di FRANCO ASTENGO
La storia del calcio ligure è anche, almeno per la fase pionieristica, buona parte della storia del calcio italiano.
Per anzianità di costituzione e per la qualità delle affermazioni ottenute fin dall’inizio, il Genoa può a buon diritto considerarsi l’antesignano del football in Italia, il vessillifero di questo gioco che incominciò in sordina, ma andò via, via sempre più affermandosi fino a diventare lo sport nazionale per eccellenza e a muovere masse sempre più imponenti di praticanti, di appassionati, di spettatori (almeno fino alla degenerazione imposta dalla esasperata commercializzazione, essenzialmente televisiva dell’ultimo decennio: ma affronteremo in seguito questo difficile discorso).
Se la storia della fondazione del Genoa può essere considerata sufficientemente nota per via delle molte pubblicazioni apparse sull’argomento nel corso degli anni, meno noto (come ci è capitato di ricordare anche nel nostro “Savona, la città nella storia del calcio”) è il fatto che il primo successo ottenuto da una rappresentativa italiana su di una compagine inglese, abbia avuto come scenario un campo da gioco ligure, più precisamente savonese che, attraverso ricerche (alcuni testi parlano, infatti di “entroterra di Vado Ligure) abbiamo identificato nella piazza d’Armi che si situava laddove adesso sorge Corso Ricci, e ancor meglio, il colosso dell’Ipercoop: piazza d’Armi che confinava con la grande vetreria Viglienzoni, una delle industrie più importanti nel settore addirittura a livello nazionale.
Correva la primavera del 1893, e la compagine torinese allestita dal commerciante Bosio (il co-fondatore del calcio italiano assieme agli inglesi trapiantati a Genova, ed in particolare, a si James Spensley il portiere del primo scudetto rossoblu e importatore, dalle nostre parti, anche dei boy-scout di Sir Baden Powell) si impose con il punteggio di 2-1 ad una rappresentativa di marinai inglesi, imbarcati su navi alla fonda nei porti di Genova e Savona
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Eccolo qui. Sir James Spensley, medico inglese, fondatore del Genoa Cricket and Foot Ball Club e del primo gruppo di scout nel capoluogo Ligure. Un pioniere e un precursore. Cadrà sul fronte francese durante la prima guerra mondiale.
Conosciamo anche la formazione dei “torinesi” (comprendente anche molti stranieri che avevano già praticato il giuoco nei loro paesi d’origine).
Ecco di seguito i nomi degli 11 super-pionieri: Beaton, Kilpin (colui che, successivamente, trasferitosi a Milano avrebbe fondato il Milan), Dobbie, Lubatti, Schoenbroed, Pecco, Beltrame, Weber, Bosio, Savage, Nasi ( il conte Nasi che poi sarebbe diventato il cognato di un certo Giovanni Agnelli, nonno dell’avvocato e fondatore della FIAT).
Si trattò del primo segnale di presenza del football in Liguria, fuori da Genova, ed è su questa presenza, sviluppatasi in Riviera, nell’entroterra, nelle delegazioni della Città capoluogo che abbiamo voluto dedicare questo modesto lavoro di ricerca.
L’ambizione è stata quella di ricostruire una parte delle vicende del nostro calcio regionale, andando oltre le già ben conosciute “storie” di Genoa e Sampdoria.
Abbiamo cercato di rintracciare gli itinerari sportivi di quelle società che hanno rappresentato la Liguria, al di fuori dei confini regionali oltre, appunto, al Genoa, alla Sampdoria e alle varie progenitrici di quest’ultima: Andrea Doria, Sampierdarenese, Liguria, Dominante.
Nei tempi pionieristici i nostri riferimenti sono stati così rappresentati dai campionati di Divisione Nazionale, I e II Divisione, successivamente abbiamo esaminato la partecipazione delle squadre liguri ai tornei di Serie B,C (Serie C adesso mostruosamente suddivisa in Lega Pro di I e II Divisione), Interregionale ( nelle sue varie denominazioni di Promozione, IV Serie, Serie D, Campionato Nazionale Dilettanti e ancora Serie D).
Il punto di partenza può essere identificato nella stagione 1913-14.
Fu, infatti, in quella occasione che nel girone “A” del campionato di “Divisione Nazionale” si schierarono due squadre liguri, oltre al Genoa e all’Andrea Doria che, a quel momento si potevano già considerare come delle “veterane”.
Le neofite corrispondevano, invece, a Savona e Liguria (quest’ultima società, dai colori biancoverdi, non deve essere confusa con quella della stessa denominazione, che alla fine degli anni’30 e all’inizio degli anni’40 rappresentò uno dei tanti passaggi della storia che portò alla formazione della Sampdoria).
Occorre ricordare che, in quel tempo, non esisteva un automatico meccanismo di promozioni e retrocessioni tra la “Prima” e la “Seconda” Divisione Nazionale.
La federazione, infatti, sceglieva le squadre da ammettere alla massima serie attraverso dei “test-match” (al Savona capitò di superare il Como, 3-1, in una gara disputata a Torino) fra le compagini candidate, con una valutazione riguardante anche le garanzie di serietà organizzativa.
Savona e Liguria si trovarono così incluse in un girone di ferro, nel quale si allineavano Casale (vincitore del titolo di campione d’Italia proprio in quella stagione), Genoa e Pro Vercelli.
Pur profondendo tesori di impegno biancoblu savonesi e biancoverdi liguriani non riuscirono così ad oltrepassare le ultime due piazze della graduatoria (9° e 10°posto).
