Tra il campionato 1948-1949 e quello 1951-52, il quarto livello gerarchico del calcio italiano fu rappresentato dal campionato di “Promozione Interregionale”. Il campionato fu gestito da tre leghe distinte denominate Lega Interregionale. Lega Interregionale Nord, avente sede a Torino; Lega Interregionale Centro, avente sede a Firenze, e Lega Interregionale Sud avente sede a Napoli.
Un totale di 225 squadre partecipanti
Questo assetto fu radicalmente mutato con la stagione 1952-53, quando fu istituita la Serie C a girone unico nazionale (18 squadre) e la IV Serie interregionale (la futura Serie D così denominata dalla stagione 1959-60) con 8 gironi da 18 squadre, per un totale di 144 squadre.
Ritorniamo allora alla storia del campionato di promozione interregionale ricostruendo le presenze delle squadre comprese nei gironi disputati dalle compagini liguri citando piazzamento e formazioni – base.
Nel centenario dell’avventura dannunziana a Fiume (quella che fu definita “L’impresa di Fiume” e che consistette nell’occupazione della città, iniziata il 12 settembre 1919 e durata 16 mesi, contesa tra il Regno d’Italia ed il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, da parte di ribelli del Regno Esercito italiano) è il caso di ricordare come il calcio fosse molto sviluppato nella città dalmata e che nel periodo di appartenenza all’Italia la Fiumana prese parte ai campionati di Serie B e C partecipando anche nella stagione 1928 – 29 al torneo di Divisione Nazionale senza riuscire però a qualificarsi per la nuova Serie A a girone unico. Nel 1904 venne fondato nella città autonoma di Fiume, al tempo Corpus Separatum della corona magiara del Impero austro-ungarico, il Club Sportivo Olimpia. La sezione calcistica iniziò la propria attività ufficialmente il 25 novembre 1906. Nel 1917 venne fondato come club dei lavoratori fiumani il Club Sportivo Gloria. Le due squadre diventarono subito i maggiori rivali dei seguenti campionati, rappresentando rispettivamente le classi sociali più abbienti e quelle più popolari della città. I due club finiranno per essere uniti nell’Unione Sportiva Fiumana il 2 settembre 1926 Come colori sociali l’Olimpia (dopo il 1918 rinominato Olympia), usava il bianco e il nero, classificandosi al 3º posto nel girone D del campionato di Seconda Divisione 1925-1926. Il Club Sportivo Gloria aveva invece come colori sociali il giallo e l’amaranto e si classificò al 4º posto dello stesso torneo, pur avendo le due squadre conquistato lo stesso numero di punti nel campionato. La città (nella quale nel 1938 risultavano risiedere 53 896 abitanti) diede i natali in quei decenni ad alcuni giocatori di livello nazionale come Rodolfo Volk, Marcello Mihalich (il primo ad approdare alla nazionale maggiore), Ezio Loik, oltre alle due coppie di fratelli Andrea e Rodolfo Kregar e Mario e Giovanni Varglien.
Una formazione del 1928-1929: da sinistra, in piedi, Raicevich, Miliani, Sinrich, Percovich, Tommasich, Bernardis, Froglia, Domencich, Zuliani, Spadavecchia, Negri
I prodromi di questa fusione vanno ricercati nella grave crisi che colpì la FIGC nella primavera del 1926 e che fornì l’occasione per l’intervento del regime fascista nel mondo del calcio con la riorganizzazione imposta alla federazione dopo la stesura della Carta di Viareggio del 2 agosto 1926 che portò, con l’istituzione della “Divisione Nazionale” (una sorta di massima serie divisa in due gironi), alla nascita dell’antesignana della Serie A. La ristrutturazione su scala nazionale dei campionati non poté avvenire in molte realtà locali sulla base delle società esistenti, motivo per cui il regime favorì (laddove non impose) l’accorpamento e le fusioni societarie su base cittadina anche perché vedeva di cattivo occhio rivalità all’interno delle città che contrastassero con le sue finalità di pace sociale. In città di confine e per di più contese come Fiume, questa visione fu subito prevalente. Non va esclusa tuttavia l’esigenza cittadina di rinforzare la propria forza in campo calcistico riunendo le forze delle due maggiori compagini cittadine in modo da poter meglio figurare nei tornei nazionali, specie dopo la costruzione del nuovo stadio I colori sociali del nuovo club (rosso cardinale, blu e giallo), seppur simili a quelli del C.S. Gloria, vennero ereditati dal tricolore della bandiera del cessato Stato Libero di Fiume (cremisi, oro e indaco). Il campo di gioco fu costruito sbancando un intero costone di montagna in frazione Borgomarina nel 1925, venendo denominato durante il periodo italiano “Stadio Comunale del Littorio” come era chiaramente visibile dalla grande scritta posta all’inizio della strada che conduceva all’impianto e che ne costituiva l’entrata. Attualmente si chiama invece stadio Cantrida o Kantrida in croato. Il club in maglia rosso cardinale o in alcune occasioni, specialmente nei suoi primi anni di vita, arancione con stella bianca, calzoncini blu e calzettoni blu con risvolto amaranto e giallo (sempre