con la maglia del Napoli

Giovanni CARISSIMI Varese 49 – 50, Juve Stabia 50 – 51, 51 – 52

Manlio GUASCO Sampdoria 51 – 52

Basilio PARODI Sampdoria 51 – 52, Modena 54 – 55, Sanremese 56 – 57

Franco BIRONI  Savona 51 – 52

Livio GENNARI Cagliari 52 – 53, 53 – 54, 54 – 55 Carbosarda 55 – 56 , 56 – 57

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Anche in questo Savona, nella foto sul vecchio campo di Corso Ricci, ci sono protagonisti del nostro elenco. Da sinistra in piedi: Valle, Gennari, Pastorino, Mino Persenda, Papes, Mariani, Nadali; accosciati. Teneggi, Bruzzone, “Bertin” Mantero, Basilio Parodi

Giuseppe RECAGNO Sampdoria 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Claudio FERRARI Pavia 56 – 57

Giampiero POLLINI Pavia 56 – 57

Angelo REPETTO Sanremese 56 – 57

Alemanno GUERCINI Reggiana 58 – 59

Francesco BARBAROSSA Sanremese 58 – 59

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Con i nerazzurri varazzini c’è Cecco Barbarossa tornato a Varazze dopo diverse stagioni tra i professionisti. Da sinistra, in piedi: Castello, Torri, Camogli, Crosa, Prato, Musmeci, il dirigente Leveratto; accosciati: Lupi, Foglia, Carattino, Mandraccio, Barbarossa, il massaggiatore

Amilcare GILARDONI Sanremese 58 – 59

Attilio CURRARINI Spezia 58 – 59

Luigi DA PASSANO Trapani 58 – 59

CENTRAVANTI

Adriano ZECCA Roma 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52, 52 – 53 Verona 53 – 54 Bari 54 – 55

Luigi PARODI Sampdoria 50 – 51, Lucchese 51 – 52, 52 – 53, Pavia 54 – 55 55 – 56 Legnano 56 – 57, 57 – 58, 58 – 59

Luciano TESTA Fossanese 50 – 51, 51 – 52 Alessandria 52 – 53, Vicenza 53 – 54, 54 – 55 Biellese 55 – 56, 56 – 57

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Luciano Testa, autentica bandiera del calcio ingauno, tornato ad Albenga ha allenato per diverse stagioni la squadra locale tra Serie D ed Eccellenza

Umberto MANTERO Savona 49 – 50, 50 – 51, 51 – 52 Sanremese 53 – 54, 54 – 55, 55 – 56

Angelo GE’ Casertana 50 – 51

Franco PELLICARI Sestrese 50 – 51 Fanfulla 51 – 52

Sergio VERGAZZOLA Pisa 50- 51, Venezia 51 – 52, Vicenza 52 – 53, 53 – 54

Alfredo GIORGI Sanremese 52 – 53

Renzo UZZECCHINI Sampdoria 54 – 55, 55 – 56 Catania 56 – 57 Sampdoria 57 – 58, 58 – 59

Giorgio ARGENZIANO Livorno 54 – 55

Angelo PASTORINO Como 56 – 57

Giovanni IMBERTI  Sanremese 56 – 57

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Imberti nell’Alassio 1960 – 61 . Questa la formazione-base: Angelini, Sala (De Negri), Bodrato (Ciferri), Grosso, Lunetta, Ziliani (Schivo), Invernizzi (Testa), Zerega, Imberti , Bith, Calamano

Gian Marco CALLERI Novara 58 – 59

Carlo VOLPI Monza 58 – 59

Giacomino PARODI Alessandria 57 – 58, Vigevano 58 – 59

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Giacomino Parodi in una edizione di lusso del Savona (con altri protagonisti delle categorie superiori) nel nuovo Stadio Bacigalupo: da sinistra, in piedi: Ferrero, Parodi, Cucchi, Ciglieri, Mariani, Caffaratti, l’allenatore Pelizzari; accosciati: il magazziniere Perseu, il massaggiatore Piero Molino, Negri, Mino Persenda, Brancaleoni, Bianco, l’altro magazziniere Doni