Il Savona era imperniato sui futuri nazionali Ghigliano e Roggero, sul centromediano italo-argentino Tornero e sull’attaccante svizzero Hermann Hurny; del Liguria si possono ricordare il portiere Gnecco e le due ali Cotelli (poi passato al Genoa) e Tixi.
La stagione successiva (14-15) registrò un netto miglioramento da parte del Savona (4° posto alle spalle di Genoa, Alessandria, Andrea Doria) mentre il Liguria non riuscì di nuovo a lasciare ad altri il fanalino di coda.
Passati i tragici eventi della “grande guerra” (nel corso della quale si organizzò una “Coppa Federale” vinta del Milan, cui partecipò anche il Savona) la pratica del gioco del calcio riprese, allargandosi impetuosamente in tutti i settori sociali.
Il Campionato di “Divisione Nazionale” 1919-20 registrò addirittura la formazione di un girone composto unicamente da squadre liguri: a Genoa, Andrea Doria e Savona, già collaudate si aggiunsero infatti i “Giovani Calciatori Grifone”, la Sampierdarenese e la Spes, nelle cui fila brillarono due giovani speranze del calibro del portiere De Prà e del jolly Moruzzi, future colonne del Genoa pluriscudettato tra il 1922 e il 1924.
Con la Spes provò anche a cimentarsi con il football il futuro arcivescovo e cardinale Giuseppe Siri.
Il girone ligure 1919-20, ad ogni buon conto, fu vinto dal Genoa che poi finì terzo nelle finali nazionali, vinte dall’Inter.
Ancora un girone unico ligure nel 1920-21, con l’esordio di tre società dal grande futuro: Spezia, Sestrese, Rivarolese.
Gli aquilotti spezzini esordirono con una sconfitta per 1-0 sul campo di via Frugoni a Savona; i verdi sestresi fermarono sul pari (1-1) il grande Genoa; gli avvoltoi rivarolesi subirono un secco 1-3 dall’Andrea Doria.
Dopo la pausa forzata dovuta alla Grande Guerra, riprende l’attività agonistica.
Qui una delle prime formazioni biancoblù sul campo di via Frugoni, si riconoscono: De Nardi (primo da sinistra), Roggero (terzo da sinistra, in canottiera), Perlo (quarto da sinistra), Giustacchini (nono da sinistra), Falco (tredicesimo da sinistra).
L’annata 1921-22 registrò uno degli avvenimenti più importanti di tutta la storia degli albori del calcio italiano: la scissione tra Confederazione Calcistica Italiana (CCI) e la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC).
Alla CCI aderirono le squadre più forti che tendevano ad una maggiore selezione e puntavano già verso un girone unico di Serie A (una idea presentata, in un suo progetto, dal futuro commissario tecnico della nazionale Vittorio Pozzo: c’è da ricordare che era già cominciato il “calcio mercato”. Dopo l’episodio del passaggio, per 12.000 lire, dei doriani Sardi e Santamaria al Genoa, aveva fatto scalpore la cessione di Rosetta dalla Pro Vercelli alla Juventus. Agnelli, in questo caso, aveva sborsato ben 50.000 lire, una cifra astronomica per l’epoca).
Le liguri si divisero in questo modo: nella CCI militarono l’Andrea Doria (5a nel girone A), il Genoa (1° nel girone B), il Savona (9° nel girone B) e lo Spezia (12° nel girone A: da ricordare che il campionato della Lega Nord della CCI era composto da soli due gironi).
Nella FIGC si formò, invece, un girone unico ligure, nel quale a fianco delle già citate Sampierdarenese, Sestrese, Rivarolese, Spes, Giovani Calciatori esordì brillantemente lo Speranza Savona, la squadra che rappresentava i quartieri popolari della città dal Molo alle Fornaci, da Legino a Zinola, piazzatasi al secondo posto alle spalle dei “lupi” sampierdarenesi , poi sconfitti nella finale per il titolo dalla Novese di Toselli, Cevenini III, Santamaria (2-1 dopo i tempi supplementari, in quel di Cremona).
Da notare, ancora, che tra le squadre aderenti alla FIGC si disputò anche la prima edizione della “Coppa Italia” (subito interrotta nella stagione successiva, poi ripresa nell’annata 27-28 senza poter essere conclusa e ripristinata definitivamente con la stagione 35-36) vinta dal Vado in finale sull’Udinese (1-0 sul terreno vadese del “Campo di Leo”) con una rete del futuro nazionale Felice Levratto, in quel momento appena diciottenne.
Auspica l’avv.Bozino, presidente della Pro Vercelli, si riuscì a trovare un punto d’intesa ed il movimento calcistico si riunificò nuovamente sotto l’insegna della FIGC.
Per il campionato 1922-23 si formarono così tre gironi della Lega Nord di Prima Divisione Nazionale (una buona scrematura rispetto ai 16 su cui si era basato il campionato 20-21).
Le liguri ammesse si comportarono a questo modo: Genoa (1° nel girone B e successivamente vincitore del suo ottavo scudetto, senza subire alcuna sconfitta), Sampierdarenese (3a nel girone A), Speranza Savona (12a nel girone A: soltanto 5 punti in classifica. Una impresa troppo ardua nonostante il grande impegno dei vari “Cain”Salemme, acrobatico portiere, Ceppone, Poggi, Marchioni), Spezia (9a nel girone A), Rivarolese (10a nel girone A), Andrea Doria (6a nel girone C), Savona(11a nel girone C, a causa di una pesante penalizzazione dovuta al tesseramento irregolare del giocatore Colombo).
Nessuna squadre savonese, in seguito, avrebbe toccato i vertici del calcio italiano: si chiudeva così una storia importante ed è l’occasione per chiudere anche questa nostra prima rievocazione.