a ricordare la bandiera dello Stato Libero di Fiume) prese parte inizialmente al campionato interregionale di Prima Divisione, secondo livello dell’epoca.Nella stagione di Prima Divisione 1926-1927 la Fiumana terminò il torneo classificandosi al quinto posto nel girone “B” lasciando dietro di sé altre cinque squadre. Nel successivo campionato di Prima Divisione 1927-1928 la squadra quarnerina si classificò al 3º posto (su 10 squadre) e, inoltre, partecipò alla Coppa Federale 1927-1928 vincendola. Anche grazie a questo risultato nell’estate del 1928, per decreto del presidente della FIGC, fu promossa insieme a Venezia e Triestina nel campionato di Divisione Nazionale (massima serie del calcio italiano del tempo) dove prese parte, con altre 16 squadre, al girone B. La Fiumana si classificò al 14º posto nel torneo di Divisione Nazionale 1928-1929 e, con la riforma dei campionati dell’estate successiva, fu destinata alla neonata Serie B. La successiva stagione di seconda serie fu conclusa dalla squadra fiumana all’ultimo posto nel campionato di Serie B 1929-1930, retrocedendo nuovamente nei tornei interregionali. Successivamente partecipò, dal 1930 al 1941, al campionato di Terza serie denominato inizialmente “Prima Divisione”, per poi mutare nome nel 1935 in Serie C. La Fiumana in quegli anni ebbe giocatori del livello di Andrea Kregar ed altri di notorietà anche internazionale. Vincendo la Serie C 1940-41 la Fiumana fu nuovamente promossa in Serie B. Anche in questo caso però, la stagione tra i cadetti (Serie B 1941-1942) dei fiumani si concluse amaramente, dato che per due soli 2 punti di distacco dal Savona retrocedettero in Serie C. Il campionato di Serie C 1942-1943 fu l’ultimo campionato italiano della Fiumana, che si concluse con un onorevole 3º posto nel girone A. In quel torneo giocava anche un altro team della città, la squadra dei Magazzini Generali. La Fiumana si dissolse nella primavera del 1943: l’ultima partita fu disputata il 14 marzo sconfiggendo per 4-1 il Vittorio Veneto Queste le classifiche di tutti i tornei disputati dalla Fiumana nei campionati italiani:
1926 – 27
PRIMA DIVISIONE NORD GIRONE B: Pro Patria 27, Atalanta 26, Triestina 24, Treviso 20, Fiumana 19, Venezia 17, Mantova 15, CRADA Monfalcone 14, Como 12, Udinese 6
1927-28
PRIMA DIVISIONE NORD GIRONE A: Atalanta 30, Venezia 24, Fiumana 22, Triestina 21, Ponziana Trieste 20, Udinese 19, Treviso 19, Spal 15, CRADA Monfalcone 5, Anconitana 5
1928 – 29
DIVISIONE NAZIONALE GIRONE B: Bologna 49, Juventus 41, Brescia 41. Genoa 39, Pro Vercelli 38, Ambrosiana – Inter 37, Cremonese 33, Lazio 29, Napoli 29, Biellese 27, Venezia 26, Pistoiese 25, Verona 25, Fiumana 16, Reggiana 13, Fiorentina 12
Armand Duplantis da urlo: lo svedese ha conquistato l’oro nella finale di salto con l’asta stabilendo il nuovo record mondiale di 6.21 metri, un centimetro meglio del suo precedente primato. Un risultato pazzesco che rimarrà nella storia dello sport. Argento per lo statunitense Christopher Nilsen (5.94 alla prima), bronzo per il filippino Ernest John Obiena (5.94, record asiatico).
Un’impresa di pochi minuti fa cui abbiamo assistito avendo ancora negli occhi un vero e proprio lampo di ammirazione.
Il grande risultato di Duplantis ci ha però portato alla memoria un episodio lontano, riguardante proprio il salto con l’asta e per il quale vivemmo egualmente istanti di grande emozione.
Ritorniamo indietro nel tempo: 14 settembre 1962, si stanno disputando i campionati europei di atletica a Belgrado (quelli di Morale, tanto per intenderci) e all’Oratorio Sacro Cuore sede della nostra Priamar, un nugolo di ragazzi sta seguendo con grande attenzione le gare la cui immagine erano irradiate dall’unico canale televisivo allora funzionante.
La TV troneggiava su di un alto mobile in un lato della grande sala giochi dell’Oratorio e il gruppetto di appassionati le faceva cerchio intorno.
Per la verità, lo affermo in assoluta sincerità eravamo ragazzi sportivamente molto preparati in diverse discipline sportive non soltanto nel calcio. Anzi l’atletica leggera rappresentava uno dei punti di nostro maggior impegno, sia nella pratica immediata, sia nel seguire i diversi risvolti tecnici in particolare dal punto di vista dell’evoluzione dei materiali.
Il salto con l’asta era considerato uno dei nostri maggiori punti d’attenzione perchè tra noi c’era Silvio Foschi, praticante della specialità che nella stagione successiva, 1963, si sarebbe laureato campione regionale e tra i primi, in Liguria, a superare la barriera dei 4 metri.
Inoltre, ancora troppo piccolo per essere preso in considerazione ma già molto attento a scoprire i segreti delle diverse specialità c’era un ragazzo che poi sarebbe diventato uno dei migliori tecnici italiani, portando atleti alle Olimpiadi, ai Campionati Mondiali, alle Universiadi e contribuendo a far sì che l’atletica italiana avesse il suo posto in un mondo sempre più difficile ma affascinante dal punto di vista competitivo.
In ogni caso nel tardo pomeriggio di quel 14 settembre si stava seguendo la gara del salto con l’asta: era un momento particolare per la specialità, dall’asta in bambù si era passati a quella in alluminio e ci trovavamo in una ulteriore fase di transizione verso l’attrezzo in fiberglass (con grandi discussioni tra i puristi dell’ancien regime, come era già stato per la scarpa a suola spessa nel salto in alto dove il record di Stepanov a 2.16 era stato annullato dai “parrucconi” della IAAF).
Il primato del mondo si era impennato all’improvviso assestandosi nel giugno di quell’anno sui 4,94 superati dal finlandese Pennti Nikula.
Assistemmo così ad un avvenimento storico: Nikula quel giorno aveva già vinto la gara con 4,80. Con un gesto coraggioso fece porre l’asticella sui 5 metri: era la prima volta in assoluto che quella misura si stava tentando.
Ripeto: eravamo ragazzi sportivamente molto acculturati e la sapevamo lunga: che il momento fosse assolutamente da ricordare lo comprendemmo subito e la tensione fra noi si sentì molto forte.
Nikkula non ce la fece: i 5 metri furono rimandati, si dovette aspettare il 27 aprile del 1963 quando a Filadelfia l’impresa riuscì all’americano Brian Sternberg (Bubka con suoi 6 metri era di là da venire).
Ecco guardando Duplantis e la sua grande impresa ci ha assolito questo flusso di ricordi con grande commozione.
Nella convulsa e triste stagione della cancel culture, dei forsennati del web, dei fanatici di facebook, degli egocentrici di instagram, dei cinguettatori seriali, dei cultori del verosimile, dei propagandisti di fattoidi spacciati per verità acclarate, dell’impazzimento malevolo e insultante degli odiatori da social, Federico Buffoni, giornalista e scrittore di lunga navigazione e inalterta passione per il suo mestiere, ci offre una riflessione che profuma di etico e di antico. Un monito che diventa un appello a non appropriarsi delle tappe della Storia a proprio uso e consumo, a rispettarne i protagonisti, gli eventi e le conseguenze. Nel bene e nel male. Perché non si progetta il futuro se non si conosce il passato. Perché la lezione della Storia, in tutte le sue sfaccettature, non tradisce mai. Purché la si sappia conoscere e rispettare con onestà di cuore e di pensiero.
GLI ANNIVERSARI TRADITI di Federico Buffoni
Servissero a qualcosa, almeno…. ma ne dubito. Gli sport più popolari d’Italia hanno scoperto gli anniversari e ci marciano che è un piacere (‘piacere’ si fa per dire): alcuni sono ricorrenze realmente di portata storica, altri per rievocare i tempi in cui l’atleta cedeva il primo gradino del podio a valori diversi da una doccia di champagne, altri ancora legati a cose minime di un passato che non torna.
La speranza di chi ha capelli grigi, bianchi o spariti, è che quanto meno il ricordare certe date risvegli una briciola di emozione sincera, togliendo agli appassionati di oggi l’esasperazione, l’odio per l’avversario, la malafede in nome dei risultati e dei guadagni. Ma temo che sia una speranza destinata ad essere in gran parte delusa: al peggio di chi segue oggi lo sport, sarebbe già un successo – se non togliere quei difetti – togliere quanto meno lo smartphone dalla mano a cui sembra saldato.
Tra i fatti mostruosamente tragici, che le istituzioni sportive ufficiali hanno ignorato, la strage dell’Heysel e i suoi 39 morti schiacciati dalla follia e dall’alcool che avevano in corpo, quasi quarant’anni fa, ciurme di animali travestiti da tifosi stipati sulla gradinata di quello stadio belga, in attesa che si giocasse la finale di Coppa dei Campioni, l’attuale Champions League, che allora si chiamava con quel nome molto più bello. I morti fecero solo ritardare l’inizio della partita, la polizia belga dimostrò perché irriverentemente i francesi più maleducati usano l’urlo “belgique!” come un insulto, i bianconeri (mentre la società bianconera ha emesso un comunicato ‘umano’ solo perché dovuto) festeggiarono in modo sguaiato e oltraggioso. Quest’anno, nella data del 29 maggio, quella della mattanza, le istituzioni paludate del calcio hanno fatto scena muta, accodate al numero uno Uefa, il Ceferin che si chiama come un medicinale dai probabilissimi effetti collaterali.
Un episodio allucinante e luttuoso, questo, che visse il calcio.
Il ciclismo della nostalgia vuole invece ricordare un gesto minimo ma moralmente grandissimo di Costante Girardengo, che su una salita sterrata e massacrante del Macerone, durante il Giro d’Italia 1921 vinto da Brunero, scese dalla bici, fece una croce col dito sulla polvere, disse “Io mi fermo qui” e si ritirò dal Giro che stava stradominando. L’idolo tornò un uomo, ebbe la dignità di dire basta al carrozzone porta-soldi in nome di una resipiscenza che gli fece riscoprire in un lampo la sacralità della vita, della salute, del non ammazzarsi per un pugno di lire. Lassù, dove il fuoriclasse di Novi scese dalla sella e dalla corsa rosa, metteranno un monumento. E ne ha parlato la tivù, con un piccolo sospetto di pubblicità allo scultore autore della statua, e alla promozione turistica di quell’affascinante territorio…
Ma anche così, ben venga l’essersi ricordati che sport non vuol dire solo classifiche, coppe da mettere in bacheca e albi d’oro da consegnare (e ne sarebbero degni ben pochi) ad un estensivo concetto di Storia che confonde la medesima con il Guinness dei primati, il sandwich più lungo, la corsa nei sacchi con più tanti sacchi, i fuori onda più impietosi.
Pallone e bicicletta. In cent’anni le uniche cose cha hanno conservato sono rispettivamente la forma sferica e le due ruote che girano a forza di pedalate. Ogni tanto qualcuno si sveglia in piena notte, fa una corsa in bagno e per un minuto gli ricompaiono nell’anima i cosiddetti “valori”. Poi torna presto a letto, ai suoi sogni di oggi. Nei quali, inevitabilmente, vede sé e gli altri in un’unica posa: l’essere umano del Terzo Millennio che impugna il telefonino magico che fa o inventa tutto, anche una vita surreale soltanto immaginata. Ma che non c’è.
Dedichiamo al Savona Rugby neo.-promosso in Serie B questa foto storica della prima edizione del Savona Rugby appena fondato nelle cui fila militava già l’attuale presidente Dario Ermellino, suo fratello Franco e personaggi cittadini di spicco come il più volte consigliere comunale Franco Zunino.
Erano tempi eroici che lo stesso Zunino ha raccontato in una pagina molto bella inserita nel testo collatteneo “Il tempo di Giuan” che abbiamo pubblicato oltre vent’anni fa a ricordo dell’indimenticabile Giuan Nasi nel quale si raccolgono le esperienze sportive, di vita e di fede di tante e tanti capaci di illustrare in molti campi la nostra Savona.
La squadra di rugby in quel tempo giocava a Valleggia grazie alla solita grande generosità di Cesco Landucci, un’altro rimasto nella nostra mente e nel nostro cuore.
La promozione della nostra squadra cittadina alla Serie B ci ha inorgoglito e ricordato quei tempi di passione per tante attività sportive savonese arrivate ai vertici: la squadra di pallanuoto non aveva ancora spiccato il volo verso le mete dello scudetto e delle coppe europee, Furio Fusi aveva frequentato le Olimpiadi di Città del Messico aprendo la via dei Madonia, Abate, Bogliolo atleti impostisi nel mondo grazie al lavoro appassionato di Peo Astengo, la squadra di pallacanestro fermminile allenata da Settimio Pagnini e composta da grande amiche nello sport e nella vita era arrivata in Serie A così come quella di hockey diretta dal professor Colla.
Non c’era soltanto il Savona FBC e adesso che la gloriosa bandiera bianco blu non appartiene al novero della grande famiglia del calcio italiano nella quale si trova una suo tentativo di continuazione che non può essere agganciato a quella lunga stagione del XX secolo trovare la squadra di rugby lottare negli alti livelli dei campionati nazionali ci è parso un fatto da segnalare alla nostra maniera: andando a cercare le origini, quelle che ci forniscono la nostra identità.
Il caso Catania, insorto nella primavera 2003, conobbe il proprio epilogo solamente in agosto quando la FIGC dispose in via straordinaria l’annullamento delle retrocessioni per la stagione precedente: la serie cadetta fu pertanto ampliata a 24 compagini, registrando l’ammissione della Fiorentina — impostasi nel recente torneo di C2 con la denominazione di Florentia Viola a seguito del clamoroso fallimento di Cecchi Gori ma ulteriormente promossa — in luogo di un Cosenza a sua volta dichiarato fallito. L’estensione dell’organico incorse nel disappunto delle società, gran parte delle quali rifiutatasi di scendere in campo nelle giornate calendarizzate al 31 agosto e 7 settembre 2003.
Il regolare avvio del campionato si verificò quindi il 10 settembre, contestualmente ad una riforma in itinere varata dalla FIGC e volta a riassestare l’intero equilibrio del sistema nazionale per la sola annata corrente furono previste 5 promozioni in Serie A e 3 retrocessioni dalla stessa, con l’appendice di uno spareggio da disputarsi tra la quartultima classificata del massimo torneo e la sesta piazzata in cadetteria. Immutato invece il criterio di ricambio con la C1, sempre fissato in 4 squadre: nel caso in cui tra la 20ª e 21ª classificata fosse intercorso un margine al di sotto dei 5 punti, le suddette formazioni avrebbero sostenuto un play-out.
Le 46 giornate in programma — numero mai raggiunto da nessun’altra categoria — segnalarono un’iniziale accorpamento in testa, situazione apparsa favorevole a Ternana e Atalanta: in ambito bergamasco degno di nota anche l’esordio tra i cadetti dell’AlbinoLeffe, la cui stagione si concluse con una sofferta salvezza.
Il comando risultò successivamente appannaggio del Palermo tra le cui fila militava il capocannoniere Luca Toni: i rosanero conobbero nuovamente il palcoscenico della Serie A ex aequo con il Cagliari, terminando entrambe alla quota di 83 punti. Egualmente promosse a pari merito Livorno e Messina, cui s’aggiunsero i succitati orobici; notevoli sul piano statistico i ben 26 pareggi raccolti dal Napoli, cifra che consentì di replicare quanto compiuto dal Perugia — sebbene su un totale di 38 incontri — nella stagione 1984-85.
Accumulato un grave ritardo dalla zona-salvezza, Como e Avellino sprofondarono in terza serie: a tener compagnia a lariani e irpini furono poi Pescara e Bari, quest’ultimo condannato dalla differenza-reti nello spareggio col Venezia. Mentre un confronto interdivisionale restituì alla Fiorentina la massima serie a scapito del Perugia, abruzzesi e pugliesi videro la retrocessione annullata dai guai finanziari occorsi a Napoli e Ancona (questa retrocessa dalla divisione superiore): nell’agosto 2004 partenopei e dorici conobbero infatti una simultanea bancarotta, determinando un duplice ripescaggio in vista del torneo seguente (cui presero parte 22 squadre in ragione della riforma operata nel settembre 2003).
Classifica finale: Palermo 83, Cagliari 83, Livorno 79, Messina 79, Atalanta 77, Fiorentina 73, Ternana 69, Piacenza 68, Catania 67, Triestina 64, Ascoli 60, Torino 59, Vicenza 56, Napoli 56, Treviso 55, Genoa 55, Salernitana 55, Albinoleffe 54, Verona 53, Venezia 51, Bari 50, Pescara 56, Avellino 37, Como 33
BARI: Battistini, Brioschi, De Rosa, Doudou, Ingrosso, Collauto, Bellavista, Pizzinat, Valdes, Spinesi, Lipatin (Spadavecchia, Mora, Von Schewlder, Cordova, La Fortezza, Enninaya,Motta) all. Pillon
Il Campionato mondiale di calcio FIFA 1962 o Coppa del Mondo Jules Rimet 1962 , noto anche come Cile 1962, fu la settima edizione del torneo per rappresentative nazionali maschili organizzato dalla FIFA con cadenza quadriennale. La manifestazione si svolse in Cile — nelle città di Arica, Rancagua, Santiago e Viña del Mar — dal 30 maggio al 17 giugno 1962.
Essendo l’ultimo campionato del mondo a non disporre dell’adeguata copertura satellitare, i filmati delle partite erano trasmessi in replica differita.
Fu confermata la formula del Mondiale svedese, con 4 gironi all’italiana composti da altrettante formazioni ciascuno. A dispetto dei pronostici la compagine ospitante si rivelò un’avversaria competitiva già dal debutto, in cui sconfisse per 3-1 la Svizzera. A conferire maggior fama al torneo fu però l’incontro con l’Italia, disputatosi nella capitale Santiago il 2 giugno 1962. L’ambiente fu surriscaldato da articoli che la stampa europea, in particolar modo italiana, aveva pubblicato prima del torneo denunciando la povertà e l’arretratezza del paese cileno sul piano economico e culturale; la reazione locale fu peraltro fomentata dalla radio, diretta e gestita da emigrati tedeschi. Oltre che dal punto di vista agonistico, la veemenza poi riversata in campo dai cileni era ascrivibile alla diffusa usanza dell’Italia di impiegare calciatori oriundi e naturalizzati.
L’acceso dissapore sfociò sul terreno di gioco, con i padroni di casa distintisi per un ricorso alla violenza pressoché duraturo: complice la discussa gestione di gara dell’arbitro inglese Aston — il quale allontanò gli azzurriFerrini e David — la squadra italiana perse 2-0 un incontro passato alla storia col soprannome di battaglia. Sull’eliminazione dell’Italia molto si è scritto e raccontato. Gianni Brera con la sua tradizionale acutezza analizzò così l’uscita di scena. “La squadra, sulla carta, era da finale: invece abbiamo sprecato rari talenti ignorandone altri, magari anche migliori, e nessuno se n’è doluto, fuori d’Italia, perché dovevamo pure imparare che togliere i giocatori agli altri Paesi (gli oriundi Altafini, Sivori, Maschio, Sormani, nda) non era elegante. Anche questo ha influito a nostro danno. Sommando errori e disinvolture, ce n’era abbastanza per farci tornare a nuoto”.
La situazione degli altri raggruppamenti fu invece lineare con le aspettative della vigilia: il primo turno venne superato dalle favorite Unione Sovietica, Ungheria, Brasile, Germania Ovest, Inghilterra, Cecoslovacchia e Jugoslavia. Non conobbe invece compimento il tentativo di rimonta degli azzurri, che pur battendo gli elvetici nell’ultimo incontro terminarono il loro girone alle spalle di cileni e tedeschi.
Nei quarti di finale il Cile regolò di misura i sovietici, allo stesso modo di quanto avvenne per i cechi con i magiari e per gli slavi con i teutonici: il Brasile travolse nettamente gli inglesi, completando il quadro delle semifinaliste. I verdeoro ebbero quindi ragione della Rojas con il punteggio di 4-2[, mentre la Cecoslovacchia inflisse un 3-1 alla Jugoslavia.
La finale di consolazione registrò una vittoria dei cileni, che colsero con il terzo posto il miglior risultato della propria storia nei Mondiali. I brasiliani — pur privi di Pelé, infortunatosi gravemente nella prima fase della competizione — vinsero per 3-1 contro i boemi, confermandosi sul trono mondiale dopo il successo in Svezia del 1958.
Per il calcio internazionale era un’epoca di transizione dove erano in campo ancora “vecchie glorie” che avevano illustrato edizioni precedenti (magari passando di maglia come Puskas trasferito dall’Ungheria alla Spagna per ragioni di ingaggio e di politica) e stavano affacciandosi alla ribalta giovani virgulti destinati a illuminare le edizioni successive.
In questa occasione presentiamo dunque tutte le rose dei “22” delle nazionali presenti.
CILE: c.t. Riera ( futuro allenatore del Benfica e designato commissario tecnico della selezione del Resto del Mondo per la partita contro l’Inghilterra giocata a Wembley per il centenario della FA nel 1963)
Toro in Italia con Sampdoria, Modena e Verona. Leonel Sanchez giocò un derby Milan – Inter in maglia rossonera ma poi non fu ingaggiato
COLOMBIA: c.t. Adolfo Pedernera, uno dei più grandi giocatori della storia del calcio fuggito dall’Argentina in Colombia per giocare in quella “Lega” miliardaria ma in quel momento “fuori legge”.
1 Springett 2 Armfield 3 Wilson 4 Robson 5 Swan 6 Flowers 7 Connelly 8 Greaves 9 Hitchens 10 Haynes 11 Bobby Charlton 12 Hodgkinson 13 Kevan 14 Anderson 15 Norman 16 Moore 17 Douglas 18 Hunt 19 Peacock 20 Easthan 21 Howe 22 Banks
Nella rosa ci sono già 4 titolari futuri campioni del mondo 1966 (Bobby Charlton, Huntm, Moore, Banks). In Italia: Greaves per un breve periodo al Milan e Hitchens (Torino, Inter, Atalanta)
ITALIA: C.T. Paolo Mazza, allenatore Giuanin Ferrari
SPAGNA:C.T. Helenio Herrera, in quel momento all’Inter avrebbe dovuto dirigere l’Italia ma rinunciò poche settimane prima dell’inizio del torneo passando alla Spagna dove aveva già diretto a lungo la Nazionale e allenato l’Atletico Madrid e il Barcellona
Accanto a Di Stefano che non riuscirà a scendere in campo a causa di un infortunio e Puskas che mostrerà il logoramento dell’età ci sono Del Sol (Juventus, Roma), Peirò (Torino, Inter, Roma) Suarez (Inter, Sampdoria)
SVIZZERA: C.T. Karl Rappan l’inventore del “verrou” fin dalla fine degli anni’30
In rosa l’ultimo epigono (Puskas è nella Spagna) dell’arancysipat (la squadra d’oro) che aveva dominato il mondo tra il 1950 e il 1954 perdendo poi la finale di Berna dalla Germania Ovest (2-3). Si tratta del portiere Gyula Grocsis
Seconda parte della storia della Serie B nel XXI secolo: classifiche e formazioni dal campionato 2005-2006 a quello 2009 – 2010. Cinque stagioni ad altissimo livello, non solo per la presenza della Juventus di Deschamps con Buffon, Del Piero, Nedved e Trezeguet, del Bologna (3 campionati in purgatorio), Genoa di Gasperini e Atalanta di Colantuono negli anni della promozione in Serie A, ma anche per i record di partecipazioni di Brescia (5), Albinoleffe (5), Mantova (5), Cesena (4), Bari (4) e Frosinone (4). Un passaggio nella cadetteria anche per Gallipoli, Catanzaro, Chievo e Cremonese, due per Cittadella, Arezzo e Anconitana. Tra i pali del Mantova troviamo un giovane Handanovic, nel Chievo Marcolini e Pellissier, nel Genoa Juric ora tecnico del Torino, in panchina a Grosseto e poi a Modena c’è addirittura Pioli quest’anno in corsa per lo scudetto alla guida del Milan. Dulcis in fundo: per due stagioni il Bari è affidato ad Antonio Conte, destinato agli scudetti con la Juventus.
(06-07 22° posto) Polito, Demartis, Delli Carri, Gonnella, Mora, La Vista, Luci, Papini, Antonelli, Russo, Martini (Tardioli, Zoppetti, Carozza, Felci, Gautieri, Rigoni, Paponetti) all. Vivarini poi De Rosa
Proseguiamo nel ricostruire la storia della Serie B addentrandoci nelle vicende del nuovo secolo
In questa prima parte si troveranno le formazioni e le posizioni in classifica di tutte le squadre partecipanti al campionato, dalla stagione 2000-2001 alla stagione 2004-2005. Un’osservazione è d’obbligo: leggendo le formazioni si evidenzia la differenza con gli anni ’60, non c’è quasi nessuno passato per il Savona. Un brutto segnale sullo stato di salute del calcio biancoblu.
L’edizione 2003-2004 del Palermo a guida Sonetti capace di vincere la Serie B collezionando la bellezza di 83 punti
(2004-2005 undicesimo posto 55 punti): Acerbis, Teani, Sonzogni, Minelli, Regonesi, Gori, Del Prato, Carobbio, Testini, Bonazzi, Possanzini (Coser, Di Cesare, Gorzegno, Perico, Poloni, Diamanti, Joelson) all. Gustinetti
Ancona (2000-2001 decimo posto 51 punti): Storari, Guastalvino, Doudou, Peccarisi, Bono, Agostini, Albino, Russo, Staffolani, Eddi Baggio, De Palma (Cerioni, Tafani, Castiglione, Kalambay, Strappini, Castaldo, Massimiliano Vieri) all. Brini
(2001-2002 settimo posto 50 punti):Storari, Bolic, Giacobbo, Bettini, De Palma, Agostini, Montervino, Albino, Russo, Parente, Massimiliano Vieri (Cerioni, Mundula, Nocera, Bono, Castiglione, Cosa, Costantino) all. Brini
(2002-2003 quarto posto 61 punti); Scarpi, Daino, Bolic, Maltagliati, Russo, Magoni, Perovic, Maini, Schenardi, Ganz, Graffiedi (Gori, Di Cara, Lombardi, Tarana, Buda, Degano, Robbiati) all. Simoni
Arezzo (2004-2005 tredicesimo posto 51 punti): Pagotto (un talento, nazionale under 21, incappato in una doppia squalifica per doping che gli ha stroncato la carriera; nuova vita come pizzaiolo e magazziniere fino a reinventarsi come preparatore dei portieri), Ogliari, Venturelli, Lorenzi, Lavecchia, Amerini, Passiglia, Pasqual, De Zerbi, Spinesi, Abbruscato (Ramon, Bacis, Scotti, Gentile, Teodorani, Del Core, Sinigaglia) all. Marino
Ascoli (2002-2003 dodicesimo posto 48 punti): Cejas, Montalbano, Tangorra, Savini, Aronica, Lavecchia, Montesanto, Fontana, De Venanzio, Bonfiglio, Parks (Maurantonio, Barzagli, Bonetto, Caracciolo, Cingolani, La Vista, Bruno) all.Pillon
(2003-2004 undicesimo posto 60 punti): Micillo, Zoppetti, Brevi, Ferri, Savini, Vicari, Cristiano, Fontana, De Venanzio, Sosa, Pià (Coppola, De Martis, Martinelli, Antonelli, La Vista, Bonfiglio, Mastronunzio) all. Dominissimi
(2004-2005 sesto posto 62 punti) : Coppola, De Martis, Cudini, Brevi, Modesto, Fini, Monticciolo, Antonelli, Bucchi, Colacone, Cristiano (Maurantonio, Lauro, Martinelli, Biso, Cordova, Costanzo, Motta) all. Giampaolo
Atalanta (2003-2004 quinto posto 77 punti): Taibi, Innocenti, Gonnella, Lorenzi, Smit, Zenoni, Bernardini, Marcolini, Gautieri, Budan, Pinardi (Calderoni, Rustico, Sarr, Mingazzini, Montolivo, Pagano, Pazzini) all. Mandorlini
(2003-2004 quattordicesimo posto 56 punti escluso dal campionato di Serie B per fallimento) : Manitta, Sogliano, Bonomi, Portanova, Tosto, Olive, Vidigal, Marcolin, Bernini, Zanini, Savoldi (Brivio, Zamboni, Montervino, Montesanto, Montezine, Pasino, Sesa) all. Agostinelli
Palermo (2001-2002 decimo posto 48 punti): Aprile, Ferri, Marco Aurelio, Chionna, Guerra, Frezza, Valoti, Di Donato, Longo, Brienza, Guidoni ( Fontana, Accardi, Giampietro, Montalbano, Amerini, Vassallo, Furiani) all. Mutti
(2002-2003 sesto posto 58 punti): Sicignano, Mutarelli, Pivotto, Brevi, Accardi, Asta, Morrone, Di Donato, Santana, Zauli, La Grotteria ( Santoni, Ferri, Modesto, Nastase, Pestrin, Di Napoli, Maniero) all.Sonetti
(2003-2004 primo posto 83 punti): Berti, Conteh, Atzori, Terlizzi, Modesto, Corini, Mutarelli, Vasari, Brienza, Vannucchi, Toni (Santoni, Masiello, Nastase, Di Donato, Pepe, Soligo, Gasbarroni) all. Sonetti
Perugia (2004-2005 terzo posto 74 punti): Squizzi, Coly, Stendardo, Di Loreto, Lampoutis, Alioui, Gorgone, Del Vecchio, Mascara, Floro Flores, Ferreira Pinto ( Faraon, Milanese, Di Francesco, Mingozzi, Negri, Ravanelli, Sedivec) all. Colantuono
Pescara (2000-2001 ventesimo posto 22 punti): Bordoni, Galeoto, Gregori, Sadotti, Da Rold, D’Aversa, Melosi, Sullo, Tisci, Vukoja, Giampaolo (Cecere, Cannarsa, Sbrizzo, Zanutta, Rachini, Zanini, Palumbo) all. Rossi
Venezia (2000-2001 quarto posto 69 punti): Brivio, Foglio, Bilica, Conteh, Bettarini, Sotgia, Marasco, Rukavina, De Franceschi, Bazzani, Di Napoli ( Bandieri, Bianchi, Luppi, Miceli, Pedone, Valtolina, Bertani) all. Prandelli
(2002-2003 tredicesimo posto 48 punti): Soviero, Orfei, Brncic, Maldonado, Soligo, Firmani, Anderson, Manetti, Guerra, Marcon, Poggi (Frezzolini, Calori, Cinetto, Amerini, Mancini, Paulo Costa, Fantini) all. Bellotto
Spicca nell’albo d’oro della Coppa Italia la prima edizione svoltasi in conclusione della stagione sportiva 1921 – 22.
Si tratta della stagione della scissione tra CCI e FIGC: le “grandi” disputano un campionato a parte dopo che era stato bocciato, nella turbinosa estate del 1921, il progetto redatto da Vittorio Pozzo per un girone unico di Serie A.
Le “provinciali” e le piccole squadre di città, invece, intendevano procedere con un torneo su più gironi regionali e rimasero con la FIGC.
Il campionato della CCI fu appannaggio della Pro Vercelli, in quello della FIGC risultò vittoriosa la Novese capace di sconfiggere in finale, sul campo neutro di Cremona, i “lupi” della Sampierdarenese.
Nell’estate successiva, auspice l’avv. Bozino presidente della Pro Vercelli, si stipulò la cosiddetta “pace di Brusnengo” e si trovò l’accordo per un campionato di Lega Nord della Divisione Nazionale articolato su 3 gironi (vi parteciparono per la prima e unica volta) due squadre savonesi: Il Savona FBC rappresentativo della borghesia e dei “cicciolae” del centro e lo Speranza di estrazione proletaria e composto dai ragazzi del Molo, delle Fornaci e di Zinola.
In conclusione di stagione dunque la FIGC organizzò la prima edizione della Coppa Italia ( si ritentò poi senza riuscirci con la stagione 26 -27, torneo interrotto fino al 35 -36 allorquando la Coppa riuscì ad assumere un andamento regolare e proseguire almeno fino alla seconda guerra mondiale. Ancora interrotta per ragioni organizzative la ripresa definitiva si verificò nel 1958).
Quella del 1922 fu un’edizione particolare che di seguito abbiamo provato a ricostruire nel dettaglio
Il regolamento della prima Coppa Italia era piuttosto confusionario a cominciare dal numero di squadre ammesse (37), che non permise un facile accoppiamento per gli incontri da disputare. Per risolvere tale problema si dovette procedere a sorteggi con passaggi diretti e ripescaggi nei confronti di alcune squadre.
Con il successo finale dell’outsider Vado iscritto al campionato di Promozione,] i liguri divennero i primi sia a vincere la maggiore coppa nazionale nonché a conquistarla pur non militando in massima divisione; quest’ultimo, un record in seguito eguagliato dal solo Napoli nell’edizione del 1961-1962.
Squadre partecipanti
Di seguito l’elenco delle squadre partecipanti.
Primo turno
Dopo un sorteggio si stabilì che Libertas Firenze, Pro Livorno e Treviso avrebbero passato automaticamente il turno. Le restanti squadre disputarono il primo turno il 2 aprile 1922.
Vado – Fiorente Genova 4-3 dopo i tempi supplementari
Vado: Babboni I, Babboni III, Masio, Negro, Romano, Cabiati, Roletti, Babboni II, Marchese, Esposto, Levratto
L’Edera Trieste venne ripescata nel terzo turno della coppa, aggiungendosi così alle 11 squadre superstiti. Le partite si disputarono il 23 aprile 1922.
P.G.F. Libertas, Novese, Pro Livorno e Speranza Savona passano il turno per sorteggio.
VADO – JUVENTUS ITALIA di Milano 2-0
Vado: Babboni I, Babboni III, Masio, Negro, Romano, Cabiati, Roletti, Babboni II; Marchese, Esposto, Levratto
I quarti di finale si disputarono il 18 giugno 1922.
PRO LIVORNO – VADO 0-1
Pro Livorno: Jacoponi I, Vicnenzi, Aimi, Bandini, Nigiotti, Viale, Paolini, Magnozzi (futura mezz’ala del Milan e della Nazionale, con la quale, assieme a Felice Levratto, conquistò la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928), Scotti, Jacoponi II, Scazzola.
VADO: Babboni I, Babboni III, Masio, Negro, Roletti, Cabiati, Roletti, Babboni II, Marchese, Esposto, Levratto
Arbitro Alberti di Bologna
Rete: 75’ Marchese
Al 44’ del primo tempo Babboni I para un rigore di Jacoponi II
Semifinali
Le semifinali si disputarono il 25 giugno 1922. A causa di un errore tecnico sulla battuta di un calcio di rigore la semifinale Udinese-Lucchese si giocò due volte (la prima volta terminò 4-3 dopo tempi supplementari).
VADO – LIBERTAS FIRENZE 1-0
VADO: Babboni I, Masio, Raimondi, Negro, Romano, Cabiati, Roletti, Babboni II, Marchese, Esposto, Levratto
LIBERTAS FIRENZE: Galli, Moretti, Sala, Taddei, Ugoni, Pastacaldi, Antonini, Gozzini, Chiaramonti, Roggero, Del Croix
Arbitro Pinasco di Savona
Rete : al 1’ del 2° tempo supplementare Roletti
La finale fu disputata a Vado Ligure (campo di Leo) il 16 luglio 1922.
Vado – Udinese 1-0 dopo i tempi supplementari
rete: Levratto (in quell’occasione u sciu Felixe avviò il suo mito di sfondatore di reti e fu notato da Vittorio Pozzo che poi lo avrebbe portato alle Olimpiadi di Parigi del 1924 quando ancora militava nel Vado, unico giocatore di categoria inferiore)
Vado: Babboni I, Raimondi, Masio, Negro (futuro presidente della Cairese), Romano, Cabiati, Roletti, Babboni II, Marchese, Esposto, Levratto